La prima esortazione di Leone XIV è dedicata ai poveri e ai deboli: “Doveroso continuare a denunciare la dittatura di un’economia che uccide”

  • Postato il 9 ottobre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Possa Dilexi te aiutare la Chiesa a servire i poveri e ad avvicinare i poveri a Cristo”. È racchiuso in questa frase, tratta dalla lettera di accompagnamento del documento papale scritta da Prevost a tutti i vescovi cattolici del mondo, il senso della prima esortazione apostolica di Leone XIV intitolata Dilexi te (Ti ho amato) e dedicata all’amore verso i poveri. Un testo molto atteso, a cinque mesi dall’inizio del suo pontificato, nel quale il Papa ribadisce con forza l’opzione preferenziale per i poveri da parte della Chiesa. Firmata il 4 ottobre 2025, festa di san Francesco d’Assisi, ma pubblicata il 9 ottobre 2025, Dilexi te era stata pensata da Bergoglio, come scrive Prevost: “In continuità con l’enciclica Dilexit nos, Papa Francesco stava preparando, negli ultimi mesi della sua vita, un’esortazione apostolica sulla cura della Chiesa per i poveri e con i poveri, intitolata Dilexi te, immaginando che Cristo si rivolga ad ognuno di loro dicendo: hai poca forza, poco potere, ma ‘io ti ho amato’. Avendo ricevuto come in eredità questo progetto, sono felice di farlo mio – aggiungendo alcune riflessioni – e di proporlo ancora all’inizio del mio pontificato, condividendo il desiderio dell’amato predecessore che tutti i cristiani possano percepire il forte nesso che esiste tra l’amore di Cristo e la sua chiamata a farci vicini ai poveri. Anch’io infatti ritengo necessario insistere su questo cammino di santificazione, perché nel richiamo a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di conformarsi”.

Leone XIV sostiene che “la carità è una forza che cambia la realtà, un’autentica potenza storica di cambiamento. Questa è la sorgente a cui deve attingere ogni impegno per risolvere le cause strutturali della povertà e per avviarlo con urgenza. Auspico pertanto che cresca il numero dei politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del mondo, perché si tratta di ascoltare il grido di interi popoli, dei popoli più poveri della terra. È pertanto doveroso – prosegue il Papa – continuare a denunciare la ‘dittatura di un’economia che uccide’ e riconoscere che mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. Sebbene non manchino diverse teorie che tentano di giustificare lo stato attuale delle cose, o di spiegare che la razionalità economica esige da noi di aspettare che le forze invisibili del mercato risolvano tutto, la dignità di ogni persona umana dev’essere rispettata adesso, non domani, e la situazione di miseria di tante persone a cui viene negata questa dignità dev’essere un richiamo costante per la nostra coscienza”.

Prevost sottolinea che “nell’enciclica Dilexit nos Papa Francesco ha ricordato che il peccato sociale prende forma come ‘struttura di peccato’ nella società, che fa spesso parte di una mentalità dominante che considera normale o razionale quello che in realtà è solo egoismo e indifferenza. Tale fenomeno si può definire alienazione sociale. Diventa normale ignorare i poveri e vivere come se non esistessero. Si presenta come la scelta ragionevole organizzare l’economia chiedendo sacrifici al popolo, per raggiungere certi scopi che interessano ai potenti. Intanto per i poveri rimangono solo promesse di ‘gocce’ che cadranno, finché una nuova crisi globale non li porterà di nuovo alla situazione precedente. È una vera e propria alienazione quella che porta a trovare solo scuse teoriche e non a cercare di risolvere oggi i problemi concreti di coloro che soffrono. Lo diceva già san Giovanni Paolo II: ‘È alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione di questo dono ed il costituirsi di questa solidarietà interumana’”.

L’appello di Leone XIV è chiaro: “Dobbiamo impegnarci sempre di più a risolvere le cause strutturali della povertà. È un’urgenza che non può attendere, non solo per un’esigenza pragmatica di ottenere risultati e di ordinare la società, ma per guarirla da una malattia che la rende fragile e indegna e che potrà solo portarla a nuove crisi. I piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie. La mancanza di equità è la radice dei mali sociali. Infatti, molte volte si constata che, di fatto, i diritti umani non sono uguali per tutti. Accade che nel vigente modello ‘di successo’ e ‘privatistico’, non sembra abbia senso investire affinché quelli che rimangono indietro, i deboli o i meno dotati possano farsi strada nella vita. La domanda che ritorna è sempre la stessa: i meno dotati non sono persone umane? I deboli non hanno la stessa nostra dignità? Quelli che sono nati con meno possibilità valgono meno come esseri umani, devono solo limitarsi a sopravvivere? Dalla risposta che diamo a queste domande dipende il valore delle nostre società e da essa dipende pure il nostro futuro. O riconquistiamo la nostra dignità morale e spirituale o cadiamo come in un pozzo di sporcizia. Se non ci fermiamo a prendere le cose sul serio continueremo, in modi espliciti o dissimulati, a legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile generalizzare, perché il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti di un simile consumo”.

Prevost afferma che “è compito di tutti i membri del popolo di Dio far sentire, pur in modi diversi, una voce che svegli, che denunci, che si esponga anche a costo di sembrare degli ‘stupidi’. Le strutture d’ingiustizia vanno riconosciute e distrutte con la forza del bene, attraverso il cambiamento delle mentalità ma anche, con l’aiuto delle scienze e della tecnica, attraverso lo sviluppo di politiche efficaci nella trasformazione della società”. Con un mea culpa molto importante: “Anche i cristiani, in tante occasioni, si lasciano contagiare da atteggiamenti segnati da ideologie mondane o da orientamenti politici ed economici che portano a ingiuste generalizzazioni e a conclusioni fuorvianti. Il fatto che l’esercizio della carità risulti disprezzato o ridicolizzato, come se si trattasse della fissazione di alcuni e non del nucleo incandescente della missione ecclesiale, mi fa pensare che bisogna sempre nuovamente leggere il Vangelo, per non rischiare di sostituirlo con la mentalità mondana. Non è possibile dimenticare i poveri, se non vogliamo uscire dalla corrente viva della Chiesa che sgorga dal Vangelo e feconda ogni momento storico”.

Leone XIV denuncia anche che “l’impegno a favore dei poveri e per rimuovere le cause sociali e strutturali della povertà, pur essendo diventato importante negli ultimi decenni, rimane sempre insufficiente; anche perché le società in cui viviamo spesso privilegiano criteri di orientamento dell’esistenza e della politica segnati da numerose disuguaglianze e, perciò, a vecchie povertà di cui abbiamo preso coscienza e che si tenta di contrastare, se ne aggiungono di nuove, talvolta più sottili e pericolose. Da questo punto di vista, è da salutare con favore il fatto che le Nazioni Unite abbiano posto la sconfitta della povertà come uno degli obiettivi del millennio. Sulla povertà – prosegue il Papa – non dobbiamo abbassare la guardia. In particolare ci preoccupano le gravi condizioni in cui versano moltissime persone a causa della mancanza di cibo e di acqua. Ogni giorno muoiono migliaia di persone per cause legate alla malnutrizione. Anche nei Paesi ricchi le cifre relative al numero dei poveri non sono meno preoccupanti. In Europa sono sempre di più le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese. In generale si nota che sono aumentate le diverse manifestazioni della povertà. Essa non si configura più come un’unica condizione omogenea, bensì si declina in molteplici forme di depauperamento economico e sociale, riflettendo il fenomeno delle crescenti disuguaglianze anche in contesti generalmente benestanti. Ricordiamo che doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti. Tuttavia, anche tra di loro troviamo continuamente i più ammirevoli gesti di quotidiano eroismo nella difesa e nella cura della fragilità delle loro famiglie. Sebbene in alcuni Paesi si osservino importanti cambiamenti, l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio, soprattutto se pensiamo alle donne più povere”.

Infine, Leone XIV ribadisce che “la Chiesa ha sempre riconosciuto nei migranti una presenza viva del Signore”. E aggiunge: “La tradizione dell’attività della Chiesa per e con i migranti continua e oggi questo servizio si esprime in iniziative come i centri di accoglienza per i rifugiati, le missioni di frontiera, gli sforzi di Caritas Internationalis e di altre istituzioni. Il magistero contemporaneo ribadisce chiaramente questo impegno. Papa Francesco ha ricordato che la missione della Chiesa verso i migranti e i rifugiati è ancora più ampia, insistendo sul fatto che ‘la risposta alla sfida posta dalle migrazioni contemporanee si può riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ma questi verbi non valgono solo per i migranti e i rifugiati. Essi esprimono la missione della Chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati’. E diceva anche: ‘Ogni essere umano è figlio di Dio! In lui è impressa l’immagine di Cristo! Si tratta, allora, di vedere noi per primi e di aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel rifugiato non solo un problema da affrontare, ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare, un’occasione che la provvidenza ci offre per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo’. La Chiesa, come una madre, cammina con coloro che camminano. Dove il mondo vede minacce, lei vede figli; dove si costruiscono muri, lei costruisce ponti. Sa che il suo annuncio del Vangelo è credibile solo quando si traduce in gesti di vicinanza e accoglienza. E sa – conclude il Papa – che in ogni migrante respinto è Cristo stesso che bussa alle porte della comunità”.

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Il Fatto Quotidiano

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