Processo Open Arms, le motivazioni: “Il divieto di ingresso di Salvini era illegittimo, ma assegnazione porto sicuro spettava alla Spagna”

  • Postato il 19 giugno 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’assegnazione del Pos (place of safety) non spettava all’Italia, e di conseguenza a Matteo Salvini, Open Arms sbagliò a restare in “ostinata attesa” di un porto sicuro nel nostro Paese, per questo i giudici hanno assolto il leader della Lega, non senza intervenire su alcuni argomenti: il divieto di ingresso in acque italiane era illegittimo, strumentale e basato su “mere congetture”. Non solo, la logica del concedere il Pos solo dopo aver ottenuto dagli altri paesi europei un accordo per la redistribuzione adottata dal governo Conte Uno e quindi anche da Salvini, non si basa su nessuna normativa e per questo “quanto meno opinabile”.

È questo in estrema sintesi quello su cui si basa la decisione del collegio di Palermo che lo scorso 20 dicembre ha assolto Matteo Salvini dall’accusa di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. Nelle 280 pagine delle motivazioni depositate martedì 18 giugno, il presidente Roberto Murgia, giudici a latere, Andrea Innocenti ed Elisabetta Villa, pur non condividendo l’assunto dell’accusa, ritenendo che l’Italia, e di conseguenza Salvini, non fosse obbligata a concedere il Pos e quindi lo sbarco, non manca di sottolineare l’operato di Salvini e del governo Conte uno, perché fondati su basi normative di dubbia costituzionalità o addirittura su una normativa assente. Secondo il collegio giudicante, infatti, il decreto emesso da Salvini, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno, di divieto di ingresso nelle acque italiane era “illegittimo” e basato su “mere congetture”, scrive il collegio giudicante.

Il decreto si fondava, infatti, sull’assunto che qualsiasi natante battente bandiera straniera, impegnata in un’operazione di salvataggio in acque internazionali non coordinate dall’Italia – e quindi il caso di Open Arms – rappresentasse una minaccia per l’ordine pubblico. Una tesi che si basava sul decreto legge n. 53 del 2019 che aveva introdotto misure severe contro navi non italiane con sanzioni pesanti e confisca, incluse operazioni di soccorso, quel decreto, però, fu abrogato: “Era fondato – scrivono i giudici palermitani – su una normativa di dubbia costituzionalità, oggetto di rilievi critici da parte del Presidente della Repubblica in sede di promulgazione della legge e poi abrogata a distanza di un anno dalla pubblicazione, nonché, in fatto, su una mera congettura, strumentale e non sorretta da alcun serio elemento dimostrativo, ossia la possibile presenza, a bordo della Open Arms, di trafficanti di esseri umani o di criminali pericolosi per l’Italia”.

Il punto centrale sollevato dai giudici è chiaro, il salvataggio di persone in pericolo non può mai essere considerato un atto ostile: “Nel caso di operazioni dirette al salvataggio di persone in pericolo o in difficoltà – si legge nelle motivazioni della sentenza – giammai possa ritenersi il passaggio “non inoffensivo”, sì da eludere le assolutamente prioritarie esigenze di soccorso”. Il collegio palermitano riserva critiche anche alla linea politica decisa dal governo Conte Uno, ovvero quello di attendere un accordo con i paesi europei prima di assegnare un pos, ovvero di concedere lo sbarco in porti italiani: “Orbene, al di là della condivisibilità o meno delle ragioni (per lo più legate alla necessità di superare le criticità derivate all’Italia dalla Convenzione di Dublino) – scrivono i giudici – risulta evidente che tale linea non venne traslata in disposizioni normative, tantomeno di rango pari alle norme internazionali in materia Sar o a quelle interne, penali, che si contestano all’imputato. Sicché, per le medesime ragioni sopra evidenziate, pare quanto meno opinabile che le esigenze legate alla redistribuzione avrebbero di per sé potuto giustificare un ritardo nella concessione del Pos ove questo fosse stato obbligatorio”.

Considerazioni che non pesano tuttavia sul giudizio finale, perché secondo le convenzioni internazionali – argomentano i giudici – il Pos doveva essere concesso da Malta responsabile per l’area Sar in cui erano avvenuti alcuni dei soccorsi o dalla Spagna in quanto paese di bandiera della Open Arms, ma non dell’Italia: non avendo obblighi, Salvini non poteva dunque essere condannato per rifiuto d’atti d’ufficio o per sequestro di persona. Per questo il vice premier esulta: “I giudici hanno confermato che difendere l’Italia non è reatoi”. “I nostri legali stanno leggendo le 270 pagine di motivazioni. Attendiamo le valutazioni della Procura della Repubblica” ha dichiarato, invece, Oscar Camps, fondatore della Ong Open Arms. La procura guidata da Maurizio De Lucia deciderà nei prossimi giorni se fare ricorso in Appello contro la sentenza del collegio presieduto da Murgia.

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Il Fatto Quotidiano

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