Maturità 2025: la lotta alla mafia torna nelle tracce grazie alle parole di Paolo Borsellino
- Postato il 18 giugno 2025
- Di Panorama
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“I giovani, la mia speranza”, un messaggio del giudice Paolo Borsellino pubblicato su Epoca nell’ottobre 1992, è la prima proposta della tipologia C della prima prova di Maturità.
Una frase che non è solo apertura di traccia: è un’eredità. È un ponte tra memoria e futuro. Dopo decenni in cui la lotta alla mafia è rimasta spesso fuori dalle aule scolastiche, oggi rientra dalla porta principale. A guidare il tema argomentativo di questa prima prova è proprio uno dei simboli civili più amati e rispettati del Paese: Paolo Borsellino.
Il magistrato ucciso nel luglio del ’92, appena 57 giorni dopo l’amico e collega Giovanni Falcone, e che proprio ai giovani – a quelli che definiva “la parte più vicina alla magistratura e alla lotta contro la mafia” – affidava il compito di una società migliore, libera dal consenso alle organizzazioni criminali.
A distanza di oltre trent’anni, la sua voce si fa ancora ascoltare. Stavolta, tra i banchi di scuola.
Finalmente una traccia su Borsellino alla Maturità. E commuove anche i figli
“Apprendiamo con commozione che tra le tracce della prova scritta d’italiano per la maturità di quest’anno, vi è un riferimento all’attenzione e alla fiducia che nostro padre riponeva nei giovani. Egli nutriva una enorme speranza nelle future generazioni e abbiamo sempre pensato che a reggere i suoi sforzi vi fosse il senso di una prospettiva alta di un cambiamento in meglio della nostra società civile”.
Così i figli del magistrato hanno commentato la notizia, diffusa stamattina mentre circa mezzo milione di studenti italiani si trovavano impegnati con la prima prova scritta dell’Esame di Stato.
Una traccia attesa da anni. E che, al pari delle proposte su Pasolini e sul Gattopardo, ha avuto immediato riscontro anche nel mondo delle istituzioni. “Confesso: oggi avrei voluto essere una maturanda per scegliere la traccia su Paolo Borsellino”, ha scritto su X la presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo. “È la speranza che riponeva nei più giovani che solleverà la Procuratrice Caramanna dallo scempio di certe minacce. Oggi tantissimi studenti sono con chi vuole essere libero di scegliere”.
Una scelta che segna un punto di svolta. Perché è raro, rarissimo, che l’esame di Maturità inviti esplicitamente a ragionare sul fenomeno mafioso. Dal 1999 a oggi, era accaduto solo nel 2019, con una traccia dedicata a Carlo Alberto Dalla Chiesa, sotto il ministero del leghista Marco Bussetti. Anche oggi, la proposta arriva da un ministro della Lega, Giuseppe Valditara, attualmente alla guida del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
E proprio alla libertà di scegliere, di ragionare con pensiero critico, di non voltarsi mai dall’altra parte, si collegano le parole del magistrato pubblicate da Epoca nel 1992. Un lungo intervento, lucido e profondo, che racconta Palermo, la mafia, la giustizia, ma soprattutto racconta la fiducia nei ragazzi.
Un testo che oggi, messo nelle mani degli studenti italiani, diventa parte di un rito collettivo: quello della maturità. E che, a trentadue anni dalla strage di via D’Amelio, assume il valore di una eredità civile da custodire. Non con la retorica, ma con la consapevolezza.
Testo integrale dell’intervento di Paolo Borsellino, tratto da Epoca del 14 ottobre 1992
Tratto da Epoca del 14 ottobre 1992, a cura di Antonietta Garzia, il brano integrale è una riflessione potente sulla città di Palermo, sulla perdita d’identità collettiva e sulla rinascita di una coscienza civile, soprattutto tra i più giovani. Un estratto lungo, profondo, politico. E ancora oggi, attualissimo.
«Sono nato a Palermo e qui ho svolto la mia attività di magistrato. Palermo è una città che a poco a poco, negli anni, ha finito per perdere pressoché totalmente la propria identità, nel senso che gli abitanti di questa città, o la maggior parte di essi, hanno finito per non riconoscersi più come appartenenti a una comunità che ha esigenze e valori uguali per tutti. […] Sono stato più volte portato a considerare quali sono gli interessi e i ragionamenti dei miei tre figli, oggi tutti sui vent’anni, rispetto a quello che era il mio modo di pensare e di guardarmi intorno quando avevo quindici-sedici anni. A quell’età io vivevo nell’assoluta indifferenza del fenomeno mafioso, che allora era grave quanto oggi. […] Invece i ragazzi di oggi (per questo citavo i miei figli) sono perfettamente coscienti del gravissimo problema col quale noi conviviamo. E questa è la ragione per la quale, allorché mi si domanda qual è il mio atteggiamento, se cioè ci sono motivi di speranza nei confronti del futuro, io mi dichiaro sempre ottimista. E mi dichiaro ottimista nonostante gli esiti giudiziari tutto sommato non soddisfacenti del grosso lavoro che si è fatto. E mi dichiaro ottimista anche se so che oggi la mafia è estremamente potente, perché sono convinto che uno dei maggiori punti di forza dell’organizzazione mafiosa è il consenso. È il consenso che circonda queste organizzazioni che le contraddistingue da qualsiasi altra organizzazione criminale. Se i giovani oggi cominciano a crescere e a diventare adulti, non trovando naturale dare alla mafia questo consenso e ritenere che con essa si possa vivere, certo non vinceremo tra due-tre anni. Ma credo che, se questo atteggiamento dei giovani viene alimentato e incoraggiato, non sarà possibile per le organizzazioni mafiose, quando saranno questi giovani a regolare la società, trovare quel consenso che purtroppo la mia generazione diede e dà in misura notevolissima. È questo mi fa essere ottimista.»