È morto papa Francesco

  • Postato il 21 aprile 2025
  • Di Focus.it
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Papa Francesco è morto alle 7:35 del 21 aprile 2025. Ecco un ricordo del pontefice, come ce lo hanno raccontato amici e parenti nell'articolo "Nel nome di Jorge" di Paolo Manzo, tratto dagli archivi di Focus Storia. Ripercorrendo le sue origini piemontesi, l'infanzia, la giovinezza e l'episcopato, vi proponiamo un ritratto intimo di Francesco, fatto di dettagli anche buffi, per conoscere meglio un papa considerato molto vicino ai suoi fedeli.. La storia con i se... Se Amalia Damonte, figlia di immigrati italiani, gli avesse detto sì, forse oggi il mondo non avrebbe il primo papa che arriva "dalla fine del mondo". Già, perché Jorge Mario Bergoglio, quando era solo un dodicenne che amava il calcio, aveva un'altra priorità nella vita: si era follemente innamorato di una vicina di casa. Solo che non sapeva come dirglielo, e allora, presa carta, penna e colori, le scrisse una lettera accorata accompagnata da un bel disegno in cui compariva una villetta bianca dai tetti rossi. «Questa casa è quella che ti comprerò quando ci sposeremo», promise il futuro papa.. Il primo amore... Oggi Amalia continua a vivere a Buenos Aires e ricorda bene quel suo amico di giochi d'infanzia, il suo primo "amorino". «Era un bravo ragazzo», ci dice. «Conservo ancora oggi quella lettera in cui Jorge dichiarò il suo amore per me. Mi chiedeva di sposarlo aggiungendo che, se gli avessi detto di no, si sarebbe fatto prete». Insomma, lui al sacerdozio pensava già, ma solo come seconda opzione. Mentre lei, di suo, avrebbe anche accettato quella che era «certamente una proposta da ragazzini». Solo che sua madre, racconta quasi giustificandosi, «quando scoprì la lettera mi diede un sacco di botte e io dissi a Jorge Mario di non scrivermi più e di non vederci altre volte perché temevo ulteriori "grane" in famiglia». Insomma, se non fosse stato per la madre di Amalia (oggi felicemente moglie, mamma e nonna), forse la storia della Chiesa sarebbe un'altra.. Il giovane Bergoglio. Era la fine del 1948 quando il futuro papa scrisse la sua lettera d'amore. All'epoca viveva in calle Membrillar, nel cuore di Flores, un quartiere di immigrati a Buenos Aires. «Qui Perón governava da un paio d'anni mentre da voi, in Italia, si era appena votato con il suffragio universale per la prima volta dopo il fascismo e la Seconda guerra mondiale», ci spiega Carlos Custer (1939), sindacalista e ambasciatore, tra il 2003 e il 2008, della Repubblica argentina presso la Santa Sede.. Da sempre umile. Anche lui di Bergoglio ha un ricordo indelebile: «Era un sabato mattina dell'estate del 2011, quando ricevo una telefonata nella mia casa di Quilmes», racconta Custer. «Era il parroco della Chiesa della Nuestra Señora de Luján che, trafelato, mi disse: "Vieni Carlos, presto, che è arrivato il cardinal Bergoglio a celebrare il matrimonio di una coppia di amici"». Il diplomatico naturalmente ci andò, parlò a lungo con Jorge Mario e, conclusa la cerimonia nuziale, a cena appena iniziata (in Argentina ci si sposa nel tardo pomeriggio e le libagioni proseguono sino all'alba) «Bergoglio salutò tutti e, in silenzio, si allontanò a piedi. Da solo. Erano le 23:30», ricorda Custer, che all'epoca trasalì.. Autista? No, grazie. «Certo, ero molto preoccupato e, conoscendo il soggetto, gli corsi dietro appoggiandogli un braccio sulla spalla per fermarlo e gli chiesi dove fosse la sua auto, con relativo autista». «No, sono venuto in treno», gli rispose serafico Bergoglio. «Ambasciatore, se vuole proprio farmi un favore, mi accompagni in stazione, ma di portarmi sino a Buenos Aires non se ne parla neanche. Sono venuto in treno e in treno torno». L'ex ambasciatore sbarrò gli occhi: Quilmes non è propriamente un paradiso, soprattutto la notte nella zona industriale vicina alla stazione. E ancor più per un cardinale che all'epoca aveva già 73 anni. Alla fine, grazie anche alle sue doti di sindacalista cattolico, Custer riuscì a convincere l'allora arcivescovo di Buenos Aires e primate d'Argentina. «Ma che fatica imporgli il lusso di un'auto!», ricorda oggi, sorridendo.. Papa Francesco è morto alle 7:35 del 21 aprile 2025. Aveva 88 anni. Nato Jorge Mario Bergoglio, dal 13 marzo del 2013 era diventato Francesco. Ecco tutti i contenuti su Francesco su Focus.it. Scopri 20 cose da sapere sul nuovo Papa Francesco (articolo del 2013). Pallone e grembiule. Al numero 531 di Calle Membrillar, dove Jorge Mario Bergoglio è nato il 17 dicembre del 1936, quel ragazzino se lo ricordano ancora in tanti. I suoi amici d'infanzia lo chiamavano "el flaco", il magro, per la sua figura snella. «Andava a scuola vestito in modo formale, si applicava molto negli studi», testimonia Ernesto Mario Lach, un suo ex compagno di scuola, «anche se, non appena ci si organizzava per giocare a calcio, si toglieva il grembiule e cominciava a correre dietro al pallone». Certo, a detta di Hugo Morelli, altro amico d'infanzia del futuro papa, «non giocava per niente bene a calcio, aveva come si suole dire "i piedi a banana". Ma importava poco perché nemmeno a pallacanestro io e lui eravamo bravi, eppure ci divertivamo molto anche con il basket».. Tifoso appassionato. Di certo nessuno dei suoi compagni all'epoca avrebbe scommesso che si sarebbe fatto prete, figurarsi arrivare al soglio di Pietro. Jorge, raccontano i vicini del quartiere di Flores, amava «commentare i combattimenti di pugilato» e «tifava San Lorenzo de Almagro grazie al padre che, spesso, lo portava allo stadio». «Insieme a suo padre Mario e ai fratelli Alberto e Oscar», spiega Marcelo Larraquy, autore del libro Recen Por Él ("Pregate per lui"). «Jorge Mario andava a vedere le partite della sua squadra del cuore nello stadio del Vecchio gasometro e il suo idolo era René Pontoni, il goleador del San Lorenzo campione d'Argentina nel 1946». La leggenda familiare racconta che, poi, «per un panino, suo fratello Oscar si convertì al River Plate, convincendo anche le due sorelle Bergoglio a cambiare squadra, ma Jorge e Alberto, "incorruttibili", continuarono a tifare San Lorenzo senza se e senza ma».. Miracolati. La nascita di Jorge Mario a Buenos Aires si deve soprattutto alla ferrea volontà di suo nonno Giovanni di emigrare in Argentina ma, in parte, anche alla fortuna dal momento che «a causa di questioni burocratiche per la vendita di alcuni beni, i miei nonni e mio padre, pur avendo già comprato i biglietti, furono costretti a posporre la data del viaggio», racconta Maria Elena Bergoglio, 77 anni l'unica sorella del papa ancora in vita. Se non ci fosse stato quel "ritardo burocratico", i nonni e il padre del futuro papa sarebbero partiti sul Principessa Mafalda, il piroscafo poi affondato sul finire del 1927 a poche miglia da Rio de Janeiro, in quello che fu il più grande disastro della nostra marina commerciale di tutti i tempi (tanto da essere ricordato come il Titanic italiano, 657 i morti secondo i giornali brasiliani, meno della metà per il regime, che tentò di minimizzare la tragedia).. Le origini italiane. I Bergoglio, comunque, non emigrarono perché stavano male a Portacomaro, il paesino di 2mila abitanti in provincia d'Asti dove il bisnonno di Jorge Mario aveva comprato la casa di famiglia nel 1864. E dove sarebbero nati i suoi sei figli, tra cui nonno Giovanni, che possedeva una panetteria ma aveva orizzonti più ambiziosi. Tra fine Ottocento e i primi del Novecento, dalle province di Cuneo e di Asti partirono per l'Argentina centinaia di migliaia di uomini e donne per "far la Merica", sinonimo in dialetto piemontese di "fare fortuna". «Tra questi c'era anche la nostra famiglia», spiega Maria Elena Bergoglio. Dopo avere lasciato la provincia dell'Astigiano, per aprire un bar a Torino a metà anni Venti, il nonno del futuro papa voleva a tutti i costi raggiungere gli altri suoi tre fratelli che nel Paese sudamericano erano già emigrati nel 1922, facendo fortuna a Paraná, la capitale della provincia argentina di Entre Ríos, grazie a un'azienda che asfaltava strade e marciapiedi, salvo poi perdere tutto dieci anni dopo a causa della Grande depressione.. I risparmi nel cappotto. Nonostante la tragedia del Principessa Mafalda, e i rischi di una traversata che all'epoca durava oltre un mese, nonno Giovanni accompagnato dalla moglie Rosa e dal figlio 24enne Mario Giuseppe Francesco – così si chiamava il padre di papa Francesco – partì per Buenos Aires a bordo del più moderno piroscafo Giulio Cesare. Era il gennaio del 1929 quando sbarcarono nella capitale e, nonostante fosse estate, nonna Rosa indossava un cappotto pesantissimo con collo in volpe all'interno del quale erano nascosti tutti i risparmi di una vita.. sangue piemontese. Le origini piemontesi hanno influito molto sul carattere e i gusti di Jorge Mario e di tutta la sua famiglia. Per rendersene conto, basta parlare con José Bergoglio, nipote del papa e figlio di Maria Elena. «Certo che conosciamo la bagna cauda! L'abbiamo mangiata molte volte qui in Argentina, anche mio zio», risponde lui, quasi stupito, quando gli viene chiesto se conosce questo piatto tipico. Abbiamo incontrato José nel 2014 a Ituzaingó, città della periferia a una quarantina di km dal centro di Buenos Aires. Qui vive sua madre, la sorella del pontefice. «Tutto quello che abbiamo imparato deriva dall'esempio con cui ci hanno educato i nostri genitori, che erano piemontesi», spiega lei, che ci tiene a sottolineare soprattutto «l'incredibile insegnamento della fede» trasmesso dai nonni, Rosa e Juan: «Ogni giorno in famiglia aspettavamo il rientro dal lavoro di nostro padre per recitare il rosario tutti insieme».. Una famiglia "qualsiasi". Quella di Jorge Mario era una famiglia normale di classe media. «Nostro padre lavorava e la mamma rimaneva in casa con i suoi cinque figli. Man mano che crescevamo ci siamo poi integrati nella parrocchia», continua la sorella. «A quei tempi i giovani non andavano in discoteca a ballare, le riunioni si facevano in casa e a turno. Io non andavo in parrocchia perché ero piccola, ma vedevo lui e il suo gruppo quando venivano a casa nostra. L'immagine di quegli incontri, di quelle chiacchiere, delle loro risate – ascoltavano musica e ballavano – mi è rimasta impressa come un ricordo bellissimo».. Svolta improvvisa. Jorge Mario era un adolescente come gli altri. Come sia nata in lui la vocazione Maria Elena non l'ha saputo sul momento: lo ha scoperto molti anni dopo leggendo un libro, Il Gesuita, in cui lo stesso Bergoglio spiega come il cambiamento fosse avvenuto quando aveva quasi 17 anni. «Si era innamorato di una ragazza del suo gruppo di amici e, apparentemente, a lei era accaduto lo stesso», riassume Maria Elena, che poi prosegue: «Era il 21 settembre del 1953 e Jorge doveva andare a fare un picnic per la Festa della primavera. Lì avrebbe dichiarato il suo amore alla ragazza, solo che prima entrò nella chiesa di San José de Flores e iniziò a pregare, poi parlò a lungo con un prete che non aveva mai visto prima. Alla fine non andò alla festa e all'amore per una donna preferì quello per Dio».. Studi. Jorge Mario Bergoglio si diplomò perito chimico e iniziò a lavorare, ma ormai la sua strada era segnata. E malgrado il pianto della madre Regina Maria Sivori, poco contenta della scelta, quasi a 22 anni entrò in seminario. Da quel momento in poi, in casa lo videro sempre meno, mentre i poveri sempre di più. Anche se Bergoglio bruciava le tappe e diventava sempre più importante.. La carriera. Dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1969, negli Anni '70 guidò i gesuiti in Argentina, divenne vescovo ausiliare nel 1992, primate d'Argentina nel 1998 e fu nominato cardinale nel 2001 da Giovanni Paolo II. Nonostante i tanti incarichi, sino all'elezione al soglio di Pietro Jorge Mario Bergoglio continuò a vivere a Buenos Aires in un appartamento semplice, al secondo piano dell'edificio della curia argentina, al lato della cattedrale.. Testimone della crisi economica. Nel 2001 vide dalla finestra del suo appartamento gli scontri violenti della polizia contro i risparmiatori truffati dal fallimento del Paese del tango. Era fine dicembre e i gas lacrimogeni della polizia entrarono anche nella sua stanza. Lui si affacciò e vide una signora manganellata a sangue da un agente; impugnato il telefono, chiamò furente il ministro degli Interni. «La vostra polizia sappia almeno distinguere tra i facinorosi e i disperati che hanno perso tutti i loro risparmi», protestò con l'allora segretario per la sicurezza Enrique Mathov.. Paladino degli ultimi. Padre "Pepe", alias José María Di Paola, ha condiviso con Bergoglio molte giornate in villa miseria, come chiamano in Argentina le baraccopoli, e sa che non è un caso che quando la televisione annunciò che era stato eletto papa il Cardinal Bergoglio, a Villa Carcova e a Campo Gallo – due tra gli slum più pericolosi e degradati di Buenos Aires – la gente abbia esultato come se la nazionale avesse vinto un mondiale di calcio. «Più che nei quartieri ricchi, glielo posso assicurare», garantisce Mario Villa, un abitante della villa miseria, perché «qui la popolazione si è immediatamente identificata con questo sacerdote semplice e austero, da sempre dalla parte degli umili e degli indifesi». Un «orgoglio della gente común y corriente», conferma padre Pepe, che si spiega «proprio con la scelta di vita di Bergoglio, che ha rinunciato a un mucchio di comodità sin dal primo momento in cui lo hanno visto qui. Per questo è uno di loro, uno di noi».. Con i più deboli. «Quando papa Francesco era ancora primate d'Argentina e arcivescovo di Buenos Aires», racconta il sacerdote, «ha rovesciato una tendenza storica. Prima che arrivasse ai vertici, infatti, la Chiesa cattolica guardava innanzitutto alla Plaza de Mayo, al centro del potere politico ed economico e dopo, ma solo molto dopo, alle periferie. Noi preti di strada c'eravamo già, ma Bergoglio ha rivoluzionato in meglio il nostro lavoro, perché con il suo approccio ha costretto tutti i vertici ecclesiastici a mettere al centro della loro opera pastorale le baraccopoli». Padre Pepe aggiunge: «Francesco ha messo le periferie al centro, anche a livello mondiale. Come ha fatto qui a Buenos Aires». In prima linea per i poveri, ma anche «un punto di riferimento politico per la polarizzata società argentina», afferma Ricardo Kirschbaum (1948), direttore del quotidiano El Clarín. «negli Stati Uniti c'è chi l'ha definito comunista, ma lui, in realtà, è stato solo un peronista al fianco dei più deboli»..
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Focus.it

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