Reggio, operazione “Gebbione”: Quattro arresti per ‘ndrangheta
- Postato il 13 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Reggio, operazione “Gebbione”: Quattro arresti per ‘ndrangheta
Operazione “Gebbione” a Reggio Calabria: arrestati 4 presunti membri della cosca Labate per associazione mafiosa. L’indagine del Ros ha svelato il controllo del territorio e le estorsioni.
REGGIO CALABRIA – Un’importante operazione antimafia, denominata “Gebbione”, è stata condotta all’alba di oggi, 13 maggio 2025, dal Ros (Raggruppamento Operativo Speciale) dei Carabinieri, con il supporto del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori “Calabria”. L’azione, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore della Repubblica facente funzioni Giuseppe Lombardo, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 4 persone ritenute appartenenti alla potente cosca “Labate”, egemone nel quartiere Gebbione di Reggio Calabria.
OPERAZIONE GEBBIONE: I DESTINATARI DELLE MISURE CAUTELARI.
Le misure cautelari, eseguite in carcere per Labate Michele cl.56, Labate Francesco Salvatore cl.66 e Labate Paolo cl.85, e agli arresti domiciliari per Laganà Antonino cl.71, scaturiscono da una complessa indagine del ROS avviata nel 2019. L’inchiesta ha permesso di ricostruire e riattualizzare gli assetti della cosca “Labate” nel periodo successivo agli arresti dell’operazione “Heliantus”, evidenziando la persistente e pervasiva influenza del sodalizio sul tessuto economico della zona.
IL VERTICE DELLA COSCA E IL CONTROLLO DEL TERRITORIO
Le indagini hanno svelato come i fratelli Labate Michele e Labate Francesco Salvatore abbiano assunto il vertice della cosca, approfittando dello stato di detenzione dei fratelli maggiori Labate Antonino cl.50 e Labate Pietro cl.51, quest’ultimo considerato da sempre il capo carismatico del clan dei Labate. Un ruolo centrale nelle dinamiche criminali è stato attribuito a Labate Michele, il quale, per eludere le investigazioni, aveva organizzato una sofisticata rete di comunicazioni attraverso incontri riservati in luoghi ritenuti sicuri, avvalendosi di fidati fiancheggiatori per “schermare” gli appuntamenti.
L’inchiesta ha inoltre documentato la sistematica pressione esercitata dagli indagati sugli operatori economici del territorio, costretti a subire azioni vessatorie, imposizione di prodotti alimentari e il pagamento di tangenti estorsive. In questo contesto, Labate Paolo cl.85, anche durante la detenzione del padre Michele, manteneva i rapporti con gli imprenditori collusi, agevolando e coordinando l’infiltrazione della cosca in settori economici redditizi come la grande distribuzione alimentare.
I COLLABORATORI E IL CONTROLLO DELLA MICROCRIMINALITÀ
Le indagini hanno infine evidenziato la disponibilità di fidati collaboratori da parte dei fratelli Labate Michele e Francesco Salvatore, tra cui Laganà Antonino. Quest’ultimo era incaricato di veicolare messaggi, riscuotere il pizzo, eseguire azioni ritorsive e mantenere i contatti con la comunità Rom per consentire alla cosca il controllo sulla microcriminalità locale.
Si precisa che il procedimento penale si trova attualmente nella fase delle indagini preliminari e che tutti gli indagati sono da considerarsi presunti innocenti fino a sentenza definitiva.
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