Plusvalenze, le differenze tra Napoli e Juventus: perché la giustizia sportiva non ha riaperto il caso Osimhen

  • Postato il 9 ottobre 2025
  • Di Virgilio.it
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Il caso plusvalenze in casa Napoli è tornato a far discutere con le nuove chat intercettate che sono emerse tra Cristiano Giuntoli, l’ad Andrea Chiavelli e l’allora vice direttore sportivo Giuseppe Pompilio. Tra inviti a non lasciare tracce e “ammissioni” di colpe sull’affare Osimhen, quando il club pagò il giocatore solamente 50 milioni di euro, facendo valutare Karnezis, Manzi, Liguori e Palmieri 21 milioni. Per quanto riguarda la giustizia ordinaria, i pm Lorenzo del Giudice e Giorgio Orano hanno chiesto il rinvio a giudizio per Aurelio De Laurentiis e Andrea Chiavelli, mentre Pompilio e Giuntoli non risultano indagati. L’udienza preliminare per i due è fissata per il prossimo 6 novembre. Così non è stato però per quella sportiva

Napoli, caso plusvalenze: le differenze con l’inchiesta Prisma della Juve

Tutti i nuovi elementi emersi sono stati consegnati già ad aprile anche alla procura federale, ma il procuratore Chinè li ha giudicati non sufficienti per riaprire il processo e portare ripercussioni anche in ambito sportivo al Napoli. Eppure il procuratore fu lo stesso che nel finale della stagione 2022/2023 comminò i 10 punti di penalizzazione che non permisero alla Juventus di qualificarsi per le competizioni europee. Il reato era lo stesso, ma i dettagli emersi dalle rispettive indagini hanno portato Chinè a comportarsi in maniera differente.

Come detto, De Laurentiis è stato rinviato a giudizio per falso in bilancio e, secondo la procura, questa pratica potrebbe essere servita a gonfiare le plusvalenze del Napoli tra il 2019 e il 2021. La prima differenza con il caso della Juve si evidenzia nelle prove: infatti nell’ormai concluso processo Prisma, non emersero intercettazioni o carte di evidente natura confessoria, ed è quello che permise ai bianconeri di venire assolti sia in prima che in secondo grado nel primo processo sportivo, come il Napoli. In seguito però emersero prove più definitive contro la Juve, mentre per il club di Aurelio De Laurentiis, per il momento, non sono venuti fuori dettagli per portarli in giudizio.

Perché la Procura Figc non è intervenuta sul caso Napoli (ma potrebbe ancora farlo)

Inoltre, la giustizia sportiva ha sempre stabilito che il valore attribuito a un giocatore sia relativo, e per dimostrare l’intenzione di gonfiare i valori in bilancio servono prove certe, quelle che per la Procura Figc non ci sono nel processo De Laurentiis. E infatti la Federcalcio aveva archiviato il caso già nel 2022. Le valutazioni “gonfiate” dei tre giovani spediti al Lille nell’operazione Osimhen? Impossibile dimostrare la non corrispondenza al loro valore reale, in assenza di auto-confessioni.

La Procura Figc potrebbe ancora intervenire sulla questione Napoli, ma l’unica opzione è fortemente remota. Se nelle prove emerse dall’inchiesta di Roma ci fossero carte che non sono state già trasmesse ad aprile alla Figc, il termine per la richiesta di revocazione tornerebbe a decorrere dal momento dell’effettiva ricezione dei nuovi atti. Ma è altamente improbabile che non siano arrivati tutti i fascicoli al procuratore Chinè già ad aprile..

Napoli, la nota ufficiale dei legali

Per tornare alle nuove intercettazioni emerse, a spingere il Napoli a gonfiare il valore dei giocatori fu lo stesso ex presidente del Lille, mentre il direttore amministrativo e giuridico dei francesi, Julien Mordacq, mise in guardia l’allora ceo dei francesi, Marc Ingla: “È mio dovere metterti avvisarti di nuovo a proposito dei rischi connessi a questo affare, in ragione degli elementi che ti ho esposto verbalmente. Ogni particolare ritenuto ‘strano’ potrebbe generare domande sull’insieme di queste operazioni e bisognerà apportarvi elementi di risposta reali e giustificazioni”.

In una nota ufficiale, il Napoli esprime stupore per la diffusione a mezzo stampa di atti di indagine che, per la loro natura, avrebbero dovuto rimanere riservati, e che viola espressamente il divieto stabilito dalla legge e contravviene ai principi di riservatezza e tutela del diritto di difesa”.

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