Ultraprocessati: il nuovo tabacco?

  • Postato il 20 novembre 2025
  • Di Focus.it
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Due settimane di pasti a base di cibi ultraprocessati sono sufficienti a cambiare il modo di alimentarsi dei giovani adulti. Secondo uno studio che ha indagato gli effetti di una dieta satura di cibi industriali e iperlavorati, ricchi di additivi e coloranti, sui ragazzi statunitensi, dopo 15 giorni di questo regime alimentare aumenta, tra i 18-21enni, il desiderio di cibi calorici, anche quando non si ha davvero fame. Una pulsione che può aprire le porte all'obesità, malattia che nel 2050 potrebbe riguardare un giovane americano su tre. La ricerca, finanziata dai National Institutes of Health statunitensi, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Obesity.. Diete a confronto. Gli scienziati del Virginia Tech hanno reclutato 27 ragazze e ragazzi tra i 18 e i 25 anni che hanno nutrito per due settimane in due modi agli antipodi: in un caso, con un'alimentazione basata per l'81% su cibi ultraprocessati, come snack dolci e salati confezionati, cereali, bevande aromatizzate e yogurt alla frutta, nell'altro con prodotti semplici e non lavorati come yogurt bianco, verdura, legumi e frutta secca. . A differenza di altri studi condotti in passato sugli ultraprocessati, in questo le diete sono state attentamente calibrate sul fabbisogno energetico dei ragazzi così da mantenere stabile il loro peso. Inoltre, i due piani alimentari si equivalevano quanto a fibre, zuccheri aggiunti, densità energetica, e per quanto possibile anche quanto a macronutrienti, vitamine e minerali. In questo modo si è potuto misurare l'effetto dell'iperlavorazione industriale del cibo, che non dipende strettamente dagli ingredienti che il cibo contiene, o comunque non solo: c'entrano il packaging, il processo di lavorazione, la texture... Inoltre, poiché i partecipanti non sono ingrassati nel corso della dieta, durante lo studio non è cambiato il loro fabbisogno energetico.. Gli effetti sui più giovani. Ogni partecipante ha seguito entrambe le diete a distanza di un periodo di 4 settimane in cui è tornato ai normali ritmi alimentari, facendo da soggetto di controllo a se stesso. Dopo due settimane di cibi ultraprocessati, cioè ricchi di aromi e sapori non riproducibili a casa o usciti da processi di lavorazione industriale che snaturano gli ingredienti di partenza, i ragazzi del sottogruppo 18-21 anni hanno consumato più calorie quando sono stati messi davanti a un buffet "all you can it", liberi di scegliersi la colazione. Non solo: hanno scelto più spesso di assaggiare vari snack anche se non avevano più fame. Come spiega Alex DiFeliceantonio, uno degli autori dello studio, esperto di meccanismi di scelta alimentare: «Fare spuntini quando non si ha fame è un importante fattore predittivo del futuro aumento di peso nei giovani, e sembra che l'esposizione a cibi ultraprocessati aumenti questa tendenza negli adolescenti». Tra i 22-25enni, invece, la dieta assegnata non ha avuto impatti né sulle calorie totali assunte al buffet, né sulla prevalenza di cibi ultraprocessati scelti in quella stessa occasione.. Ultraprocessati: un problema sociale. Futuri studi dovranno appurare se gli stessi meccanismi entrino in gioco anche nei ragazzi di altre fasce di età: adolescenti e giovani adulti sono più vulnerabili ai cambiamenti alimentari perché si trovano in un momento di vita in cui mutano le abitudini e i contesti in cui ci si nutre. Innescare una dipendenza da ultraprocessati a queste età rischia di porre le basi per un problema di obesità futuro.. In contemporanea allo studio su Obesity è comparsa sul Lancet una serie di revisioni sugli ultraprocessati che fa il punto sulla loro diffusione, sui danni che causano e sulle responsabilità dei loro effetti. Secondo Carlos Monteiro, professore del Dipartimento di Nutrizione della Scuola di Salute Pubblica dell'Università di San Paolo in Brasile e fondatore degli studi sugli ultra-processati, nonché del sistema di classificazione per distinguerli dagli altri cibi, «gli ultraprocessati stanno rimodellando le diete in tutto il mondo, sostituendo cibi e pasti freschi e minimamente trasformati». Secondo Monteiro e colleghi, questi cibi stanno peggiorando la qualità dell'alimentazione, favorendo l'assunzione di cibo in eccesso e il contatto con additivi chimici pericolosi. Inoltre, contribuiscono alla diffusione di molte malattie croniche, come diabete di tipo 2, obesità, problemi cardiovascolari, depressione, oltre ad essere associati in modo sempre più evidente a morte precoce per ogni causa.. Non è un problema dei singoli. Gli autori sottolineano che la responsabilità di fare scelte alimentari diverse non può essere addossata alle singole persone, costrette a mettere nel carrello alimenti economici, altamente pubblicizzati, pensati appositamente per risultare facili da consumare e irrinunciabili, una volta che si è cominciato a mangiarli. Servono politiche sanitarie coordinate per ridurre la produzione, il marketing e il consumo dei cibi ultraprocessati, da segnalare ai consumatori con etichette apposite; allo stesso tempo è urgente migliorare l'accesso ad alternative sane, che devono essere rese economiche e facili da reperire in ogni contesto (a partire dalle scuole, come è stato fatto in Brasile: nel Paese, dal 2026, il 90% del cibo nelle mense scolastiche dovrà essere fresco e minimamente lavorato)..
Autore
Focus.it

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