Trump fa il mediatore tra Thailandia e Cambogia. Senza pace nessun accordo commerciale
- Postato il 26 luglio 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Il presidente statunitense, Donald Trump, ha dichiarato sabato, in un post pubblicato su Truth Social, di aver parlato con il primo ministro della Cambogia per fermare la guerra con la Thailandia e che sta contattando anche il primo ministro ad interim thailandese per sollecitare un cessate il fuoco immediato. Trump dice che sta contattando “per chiedere anche a lui un cessate il fuoco, e la FINE della guerra, che è attualmente in corso”. Il presidente americano è al lavoro diplomatico dal campo da golf di sua proprietà a Turnberry, nell’Ayrshire, in Scozia — dove ha giocato a golf con suo figlio Eric e l’ambasciatore statunitense nel Regno Unito, prima degli incontri ufficiali con Ursula von der Leyen e Keir Starmer.
Secondo Trump, è una coincidenza che gli Stati Uniti stiano negoziando accordi commerciali con entrambi i Paesi proprio in questo momento. Ma ha voluto essere chiaro: “Non voglio fare alcun accordo con nessuno dei due Paesi, se stanno combattendo, e gliel’ho detto chiaramente!”.
Trump ha poi aggiunto: “La chiamata con la Thailandia è in corso proprio ora. Quella con la Cambogia è terminata, ma mi aspetto di richiamare per discutere la fine della guerra e il cessate il fuoco, in base a ciò che dirà la Thailandia.”
Ha concluso dicendo: “Sto cercando di semplificare una situazione complessa! Molte persone stanno morendo in questa guerra, ma mi ricorda molto il conflitto tra Pakistan e India, che è stato portato a una conclusione positiva”.
I recenti sforzi di Trump per mediare un cessate il fuoco tra Cambogia e Thailandia si inseriscono nel suo approccio transazionale alla diplomazia, che combina pressioni economiche e negoziati diretti, come già visto nei successi parziali con India-Pakistan, Ruanda-Congo, Russia-Ucraina e Israele-Iran.
Questi risultati, seppur fragili e spesso contestati, alimentano la sua ambizione per essere candidato al Premio Nobel per la Pace, un riconoscimento che Trump vede come una consacrazione del suo ruolo di “pacificatore”.
Tuttavia, la complessità di questi conflitti, unita alla natura controversa delle sue azioni militari e alla percezione di un’agenda più legata alla vanità personale che a una strategia coerente, rende improbabile che il comitato di Oslo accolga le sue candidature, nonostante il sostegno di figure come Benjamin Netanyahu e il governo pakistano.
La sua insistenza su successi diplomatici, come il paragone tra il conflitto Cambogia-Thailandia e quello India-Pakistan, evidenzia un approccio che privilegia annunci trionfali rispetto a soluzioni durature, lasciando aperte domande sulla sostenibilità dei suoi interventi.