Un modo nuovo di stare in mezzo

  • Postato il 9 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Un modo nuovo di stare in mezzo

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La fumata bianca di San Pietro si annuncia come la misura di una nuova spiritualità per il mondo. La sua sostanza si coglie nelle prime sagge parole di Leone XIV dalla loggia del palazzo apostolico. La sua urgenza si legge invece in controluce nell’attesa, più grande del solito, che il Conclave ha acceso in ogni dove. È come se alla Chiesa, e al nuovo presule universale, si chiedesse la sintesi e la ricomposizione delle tante, e mai così divergenti, traiettorie della laicità.

La geopolitica ha mostrato, dietro il dialogo dei sordi, l’abisso in cui le «ragioni» e le «passioni» umane possono portare i potenti e i loro popoli. Riconnetterle entrambe a una qualche forma di limite e di responsabilità è il compito che il neoeletto Papa da oggi assume.

Se sarà un compito all’altezza di questo schivo americano-latino, ignoto al grande pubblico ancorché apprezzato come punto di mediazione di una Chiesa smarrita e divisa, lo dirà la storia. La stessa storia che, con un’accelerazione e una frattura senza precedenti, gli consegna una precisa missione pastorale e politica.

In pochi mesi abbiamo attraversato con smarrimento un cambio d’epoca: l’ordine costruito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e i principi e le alleanze a esso sottesi, sono andati in frantumi, dietro la forza d’urto di logiche di potenza costruite con l’illusione di ideologie passatiste ed entro l’angustia di revanche regressive. Fronteggiarle, limitarle, piegarle a un compromesso, in cui possa tornare a germogliare la pace, richiede una forza magisteriale che solo la Chiesa può avere.

A patto che torni a percepirsi nella sua forma istituzionale più alta e più autorevole.
Come ha scritto Luca Bagetto ieri su queste colonne, è la ricostituzione della forma il primo e più importante obiettivo del Pontificato. Forma di un’indipendenza con cui sia doveroso confrontarsi, e insieme codice capace di ripristinare tutte le intermediazioni che fanno, all’interno, la vitalità di una religione universale e, all’esterno, la necessaria relazione con il mondo.


Per questo le due settimane che separano la morte di Francesco e l’elezione di Leone sembrano già un tempo infinito, in cui sfumano le suggestioni, tutte personali, del Papa argentino. E l’esperienza suggerisce l’ipotesi che la cifra messianica, che pure ci è parsa segnare il suo magistero, sarà archiviata in breve tempo come una suggestiva ma effimera epifania mediatica.


La forma sarà anche la condizione di un pragmatismo necessario per affrontare i mali e le incompiute che sono da oggi nell’agenda del nuovo Papa: dal modo con cui conciliare ricristianizzazione e secolarizzazione dell’Occidente alla composizione dei conflitti che affliggono dall’interno la Chiesa, aprendo profonde linee di faglia tra centro e periferie, o tra custodi dell’ortodossia e fautori del cambiamento.

Fino al rapporto dell’Istituzione con il mondo, nella sua dimensione religiosa, cioè legata al dialogo e al confronto con le altre fedi, e temporale, cioè riferita al rapporto con quei regimi, vedi Cina, che pretendono un assoggettamento della fede alle necessità del controllo sociale.
Si tratta di sfide e problemi che interpellano la strategia della Chiesa ormai da decenni e che i dodici anni di Francesco non hanno risolto. Da oggi chiamano il nuovo Papa a un discernimento, una coerenza e una perseveranza che l’assenza o la fragilità di leadership democratiche nel mondo fanno più urgenti e più politicamente decisive.

Potrebbe dirsi in un certo senso che la crisi della democrazia consegna al Cristianesimo un’inedita supplenza politica. Mai come ora la misura dell’esperienza cristiana appare il riflesso di quella disposizione al riconoscimento, all’ascolto e al compromesso con cui l’architettura delle democrazie liberali può ritrovare un suo equilibrio.

Ed è quantomeno un segnale la scelta del Papa di attribuirsi il nome dell’autore della «Rerum Novarum», l’Enciclica sociale con cui la Chiesa si dà forma mediana nel cuore del primo conflitto sociale dell’età contemporanea, quello aperto dalla Rivoluzione industriale. Al tempo in cui tutte le forme del mondo tornano drammaticamente a scricchiolare, la forma della Chiesa può riproporsi come la sostanza più autentica dello scandalo cristiano. In bocca al lupo, Leone!

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