Nemmeno la morte del Papa ferma il trash sui social
- Postato il 24 aprile 2025
- Di Panorama
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Mentre scrollavo Facebook per ritrovare il post di un amico mi sono imbattuto in un video di Papa Bergoglio realizzato con quella che chiamiamo intelligenza artificiale. Nel filmato Francesco è insieme a Gesù e il Signore gli insegna a trasformare l’acqua in vino e a volare tra le nuvole.
Ecco, ho pensato, siamo davvero certi di essere pronti per questo? Nulla di dissacrante, sia chiaro, ma mi chiedo come la tecnologia, specialmente questa, cambierà il nostro rapporto con la morte, con il naturale distacco dagli affetti. È sufficiente la fotografia di una persona cara, il computer, l’applicazione e il gioco è fatto: possiamo produrre contenuti che fanno rivivere, e presto anche dialogare con noi, chi non esiste più. I brividi arrivano da questo momento in poi: quale rapporto, sintetico ma non più virtuale, avremo con i nostri defunti? Quali saranno gli effetti del non distacco sui vivi? Se nella descrizione che attiva gli algoritmi, chiamatelo prompt, daremo i connotati del carattere di chi ci manca, possiamo già oggi ottenere risposte fedeli a quelle che i cari ci avrebbero dato in vita, clonare voci, comportamenti e movimenti, finanche chiedere e ottenere consigli.
Con questa rivoluzione stiamo creando un aldilà tutto nostro, edulcorato e pulito, certamente elettrico. Una gigantesca e pericolosa illusione di vita eterna. E arrivo a provare terrore pensando agli effetti di questa invenzione su chi ha problemi psichici, disturbi o semplicemente poca stabilità psicologica. Su chi è vulnerabile e non in grado di distinguere. Forse, se ancora non esiste un limite nella corsa alla banalizzazione del mistero, è arrivato il tempo di posizionarlo, di creare una barriera a protezione dell’illusione. Certamente è umano che una persona, magari un bambino, usi la tecnologia per rivedere la mamma come fosse in una video chiamata, ma quali terribili effetti potrebbe avere il non saper più distinguere il ricordo di fatti realmente accaduti con quelli generati artificialmente?
L’incapacità di lasciar andare i nostri defunti ovunque sia il mistero, la serenità di questa presa di coscienza che deriva dall’elaborazione del lutto. Se siamo così spaventati all’idea che la vita terrena abbia una fine è perché siamo privi della fede oppure non riusciamo ad affrontare il pensiero che si possa non essere. Servirebbe un po’ della filosofia di Hegel – la vera vita è dopo la morte – quella di Platone e di Heidegger che si studiano al liceo anche per imparare queste cose, più preziose del saper smanettare un computer perché mattoni dell’umanesimo.
Allora Francesco lasciamolo andare, non ci è dato sapere dove e neppure come, lasciamolo andare dove ognuno di noi crede che andremo tutti, applicando il nostro diritto all’immaginazione, dal paradiso più fiabesco al riciclo delle molecole vaganti nell’aria che servono per fare altre cose, come ci insegnò quel gigante di Margherita Hack. Abbiamo ancora la capacità di consolarci, di ringraziare la fortuna o Dio per avere i filmati veri di un Papa che non ha mai allontanato da sé nessuno, che ha distrutto i protocolli per tenere accanto a sé un bambino dando a tutto il mondo lezioni di umanità e dolcezza profuse senza risparmiarsi mai. Comportamenti da imitare come insegnamenti. Il tempo è quello giusto per lasciarlo andare e generare il ricordo autentico, quello che vive dentro di noi fino a quando esistiamo.