Simona Cinà, il mistero della pallavolista morta in piscina: cosa sappiamo e cosa non torna agli inquirenti

  • Postato il 3 agosto 2025
  • Di Panorama
  • 3 Visualizzazioni

Una villa affacciata sul mare di Mongerbino, frazione di Bagheria, in provincia di Palermo. Un party di laurea con circa novanta invitati, musica, luci, piscina. E un dramma che esplode nel cuore della notte, lasciando solo domande e nessuna risposta. Simona Cinà, 20 anni, promessa del volley cresciuta a Capaci, è stata trovata senza vita in una piscina grande sei metri per due, con acqua bassa, a testa in su, con graffi sul petto e senza che nessuno – almeno per diversi minuti – si accorgesse di nulla.

L’ultima notte di Simona

Secondo le prime ricostruzioni, la serata di Simona era cominciata con la solita grinta: un pomeriggio di allenamenti, qualche storia pubblicata su Instagram, poi l’arrivo al party di due amici pallavolisti a Bagheria. L’atmosfera è goliardica, l’invito circolato su WhatsApp promette “fiumi di alcol” e una battuta che oggi suona come un presagio agghiacciante: “Se a fine serata qualcuno è troppo ubriaco e cade in piscina, portate un costume in macchina”.

Alle 3:20, la sua migliore amica lascia la villa. Alle 4, qualcuno chiama il 118: Simona è stata trovata immobile in acqua. Il primo a vederla è un ragazzo che, raccontano, stava raccogliendo bicchieri di plastica. Troppo tardi: il personale sanitario tenta la rianimazione, ma la ragazza è già morta.

Il dettaglio che tormenta la famiglia è uno: tra le 3:20 e le 4, in una piscina piccola come un salotto, circondata da decine di ragazzi ancora bagnati, nessuno nota che un corpo galleggia a faccia in su.

Le ombre nella ricostruzione

Sul posto arrivano i carabinieri di Bagheria, ma la scena non somiglia a quella di una festa alcolica: niente bottiglie, niente bicchieri. Solo sacchi di plastica con bottigliette d’acqua vuote. Eppure, nell’invito, gli organizzatori promettevano di “tenere tutti idratati”, con tanto di emoji di drink. “Qualcuno ha ripulito tutto”, denuncia l’avvocato Gabriele Giambrone, legale della famiglia Cinà.

Non è l’unico punto oscuro: la villa, sebbene affittata per il party, non viene inizialmente sequestrata; i genitori di Simona scoprono della tragedia solo perché alle 4:50, preoccupati per il ritardo della figlia, chiamano il suo cellulare. A rispondere è un ragazzo: “Sta male, venite subito”. Ma quando arrivano, Simona è già morta, il suo corpo riverso a bordo piscina.

“Ci sono troppe incongruenze”, ripete Giambrone. “L’acqua era bassa, non è caduta di faccia, ma era a testa in su. Se si fosse sentita male, qualcuno avrebbe dovuto accorgersene. E quei graffi sul petto? Come se fosse stata trascinata o urtata. Vogliamo la verità”.

Le indagini e il dna

La Procura di Palermo ha sequestrato la villa e disposto l’autopsia. I carabinieri hanno sentito decine di testimoni e prelevato il dna a un ragazzo, presente alla festa, dopo il ritrovamento di tracce di sangue nella villa. Lui sostiene di essersi ferito dando un calcio per lo shock alla notizia della morte di Simona.

Resta da chiarire tutto il resto: l’orario esatto del decesso, la dinamica dell’annegamento, la posizione del corpo, le eventuali tracce di alcol o sostanze. Ogni dettaglio della scena sembra aprire un nuovo enigma.

Tra le testimonianze emergono versioni contrastanti: qualcuno sostiene che la villa fosse stata già in parte ripulita quando sono arrivati i carabinieri, altri che alcune bottiglie di alcol fossero ancora presenti sul posto. Le ore immediatamente successive al dramma restano avvolte nella confusione: molti invitati se ne erano già andati, altri erano ancora bagnati, segno che avevano nuotato poco prima. È in questo scenario sfocato che gli inquirenti stanno cercando di ricostruire cosa sia accaduto davvero, minuto per minuto.

Un nodo cruciale per gli inquirenti resta l’autopsia, che dovrà chiarire i tanti punti rimasti sospesi: se Simona sia stata colta da un malore, se vi siano tracce di sostanze in corpo, o se la dinamica raccontata dai presenti non combaci con la realtà. Le prime ore dopo la tragedia hanno lasciato più ombre che certezze, e l’esame autoptico appare oggi l’unico strumento in grado di rispondere alle domande della famiglia e mettere ordine in un racconto che finora non regge.

Il ricordo di Simona

A Capaci, il paese che l’ha vista crescere e che le ha dato la sua prima rete di pallavolo, la notizia è una ferita aperta. “Era una ragazza solare, la pallavolo era la sua vita”, ricorda Paolo Di Maggio, presidente dell’Acds Capacense Volley, dove Simona aveva militato fino allo scorso anno, prima di un Erasmus in Spagna e di un viaggio per raggiungere il fratello. “Ha insegnato ai bambini, si impegnava in tutto quello che faceva. Perdiamo una ragazza speciale e un talento che avrebbe potuto fare tanta strada”.

Il dolore di una comunità intera si intreccia con la rabbia di una famiglia che chiede risposte. A Mongerbino, restano i nastri dei carabinieri intorno a quella villa. Ma la scena vera, quella che conta, è rimasta sott’acqua, tra i minuti di buio in cui nessuno ha visto nulla, e i troppi silenzi che oggi pesano come macigni.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti