I dazi dividono l’Europa, l’Unione fa la forza, Macron lo scorda (e Conte in Italia a sinistra)
- Postato il 30 luglio 2025
- Agenzie
- Di Blitz
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È durato poco più di ventiquattro ore l’accordo sui dazi firmato da Ursula von der Leyen e Donald Trump.
Nemmeno il tempo di leggere le prime pagine del patto. Europa e Stati Uniti sono già divisi, la pensano in maniera diversa su molti prodotti. “L’intesa è un pasticcio”, sostengono i detrattori, molti dei quali schierati a sinistra. “L’accordo non è vincolante”, si difendono coloro che sono di avviso contrario.
Ma è chiaro che neppure loro sono pienamente soddisfatti del 15 per cento. La realtà è che l’Europa è già spaccata a metà e non si vede una strada che possa portare ad un diverso atteggiamento.
La pentastellata Chiara Appendino, l’ex sindaco di Torino, è scatenata, non ha peli sulla lingua: “L’Europa è praticamente, economicamente e socialmente morta”. Dove si andrà a finire se questo è il prodromo? Molti pensano che si arriverà alle trattative singole: ogni Stato tenterà di strappare agli Stati Uniti qualcosa in più a dispetto degli altri. Proprio quello che voleva la Casa Bianca perchè in questo modo la voce del vecchio continente sarà più fioca, anzi scomparirà. Ognuno per sé, Dio per tutti. Insomma, il bicchiere dovremo già considerarlo mezzo vuoto?
La risposta è no, se l’Europa capirà che è l’unione a fare la forza. Dividersi significa malmenarsi, se non suicidarsi .Ecco perchè una polemica così forte non potrà portare a niente.
Dai dazi alla Palestina

Purtroppo il gioco del “dagli all’avversario” sta diventando una moda, l’Italia è maestra nel campo. Fino a quando non si capirà che questa non è la maniera di procedere, i risultati saranno vicinissimi allo zero. È ora di piantarla di fare diversamente da quello che fa il vicino di casa.
Prendiamo come esempio emblematico il riconoscimento dello stato della Palestina. Il primo a dire si è stato l’onnipresente Emmanuelle Macron che cerca così di limitare i danni che travagliano la Francia spostando il dibattito sul piano internazionale. Lo ha seguito immediatamente il premier inglese Keir Starmer: anche lui, se Netanyahu non cambierà di portare morte e disperazione a Gaza, seguirà l’esempio del suo omonimo francese. Se a queste due Nazioni si aggiunge pure il Vaticano che ha ripetuto: “per la Santa Sede questo è già un vecchio problema”, si può comprendere come ormai l’unione europea sia soltanto un optional.
Circostanza che si ripete anche per via degli aiuti alimentari che Francia e Regno Unito fanno piovere dal cielo per gli affamati della striscia di Gaza. Dunque, la divisione e la polemica aumentano con il passare dei giorni, però non si vede nessuno che alzi la voce per dire che questa sarà la fine della nostra vecchia e cara Europa.
Cresce l’antisemitismo
L’antisemitismo galoppa, lo dimostra quell’episodio avvenuto in un grill su una autostrada non lontana da Torino, dove un cittadino francese che portava il kippah è stato insultato e aggredito dagli stessi inservienti del locale: “Siete dei porci assassini”, gridavano minacciando il malcapitato. Che cosa c’entrava questo signore se Tel Aviv continua a distruggere Gaza? Quali colpe poteva avere se non quella di essere un cittadino francese di religione ebraica?
La violenza genera odio, è un concetto che ha ripetuto nei giorni scorsi il presidente Sergio Mattarella. Parole finite nel vuoto se si leggono le operazioni belliche di Israele su quel territorio. Sessantamila morti, un esodo di 850 mila palestinesi verso il Sud per evitare i bombardamenti e i missili che devastano la zona, quella stessa che nella sua follia Netanyahu vorrebbe mutare facendone una super riviera per ricchi.
Tutto questo crepitare di armi non spegne la polemica italiana, anzi la rinfocola: è un ulteriore argomento su cui destra e sinistra si battono. Per dimostrare cosa? Che gli uni sono buoni e gli altri cattivi? Così, mentre due guerre, se non tre, dilaniano il mondo, nel nostro Paese ci si dilania in vista delle elezioni regionali che si svolgeranno in autunno.
La maggioranza è unita, ma non troppo. Salvini ne inventa una ogni giorno per strappare un titolo sui giornali. A sinistra il sogno del campo largo che incanta la Schlein è poco più che una chimera. Si attende quel che deciderà Giuseppe Conte se si sarà alleati o no.
Il terzo mandato manda in tilt le forze politiche che scelgono un candidato e poi debbono fare marcia indietro perché quell’uomo o quella donna non sono ben visti da una parte degli elettori.
Un problema che non tocca la destra. La triade che governa non ha ancora deciso: non si trova un accordo oppure non ci sono persone che possano dare le garanzie per una vittoria?
In Europa pare ci sia una sola persona che sia molto gradita alla gente. Infatti, dopo Time ed Economist Giorgia Meloni appare pure sulla copertina di un periodico francese (chissà quale malessere patirà Macron), il “Valeurs actuelles”, che titola a caratteri cubitali: “Mamma mia Giorgia!”. Interrogativo: i grandi del vecchio continente non potrebbero unire i loro politici più bravi per evitare una disfatta europea che nessuno si augura. Forse nemmeno il Cremlino di Putin
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