Dove la natura incontra l’architettura e l’arte

  • Postato il 19 settembre 2025
  • Di Focus.it
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«Questa non è una semplice collezione di opere d'arte all'aperto, o un parco sculture come ce ne sono altri in Italia. Qui per conoscere le opere devi fare un'esperienza nel bosco, devi camminare, devi entrare nel paesaggio». Esordisce così Paolo D'Angelo, docente di estetica all'Università di Roma Tre, quando gli chiediamo di definire il luogo in cui ci troviamo, un centro di nome OCA - Oasy Contemporary Art and Architecture, che ha aperto le porte al pubblico pochi mesi fa nei pressi di Piteglio, tra Pistoia e l'Abetone. Il percorso espositivo si trova in cima a una montagna di mille metri e il tema principale a cui si ispira è il rapporto tra uomo e natura. Nella giornata della nostra visita, l'ospite d'onore è Michele De Lucchi, architetto e designer noto al grande pubblico per aver ideato oggetti come la lampada Tolomeo prodotta da Artemide, una delle più vendute al mondo.. Il cemento? Dura poco. De Lucchi progetta anche edifici ed è un convinto sostenitore dell'uso del legno. «È un materiale straordinario: più ne consumiamo, più alberi ripiantiamo; più alberi ripiantiamo, più CO2 assorbiamo», dice. «Il legno si rinnova in continuazione. Ha straordinarie proprietà meccaniche, acustiche, antisismiche e di isolamento termico. Perfino in caso di incendio, un edificio in legno ben progettato ha un punto di collasso molto più elevato di uno in lamiera di ferro». Si potrebbe pensare che non sia durevole. In realtà, lo è più del cemento. «Il cemento che usiamo oggi (a differenza di quello dei Romani) dura pochissimo: al massimo 100-150 anni, poi si sgretola e ne resta una polvere inerte che non può più essere riutilizzata», enfatizza De Lucchi. Da qualche decennio, però, tutta l'edilizia è basata su questo materiale. «Non possiamo farne a meno», ammette De Lucchi. «Ma il cemento è anche uno dei materiali che richiede, più acqua, più energia, e quindi più emissioni di CO2». Come facciamo a venirne fuori?. cucire il legno. Una risposta semplice non c'è. Anche perché nelle città la densità abitativa è elevata e – ammette De Lucchi – il legno non è adatto a realizzare palazzi e condomini. Invece va benissimo per piccoli edifici e può essere un ottimo punto di partenza per cercare soluzioni innovative. «Oggi si progetta in base a materiali sintetici, come le colle», osserva. «Così però si perde l'opportunità di sviluppare nuove idee, facendo anche interagire i materiali. Il legno, per esempio, spesso conviene legarlo o cucirlo. Gli esquimesi, che non hanno il ferro, cuciono il legno con la fibra della pelle delle foche, e così ottengono risultati eccellenti, perché le giunzioni che realizzano sono mobili e reagiscono molto meglio ai colpi. Con questa tecnica "sartoriale" non devi realizzare due parti perfettamente combacianti per incollarle: puoi metterle insieme anche se non coincidono. Così si libera una serie di potenzialità costruttive straordinaria».. come il pantheon. Sarà per questo che l'opera di De Lucchi a OCA è costituita da una base in pietra, su cui poggia una struttura in legno con un buco al centro che si ispira all'oculus del Pantheon. La pietra è pietra serena che proviene da Fiorenzuola, non lontano da qui. La stessa pietra con cui sono costruite tradizionalmente le cornici delle porte e delle finestre di Firenze. Il legno, invece, è un cedro del Libano. Si entra in questo tempio moderno per ascoltare una poesia di Mariangela Gualtieri, un inno a ritrovare un'alleanza con la terra che ci ha generati. Le parole di Gualtieri, in realtà, sono il fulcro attorno a cui è nata l'opera. «La vera architettura di questo luogo è il racconto», spiega Emanuele Montibeller, il curatore del progetto.. cervi e lucciole. A frequentare l'installazione sono anche gli abitanti del bosco, a cominciare dai cervi. «Una sera di giugno mi sono trovato in mezzo alle lucciole», racconta Montibeller. «Arrivavano dalla foresta e si spostavano, alcune uscivano dal foro nel centro». De Lucchi spiega che la particolarità dell'oculus, qui come nel Pantheon di Roma, è quella di convogliare l'aria – più calda all'interno della struttura – verso l'alto. E in questo vede una potenzialità enorme per l'architettura, per studiare sistemi come le torri del vento usate nell'antica Persia per climatizzare gli ambienti in modo naturale e senza dispendio di energia. «Oggi non usiamo questi principi», dice De Lucchi. «Anche la geoingegneria ha un potenziale straordinario». . Il punto zero. Montibeller enfatizza che quello in cui ci troviamo è stato il punto di partenza del suo progetto. «La prima volta che sono arrivato qui non c'era niente», racconta. «Mi sono detto: questo è il punto zero. Cioè il punto intorno al quale costruire un percorso espositivo di arte e di architettura». Poi viene il resto. La seconda opera che visitiamo è un'installazione di Kengo Kuma composta da tre vortici in acciaio cor-ten e fibra di carbonio che si sviluppano tra alberi di castagno. La successiva è "Fratelli Tutti" di Matteo Thun, un cerchio di pietre che ricorda Stonehenge ma è costruito con massi presi a pochi metri di distanza, proprio per ridurre l'impatto ambientale, e prende nome da un'enciclica di papa Francesco. Infine visitiamo le opere di Quayola e Alejandro Aravena (vedi foto).. Nel bosco. Il percorso si sviluppa in modo naturale ma secondo una logica precisa, e le installazioni sono pensate in relazione ai luoghi e alla sequenza in cui sono visitati. Perché l'intera l'esperienza è studiata: si cammina nel bosco in piccoli gruppi, accompagnati dalle guide. Le opere non hanno didascalie, ogni gruppo le scopre e le vive in modo diverso. «Qui siamo noi ad adattarci al luogo, non il luogo a noi», enfatizza Montibeller. Soltanto per arrivarci, bisogna lasciare l'automobile in un parcheggio ai piedi della montagna e attraversare il bosco con una camminata di mezz'ora. Il percorso espositivo si trova infatti all'interno di Oasi Dynamo, un'area di oltre mille ettari che è anche riserva naturale affiliata WWF e ospita progetti di ricerca, attività didattiche, campi estivi e iniziative come Dynamo Camp, che offre gratuitamente terapie ricreative per bambini con patologie gravi o croniche. In cima, nei pressi del percorso espositivo, c'è un hotel diffuso (Oasyhotel) e un laghetto con una piscina.. Un esempio da seguire. Per quanto ispirata a valori positivi, un'esperienza di questo tipo è però necessariamente elitaria. Come può, allora, contribuire a risolvere i problemi di un mondo popolato da oltre 8 miliardi di persone? «Ci sono due aspetti importanti da considerare», risponde il paesaggista Paolo D'Angelo. «Uno è quello del recupero e della valorizzazione delle aree appenniniche, che è un problema molto acuto in Italia; da questo punto di vista, certamente un'esperienza come questa è un modello che può essere seguito. Poi c'è l'altro aspetto importante, che è quello di un rapporto sostenibile con la natura. Questo è percepibile in ogni angolo, in ogni punto dell'Oasi. Certamente non può diventare un'esperienza di massa, ma può essere un esempio di come si può pensare un rapporto onesto e vivibile con l'ambiente anche in situazioni più allargate»..
Autore
Focus.it

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