La Valle D'Aosta blocca la sperimentazione pseudoscientifica sull'acqua informata

  • Postato il 6 giugno 2025
  • Di Il Foglio
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La Valle D'Aosta blocca la sperimentazione pseudoscientifica sull'acqua informata

A seguito della discussione svoltasi il 5 giugno 2025 in Consiglio regionale e dell’interpellanza presentata dal gruppo Progetto Civico Progressista, la Regione Valle d’Aosta ha diffuso un comunicato ufficiale per chiarire la propria posizione sulla sperimentazione agricola della cosiddetta “memoria dell’acqua” – o, per essere precisi, della “acqua informata in polvere”. La nota della Regione segue un acceso dibattito pubblico e politico innescato dallo stanziamento, nel 2022, di fondi regionali per testare una pratica priva di fondamento scientifico, duramente contestata sia dal mondo accademico sia da numerosi operatori del settore, anche nella stessa regione.

Il comunicato segna un apprezzabile passo indietro da parte della Regione, che ammette l’errore di valutazione e annuncia la volontà di non proseguire oltre con la sperimentazione né con eventuali collaborazioni future. Questo arretramento è doveroso e va riconosciuto, così come sono commendevoli la posizione chiara della consigliera Minelli e la volontà dell’assessorato di non insistere su una strada priva di fondamento scientifico.

Tuttavia, il comunicato getta una luce impietosa sulle modalità con cui si è arrivati a finanziare la sperimentazione: non c’è traccia di alcuna istruttoria tecnica seria, né del coinvolgimento di esperti qualificati, ma si cita la suggestione esercitata da un servizio televisivo e la documentazione fornita dallo stesso promotore della pratica. È un fatto gravissimo che segnala un deficit sistemico di cultura scientifica e di capacità critica all’interno della macchina amministrativa: si sono investiti fondi pubblici, ma soprattutto l’immagine di una istituzione, su una pratica evidentemente pseudoscientifica, senza alcuna reale valutazione indipendente. Resta senza risposta la domanda chiave: quali criteri oggettivi sono stati applicati dal coordinatore di dipartimento Fabrizio Savoye per giudicare meritevole la proposta? Se davvero è bastato un servizio della Rai e un plico di materiali autoprodotti per superare ogni filtro, la questione è allarmante: come si eviterà in futuro di cadere affascinati da simili sciocchezze?

Il secondo elemento nuovo e ben più rilevante di quanto accaduto in Valle d’Aostariguarda il coinvolgimento di altri enti pubblici: nel comunicato si legge infatti che il Dipartimento agricoltura della Valle d’Aosta è stato contattato da ricercatori del Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza dell’Inail, che stanno portando avanti una sperimentazione “in collaborazione con il Crea” della stessa pseudotecnologia. Se questo dato è confermato, la vicenda assume una dimensione nazionale: l’Inail e soprattutto il Crea, massimo ente pubblico per la ricerca in agricoltura, risultano coinvolti – almeno secondo la testimonianza riportata – in progetti di sperimentazione grotteschi.

Questo aspetto pone interrogativi urgenti, che non possono più essere liquidati come mere iniziative periferiche. Chi, all’interno di Crea e Inail, ha autorizzato queste collaborazioni? Sono state valutate da comitati etici o scientifici? Quali protocolli sono stati adottati e con quali criteri di verifica dei risultati? La semplice menzione di una collaborazione, anche informale, tra enti di questo rango e promotori di pratiche pseudoscientifiche richiede un chiarimento immediato da parte dei vertici degli enti coinvolti e del ministero vigilante.

La conclusione della consigliera Minelli – che richiama la necessità di affidarsi solo a esperti con credenziali scientifiche – va sostenuta con forza. Questa vicenda deve segnare uno spartiacque: non basta più una smentita tardiva o una rassicurazione sulle intenzioni future, serve una revisione profonda dei processi decisionali che portano all’adozione e al finanziamento di pratiche agricole. 

A parte quanto avviene in regione Valle d’Aosta, serve, soprattutto, che venga fatta piena luce sulle modalità e sulle responsabilità del coinvolgimento di enti pubblici nazionali in progetti che nulla hanno a che vedere con la scienza. E se l’Italia dovesse davvero arrivare a legittimare e diffondere a livello nazionale l’uso dell’acqua informata in polvere grazie al coinvolgimento di enti pubblici, sarebbe difficile non ripensare con amara ironia alla storia di “Archimede e l’acqua in polvere”, apparsa nel numero 1157 di Topolino del 1978. Evidentemente, questo è il livello di pubblicazioni a supporto sufficienti per iniziare esperimenti “scientifici” nel nostro disgraziato paese.

 

 

 

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Autore
Il Foglio

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