Sinner è italiano? Mettiamo fine a una inutile discussione: che differenza c’è con Schillacci?
- Postato il 20 luglio 2025
- Politica
- Di Blitz
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Jannik Sinner è italiano e lo dice: “Sono orgoglioso di essere italiano”. “Sempre, e sono molto orgoglioso di esserlo: a 7 anni facevo i campionati di sci coi ragazzini italiani, a 14 in Liguria i miei compagni erano italiani. Ma poi, noi parliamo il nostro dialetto tedesco, ma anche in Sicilia parlano un dialetto che nelle altre parti d’Italia non capiscono, no?”.
Rispondete a questa domanda: è più italiano un friulano o un bergamasco o un napoletano o un siciliano?
E quando il siciliano va in America e diventa americano? Si sente americano, si arruola militare eppure sfila per Manhattan il giorno di Colombo.
Sinner è italiano come lo era Schillacci, eroe dei mondiali del ‘90. I ragazzini del campo profughi tibetani al confine col Nepal, vedendomi italiano, mi rincorrevano chiamando Schillaci. Sorridevo orgoglioso guardandomi bene dal dire: “Sono genovese, Schillacci è siciliano”.
Essere italiano è un’idea, un modo di essere, una cultura, una lingua che supera le decine di dialetti e le centinaia di sotto dialetti analizzati fin dai suoi tempi da Dante Alighieri.
Genova e Sampierdarena erano divise da una collina oggi spianata ma vi si parlano due lingue con due accenti diversi.
Sinner è altoatesino, è nato 22 anni fa a San Candido in provincia di Bolzano e non è un segreto che è di madrelingua tedesca, da piccolo non parlava italiano. Ma lo è, eccome se lo è, e le sue parole trasudano di orgoglio quando gli viene chiesto se si è sempre sentito italiano al 100%: “Sempre, e sono molto orgoglioso di esserlo: a 7 anni facevo i campionati di sci coi ragazzini italiani, a 14 in Liguria i miei compagni erano italiani.
L’accento di Sinner

A sentirlo, Sinner parla come un giovane di oggi, a Nord come al Centro d’Italia. In effetti vive in Riviera da dieci anni e il suo eloquio è quello di un giovane colto di quelle parti.
L’accento della tua terra te lo porti dietro tutta la vita. Io sono nato a Genova 80 anni fa e vivo a Roma da 40. A Genova passo per romano ma a Roma ancor oggi il genovese viene fuori.
Sinner parla anche tedesco, la sua lingua madre, che poi non è il tedesco di Prussia o Sassonia o Renania. D’altra parte l’Alto Adige o Sud Tirolo, non è Germania, ma il Meridione dell’Austria. Essere annessi all’Italia nel 1918 fu la loro fortuna.
Certo gli altoatesini guardano storto gli altri italiani: “Typische italienisch” sospirò guardandomi un po’ sprezzante la commessa di un panettiere a Bolzano 30 anni fa.
Ma lo stesso fanno a Portofino con i Milanesi, guardandoli con sospetto perché spendono e sono sempre “ricchi”.
Anni fa nel Gruppo Espresso c’era un dirigente genovese che detestava, con ragione, un collega siciliano. Più di una volta lo rasserenai dicendogli, in dialetto: “cosa ci vuoi fare, è un gabibbo”.
Gabibbo viene da habib, amico. I naviganti genovesi lo avevano imparato in Medio Oriente e lo avevano esteso ai nostri immigrati meridionali. Mia madre detestava il vicino di casa campano e lo chiamava gabibbo. Antonio Ricci ha chiamato gabibbo quel personaggio tutto rosso del suo programma.
Italia espressione geografica
Secondo Metternich l’Italia è una “espressione geografica”. Così diceva il cancelliere austriaco due secoli fa.
E quella era l’apparenza del mix etnico di un Paese diviso da dieci secoli di invasioni per volontà del Papato, colonia di spagnoli, francesi, austriaci per oltre un millennio.
Essere italiano è motivo di orgoglio. Siamo usciti da una guerra devastante, in pochi anni siamo passati da una terra di contadini poveri a una delle prime potenze industriali del mondo, abbiamo ridotto la povertà dal 90 al 10% della popolazione.
Ma oltre il contingente, l’Italia è e fu una nazione con la sua identità che affonda nella notte dei tempi. Capace di elaborare una lingua e una cultura che hanno dato al mondo Dante e Michelangelo e anche Enrico Fermi.
Alle nostre origini ci sono quei 5 milioni di esseri umani sopravvissuti alle guerre che sconvolsero l’Italia alla fine dell’impero romano d’occidente. In origine erano i liguri, poi arrivarono etruschi, fenici, greci, latini, veneti, celti, arabi e via via tante tribù di tante provenienze.
I più erano schiavi provenienti da ogni angolo del mondo. Erano la base della classe dei contadini trasformata in classe operaia negli anni ‘50 e ‘60, oggi impiegati e funzionari pubblici.
Nel giro di qualche secolo a quelli si sovrapposero un milione di invasori dal nord della Germania e dal Medio Oriente e dal Nord Africa, che costituirono il nucleo della classe dirigente italiana nei successivi 15 secoli.
Forse solo Venezia mantenne una sua identità etnica complessiva. Anche Genova e la Liguria, terre impervie, finirono sotto i longobardi, anche se alla fine prevalse l’anima del luogo trasformando i guerrieri bavaresi in navigatori, conquistatori, pirati.
Il corsaro Cicala
La famiglia Cicala (arrivata fino in Calabria nelle sue proprietà) ne è emblema. Di origine bavarese, un loro illustre rampollo fu corsaro, servi il Papa, lasciò un patrimonio che sopravvive ai nostri giorni a Roma: era destinato al sollievo morale e materiale dei marinai genovesi, con ospedale e chiesa.
Se volete fare la prova, fate un test sul dna disponibile on line. Potreste perfino scoprire di avere un 5% di sangue di Neandertal.
A me, nato a Genova con sangue piemontese e romagnolo, è capitato di scoprire che ho un quarto di componente etnica meridionale. Tanti sono in America i Benedetto di origine pugliese e calabrese.
Come negare l’italianità di Sinner?
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