Leoncavallo: fatto lo sgombero trovato l’inganno

  • Postato il 8 settembre 2025
  • Di Panorama
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Delle tante parole sentite sul Leoncavallo, quelle più divertenti sono di Anna Scavuzzo, vicesindaco e assessore all’Istruzione di Milano, promossa anche all’Urbanistica sul campo, dopo il terremoto giudiziario. Ha detto infatti in un’intervista al Corriere della Sera che il Comune era «vicino alla soluzione» e che lo sgombero deciso dal governo è stato «un passo strumentale in modo tale da riaccendere la polemica» perché si sa «quando i problemi vengono risolti, le polemiche poi si sgonfiano». Capito? Il Comune era vicino alla soluzione. Proprio lì, ad un passo. In fondo lo stabile era occupato solo da 31 anni: perché tutta questa fretta dal ministero? Perché non lasciare almeno altri 31 anni al Comune per affrontare la questione? Sono stati bloccati appena 133 tentativi di sfratto: non se ne potevano aspettare altri 133? O anche 150? O 200? Cos’è, adesso, tutta questa urgenza? Eh certo, si capisce: a Roma temevano la capacità di azione del Comune di Milano. La sua prontezza nel risolvere i problemi di ordine pubblico nel batter d’occhio di un trentennio. Che poi, si sa, «quando i problemi vengono risolti, le polemiche si sgonfiano».

L’“accelerata” del governo

Anche l’intervistatrice, va detto, ci mette del suo: parla di «accelerata» da parte del governo. Come testo umoristico, niente male: 31 anni per uno sgombero, una accelerata incredibile. Siamo matti ad accelerare così? Avanti di questo passo dove andremo a finire? Non è che adesso qualcuno si mette in testa di sgomberare anche i palazzi che sono occupati solo da 20 anni? O persino da 10? Ma che? Siamo tutti impazziti?
Fossi il vicesindaco di Milano proporrei l’autovelox per far rallentare le iniziative del governo, soprattutto quando si tratta di ordine pubblico. Se un palazzo viene sgomberato prima che abbia festeggiato i 40 anni di occupazione, scatta la multa. Eccesso di velocità legalitaria. Bisogna pure dare il giusto tempo al Comune per risolvere il problema, no? In appena 31 anni come si fa?

Il ruolo del sindaco Beppe Sala

Che poi, con tutta questa fretta, quelli di Roma (anzi: testualmente quelli dello «zampino romano») si sono dimenticati di avvertire Beppe Sala. Povero sindaco, nessuno che gli dice mai nulla. A Milano trasformano garage in grattacieli senza pagare oneri di urbanizzazione, e lui non ne sa nulla. All’Urbanistica si scopre che comanda la cricca degli appalti, e lui non ne sa nulla. I milanesi sono spaventati da criminalità e immigrazione, e lui non ne sa nulla (parla di «insicurezza percepita»). Ora si scopre che c’era da sgomberare il Leoncavallo da 31 anni, e lui non ne sapeva nulla.
A questo punto viene il sospetto che, più che il sindaco, Sala sia l’umarell della Madonnina. Segue i lavori, come i pensionati seguono i cantieri, ma solo perché non ha niente altro da fare. Poi si lamenta di non essere stato avvertito: ma da quando in qua chi muove le gru dei cantieri avverte gli umarell?

La nuova sede e i costi a carico dei cittadini

In compenso pare che il Comune di Milano si stia muovendo per trovare subito una nuova sede al Leoncavallo. Ovvio, no? Quando uno occupa per 31 anni consecutivi, quando uno non paga le tasse, nemmeno quelle sui rifiuti (contenzioso aperto proprio con il Comune), quando uno costa ai contribuenti oltre tre milioni di euro (3.309.150 euro), oltre a tutto il resto, da pagare ai proprietari dello stabile per il mancato sgombero da parte del ministero dell’Interno, quando uno svolge all’interno dell’edificio attività fuori da ogni controllo e da ogni regola, bisogna pure ricompensarlo, no? E così mentre migliaia di famiglie che rispettano le istituzioni sono per strada perché per loro un tetto non c’è, per il Leonka il tetto si trova. Ovviamente in un immobile del Comune. Ovviamente con tutte le spese di bonifica e di allaccio pagate.

Vip e intellettuali schierati

Schiere di commercialisti sono già al lavoro per scovare i trucchetti che consentano di aggirare le norme (e ridagli) e gli ostacoli, in modo da consegnare il palazzo del Comune ai ribelli che da anni ormai lottano duramente contro le istituzioni, ma facendosi pagare dalle medesime. A tal proposito mi resta un dubbio. Visto che a favore del Leoncavallo si sono schierati fior di sedicenti intellettuali e vip, da Fedez a Claudio Bisio, dallo scrittore Sandrone Dazieri ai Subsonica e all’attore Paolo Rossi, mi domando: perché la sede non gliela offrono loro, anziché farla pagare come sempre a noi? Mi piacerebbe rivolgere la domanda anche al vicesindaco Scavuzzo, se non fosse che lei non ama le polemiche e perciò ha di sicuro già risolto il problema. Fra 31 anni, forse, sapremo come.

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Panorama

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