Garlasco, il dubbio sull’impronta 33: «È sudore, non sangue»

  • Postato il 7 luglio 2025
  • Di Panorama
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È davvero sangue, o solo sudore? È attorno a questa domanda cruciale che si accende il dibattito sull’impronta “33”, trovata sul muro della scala che porta alla cantina dove fu scoperto il corpo di Chiara Poggi. Un dettaglio apparentemente minore, che però potrebbe cambiare radicalmente il destino di Andrea Sempio, nuovo indagato nel caso. Secondo i consulenti della difesa, quella traccia non ha nulla di ematico: sarebbe solo il segno lasciato da un contatto involontario e fisiologico, e non una prova incriminante. In altre parole: “È soltanto sudore, non sangue”.

È quanto affermano gli esperti Luciano Garofano e Luigi Bisogno, incaricati di supportare la strategia difensiva di Sempio, indagato per l’omicidio di Garlasco, in una recente integrazione alla consulenza tecnica depositata in procura.

I due consulenti ribadiscono la loro contrarietà rispetto alle conclusioni dei periti nominati dalla Procura, che hanno invece attribuito l’impronta proprio a Sempio. I legali del 37enne, gli avvocati Massimo Lovati e Angela Taccia, continuano così a smontare la ricostruzione accusatoria, insistendo sul fatto che la macchia ipotenare sia compatibile solo con il sudore e non con una sostanza ematica, come invece sostenuto dall’accusa.

Secondo Garofano e Bisogno, i consulenti della Procura avrebbero commesso un errore di metodo, lasciandosi influenzare da un “pregiudizio interpretativo” e discostandosi da prassi scientificamente riconosciute. Avrebbero inoltre scambiato per “minuzie” — ovvero dettagli identificativi delle impronte papillari — quelli che in realtà sarebbero soltanto “interferenze murarie”, semplici segni del muro privi di valore identificativo.

I dubbi fin dalle prime analisi

Nell’integrazione viene anche sottolineato che, già durante le indagini iniziali, il RIS aveva escluso la presenza di sangue nella traccia. Gli investigatori, nel 2007, avevano persino tentato di recuperare l’intonaco rimosso per le analisi, ma senza successo. Per la difesa, questi elementi confermano una sola conclusione: si tratterebbe di una traccia lasciata dal sudore, non da sangue.

I consulenti di Sempio mettono inoltre in discussione la corrispondenza tra l’impronta e quella dell’indagato, sostenendo che la sovrapposizione non sarebbe sufficientemente precisa, nemmeno tenendo conto delle tolleranze previste dai protocolli. A loro dire, l’impronta 33 sarebbe stata lasciata in tre diversi momenti, in modo “involontario e composito”, complicando ulteriormente la possibilità di attribuirla con certezza a un singolo soggetto.

Il dubbio sul software

Un altro aspetto critico sollevato dalla difesa riguarda l’eventuale utilizzo, da parte dei consulenti della Procura, di un software per l’identificazione automatica dei 15 punti caratteristici necessari ad attribuire l’impronta a Sempio. Una scelta che, secondo Garofano e Bisogno, sarebbe inadeguata per questo tipo di tracce, potenzialmente portando a “sovrapposizioni” e all’individuazione di minuzie “non fondate da un punto di vista morfologico”.

I due esperti rilevano inoltre che non ci sarebbe certezza nemmeno sull’appartenenza a Sempio delle cinque minuzie già segnalate, mentre le restanti — secondo loro — andrebbero considerate come semplici interferenze del fondo murario.

Nel frattempo, anche una consulenza tecnica depositata nei giorni scorsi dai legali della famiglia Poggi avrebbe escluso l’attribuibilità dell’impronta 33 a Sempio. In parallelo, la difesa di Alberto Stasi si prepara a presentare “osservazioni tecniche” a supporto della propria posizione, chiedendo ai pubblici ministeri ulteriori approfondimenti. Secondo i legali di Stasi, infatti, l’impronta apparirebbe “densa e carica di materiale biologico”, compatibile dunque, con la presenza di sangue.

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Panorama

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