Gli accordi con Putin servono, ma la deterrenza ancora di più
- Postato il 21 agosto 2025
- Di Il Foglio
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Gli accordi con Putin servono, ma la deterrenza ancora di più
Al direttore - Se è vero che, a oggi, la proposta che ha più peso in termini politici circa le future garanzie di sicurezza per l’Ucraina è la “formula art. 5” del governo italiano, è altrettanto vero che, senza una organizzazione strutturata, un articolo resterebbe una formula vuota e nessun impegno, per quanto solennemente preso, sarebbe realmente vincolante. Al che si torna al “velo di Maya” con cui in Europa si è voluta coprire una verità amara sulla guerra d’Ucraina: per garantire la sicurezza di Kyiv (e quella del Vecchio continente) avere schierate sul territorio – e non per forza alla frontiera con la Russia – truppe di interposizione che fungano da deterrente nei confronti delle ambizioni imperiali di Mosca è necessario e, dunque, Macron e Starmer non hanno tutti i torti a sostenere l’opzione dei “boots on the ground”. Il problema centrale è quello della volontà politica e della disponibilità ad accettare i costi e ad assumersi i rischi che la presenza diretta di propri militari su una frontiera contestata e instabile comporterebbero. Perché senza la presenza diretta di truppe di interposizione sul terreno (indipendentemente da opzioni “indirette” come il supporto cibernetico e antiaereo e dalla possibilità per Kyiv di non subire limitazioni in termini organici delle proprie Forze Armate), qualunque proposta di sicurezza comune non costituirebbe, di per sé, garanzia contro le velleità di Mosca. Senza contare che, sotto il profilo schiettamente pragmatico, non impegnarsi direttamente per la sicurezza dell’Ucraina renderebbe notevolmente più complesso partecipare alla ricostruzione del paese.
Filippo Del Monte
Tutto giusto. Con una aggiunta. La storia recente della Russia, purtroppo, è stata caratterizzata da accordi che sulla carta avrebbero dovuto garantire stabilità e pace e che Mosca ha però tradito con una certa disinvoltura. Un caso è il Memorandum di Budapest del 1994, calpestato da Putin dopo che era stato promesso all’Ucraina di rispettarne i confini in cambio della rinuncia all’arsenale nucleare. Poi sono arrivati gli accordi di Minsk del 2014 e 2015, pensati per fermare la guerra nel Donbas e usati invece come pausa tattica per riarmarsi. Nel 1997 è stato stato siglato il Trattato di amicizia con Kyiv, con il quale si riconoscevano i confini, e anche questo è stato cancellato senza troppi fronzoli dopo l’annessione della Crimea. Nel 2008, con la Georgia, Mosca aveva garantito il ritiro da Abkhazia e Ossezia: oggi entrambe le regioni sono basi russe a cielo aperto. Il punto non è fare accordi con Putin: accadrà anche questa volta. Il punto è non illudersi che gli accordi siano sufficienti per proteggere ciò che ci sta a cuore. Le firme servono, la deterrenza ancora di più.
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