Sos antibiotici fai-da-te: 750mila casi l’anno infezioni urinarie

  • Postato il 27 ottobre 2025
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Sos antibiotici fai-da-te: 750mila casi l’anno infezioni urinarie

Sos antibiotici fai-da-te: 750mila infezioni urinarie l’anno in Italia. Allarme urologi: «Crescono le resistenze antimicrobiche».


Oltre 750.000 casi di infezioni urinarie ogni anno in Italia e un aumento del 18% annuale: il fenomeno è ormai fuori controllo. Ma a preoccupare gli urologi non è solo la diffusione delle infezioni, quanto l’uso improprio e indiscriminato degli antibiotici, che riguarda fino a 4 pazienti su 10. Un’abitudine che alimenta il dilagare delle resistenze antimicrobiche, una delle emergenze sanitarie più gravi del nostro tempo. A lanciare l’allarme è Giuseppe Carrieri, presidente della Società Italiana di Urologia (SIU) e docente all’Università di Foggia, in vista del 98° Congresso Nazionale della SIU, che si terrà dal 6 al 9 novembre a Sorrento.

«C’è una tendenza sempre più marcata all’autogestione – spiega Carrieri –. Poiché le infezioni urinarie sono spesso recidivanti, molti pazienti scelgono il fai-da-te: assumono antibiotici avanzati da terapie precedenti senza consultare il medico. Ma questa pratica è pericolosa, inutile e dannosa sia per il singolo che per la collettività».

Antibiotici sbagliati e usi inutili

Il meccanismo è noto ma sottovalutato: antibiotici somministrati senza indicazione, in dosi errate o per infezioni non batteriche favoriscono la selezione di ceppi resistenti. «L’antibiotico-resistenza – continua Carrieri – nasce proprio dall’uso improprio. L’assunzione “preventiva” o la terapia empirica fai-da-te, magari per un disturbo che non è neppure batterico, è un errore grave. Meglio attendere l’esame delle urine, che in pochi giorni chiarisce se si tratta davvero di infezione e quale farmaco è appropriato».

Nel frattempo, gli esperti consigliano di affidarsi al medico di base, utilizzare antinfiammatori per alleviare i sintomi, mantenere una buona idratazione e regolarizzare l’intestino. «Assumere antibiotici inutili – avverte il presidente SIU – non è mai a costo zero: può provocare effetti collaterali su reni, fegato e intestino, oltre a ridurre le future opzioni terapeutiche».

Resistenze in crescita: il caso dell’Escherichia coli

I numeri raccontano una realtà preoccupante. Fino al 50% dei ceppi di Escherichia coli, il batterio responsabile di oltre il 70% delle infezioni urinarie, è resistente ai comuni antibiotici come il trimetoprim-sulfametossazolo. Il 20-30% dei ceppi mostra inoltre resistenza ai fluorochinoloni, una delle classi più utilizzate.

La situazione è ancora più critica negli ospedali: pazienti cateterizzati o a lunga degenza sono sempre più spesso colpiti da batteri multiresistenti, difficili da trattare. Secondo la SIU, circa il 50% dei batteri isolati in pazienti con infezioni ricorrenti è resistente ad almeno tre classi di antibiotici. Una condizione che rende le cure complesse, costose e potenzialmente inefficaci.

Formazione e ricerca per cambiare rotta

La Società Italiana di Urologia sta rispondendo con una serie di iniziative di formazione e ricerca.
«Abbiamo avviato corsi a distanza per urologi, medici di base e farmacisti – spiega Carrieri – e collaborazioni con i farmacologi per sviluppare nuove molecole alternative agli antibiotici tradizionali». Parallelamente, in diversi centri italiani sono attivi programmi di “antibiotic stewardship”, cioè di uso razionale degli antibiotici. «I risultati sono incoraggianti – aggiunge –: riducendo le prescrizioni inappropriate non si compromette la sicurezza dei pazienti, ma si limita la selezione di ceppi resistenti».

Verso diagnosi più rapide e mirate

Sul fronte della diagnosi, la ricerca apre prospettive promettenti. Stanno emergendo biomarcatori innovativi come Ngal, Il-6 e Il-8, che consentono di identificare precocemente sia l’infezione urinaria sia un eventuale danno renale. «Non sono ancora di uso routinario – precisa Carrieri – ma rappresentano un passo avanti verso una medicina più personalizzata e tempestiva».

Un problema di salute pubblica

La resistenza antimicrobica non è più una minaccia futura: è già realtà. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia si registrano ogni anno oltre 10.000 decessi legati a infezioni da batteri resistenti, il numero più alto in Europa. E gli urologi avvertono: senza un cambio di rotta, l’efficacia degli antibiotici continuerà a erodersi fino a rendere inefficaci anche le cure più comuni.

L’appello finale

«Serve responsabilità da parte di tutti – conclude Carrieri –. Medici, farmacisti e pazienti devono lavorare insieme. L’antibiotico non è una panacea e non va usato senza indicazione medica. Solo un approccio consapevole e coordinato può arginare la crescita della resistenza e garantire cure efficaci anche in futuro».

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