La doppia morale di Elly Schlein: predica onestà, ma tace sugli scandali che travolgono il PD
- Postato il 7 agosto 2025
- Di Panorama
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Primavera 2024
Elly Schlein è raggiante. Dopo aver dichiarato guerra a cacicchi e capibastone, rimarca rettitudine celebrando l’inflessibile Enrico Berlinguer. Più ciarliera che mai, la segretaria del Pd annuncia: «È venuta l’idea di un omaggio a una personalità il cui impegno e la cui memoria ci ispirano».
Sulla nuova tessera, dunque, campeggia il volto dello storico leader del Pci. Proprio lui: l’indimenticato teorico della «questione morale». Il 28 luglio del 1981, intervistato da Eugenio Scalfari su Repubblica, spiegò: «I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e clientela». Meno gli incorruttibili comunisti, ovvio. Platealmente graziati da Mani pulite, qualche anno dopo.
Su questa supposta superiorità, Schlein ha comunque tentato di costruire il decantato rinnovamento. Ma adesso arriva l’ennesima nemesi. Lei è triturata dagli inscalfibili potentati. Mentre il Pd viene travolto da una gragnola di inchieste, scoppiate in mezza Italia.
Silenzio (imbarazzato) in sala
Così la loquacissima Elly, d’un tratto, smarrisce la favella. Si limita a farfugliare: gli indagati vadano avanti. I democratici non sono mica uguali agli altri manigoldi. Tutto si chiarirà, statene certi.
Eppure, a quasi due anni e mezzo dalla sua rocambolesca elezione, il partito naufraga in quell’immoralità scagliata come un anatema contro gli avversari. Sviluppi giudiziari a parte, s’intende.
Palazzopoli e altre grane
Prendiamo la Palazzopoli meneghina (di cui ci siamo occupati nel precedente numero di Panorama): settantaquattro indagati. Il sindaco, Giuseppe Sala, è accusato di falso. Giancarlo Tancredi, dimissionario assessore all’Urbanistica, ai domiciliari.
Non solo decine di nuove costruzioni passate per ristrutturazioni grazie alla Scia, certificazione edilizia che furoreggia in città. L’ultima inchiesta è ancor più roboante: sotto accusa finiscono anche i progetti iconici, dall’ampliamento di Porta Nuova al recupero degli scali ferroviari.
Sarà la nuova Mani pulite? Chissà. E poco importa, forse. Lo scandalo peggiore è aver costruito una città per soli ricchi, dove spadroneggiano fondi immobiliari e turbocapitalismo.
Ma anche nella rossissima Bologna viene aperta un’indagine simile sui permessi facili: tredici casermoni tirati su con l’ubiqua Scia.
Sala, Ricci & co.: avanti piano
Altro che Berlinguer. La leader dei Dem, davanti alle tribolazioni ambrosiane, si limita a un fumoso e laconico suggerimento. Sala vada avanti. Se possibile, ecco, «cambi rotta» magari. Ovverosia? Una capatina nelle degradate periferie, ostaggio di clandestini e maranza? Solidarietà all’esercito di poveri diavoli, tramortiti dalle urgenze green degli adorati zetatiellini? Chi può dirlo.
Il modello spagnolo… imbarazzante
L’importante è tirare avanti, a dispetto di tutto. Come fa in Spagna il premier Pedro Sánchez, inarrivabile modello del Pd tricolore. I socialisti iberici sono sconquassati da pirotecnici scandali: laute tangenti, disinibite meretrici, sfrenato machismo.
La segretaria, quindi, prende debite distanze? Macché. Nei salottini televisivi difende con audacia l’aitante Pedro, che caccia i marioli nel nome della solita «questione morale». A differenza, s’intende, di «questa destra che fa la garantista con gli amici e la giustizialista con gli avversari».
Come il cancelliere Ferrer dei Promessi sposi, Elly esorta il cocchiere della sinistra continentale: «Adelante Pedro, con juicio». Ma anche Matteo Ricci, l’ex sindaco di Pesaro indagato per Affidopoli, deve andare avanti. Problemino: l’europarlamentare dem è candidato alla presidenza delle Marche. Che disdetta. Proprio l’Ohio d’Italia.
Doppio standard democratico
E se fosse stato lo sfidante, Francesco Acquaroli, a finire in una perigliosa indagine? Beh, allora Schlein e compagni avrebbero brandito avvisi di garanzia e patenti berlingueriane. È già stato fatto, del resto, con Giovanni Toti: ex governatore ligure di centrodestra, costretto alle dimissioni dal tintinnar di schiavettoni dopo l’inchiesta sul porto di Genova.
Vuoi mettere, però, con il lindo Matteo? Colpa dei suoi infedeli collaboratori, al massimo. Accusati di aver favorito, «in cambio di denaro e altre utilità», due associazioni culturali per quasi 600 mila euro. Tra le realizzazioni, spiccano due opere leggendarie: una scultura a forma di gigantesco casco in onore di Valentino Rossi e un murale dedicato a Liliana Segre.
Elly, pure stavolta, non vacilla: «Ricci rimane il nostro candidato presidente. Ha già chiarito di essere completamente estraneo ai fatti che sono emersi».
Laus, Gallo & compagnia bella
Basta un’autocertificazione, controbollata dall’effige del vecchio leader: indiscussa superiorità morale. E non si dubita un istante nemmeno di Mauro Laus. Negli stessi giorni in cui a Milano viene indagato Sala, la procura di Torino chiude le indagini sul deputato del Pd.
Il parlamentare Dem è indagato per infedeltà patrimoniale e malversazione di erogazioni pubbliche, assieme a moglie, figli e cognata. Tra le altre cose, contestano lavori fittizi.
Come se non bastasse, pure l’assessore all’Urbanistica della città, Paolo Mazzoleni, è coinvolto nella Palazzopoli milanese. Ma il sindaco, Stefano Lo Russo, fiero piddino anche lui, fortunatamente è un altro garantista con i fiocchi.
La parabola di Sasà
Non lo turba neppure il destino di Sasà Gallo, già inaffondabile ras locale del partito. Lo accusano di aver barattato voti con favori eterogenei: condoni edilizi, fermate del bus, accessi sanitari prioritari. Così i pm, lo scorso maggio, chiedono per Sasà due anni e dieci mesi.
I Cinque Stelle locali infieriscono: «Il quadro che emerge è desolante». Invece, ci pensa Giuseppe Conte ad affondare Sala: «È la testa e il garante di un sistema dove si sono concentrati i grandi interessi immobiliari».
Il sogno di Giuseppi (e i guai a 5 Stelle)
Giuseppi sogna. Scalzare finalmente Elly. Guidare la riscossa del brancaleonesco campo largo contro Giorgia Meloni. A ogni stormir d’inchiesta, brandisce pure lui il monito berlingueriano. Tralasciando però i guai pentastellati: Alessandra Todde, dichiarata decaduta dalla corte d’appello; Chiara Appendino, condannata a un anno e cinque mesi.
Il Pd a due velocità
Adesso il sindaco sogna di venir ricandidato, con la benedizione di Elly. La segretaria, del resto, lo scorso autunno già esultava per la sua nomina a vicepresidente dell’Anci, inespugnabile feudo democratico. Niente da fare, invece, per Don Vincenzo De Luca.
Il terzo mandato è stato bocciato, ecco. Ma il più detestato dei cacicchi sarà trattato con ogni riguardo: posti decisivi nella futura giunta e incarico nazionale per il figlio Piero.
Da Salerno a Pisa: l’Italia delle tessere
Intanto Franco Alfieri, ex presidente della Provincia di Salerno, resta ai domiciliari. Eppure, perfino lo «Sceriffo» infierisce sull’indagine pesarese: «Il Pd vive di doppiezza. Il suo criterio di moralità cambia a seconda degli interlocutori».
E Bari?
Chissà se Don Vincenzo si riferisce anche a Bari, altra roccaforte democratica spazzata dalle inchieste. Il procuratore aggiunto della Dda, Francesco Giannella, la definisce «una città assuefatta alla mafia, in cui parlarne annoia». Guidata, nell’ultimo ventennio, da turbopiddini: Emiliano e Decaro.
Toscana rossa, inchieste nere
Anche in Toscana regna un altro potentone: Eugenio Giani, appena ricandidato. Intanto Ilaria Bugetti si è dimessa dopo un’indagine per corruzione. E a Pisa il partito viene commissariato: guerra di fazioni, accuse di tessere regalate ad operai albanesi. Ma almeno non erano quelle con il volto sorridente di Berlinguer.