US Open Draper con Musetti e Sinner. Nella testa di Jack, dove c'è una certa idea del mondo

  • Postato il 22 agosto 2025
  • Di Virgilio.it
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Nella testa di Jack, dove c’è una certa idea di mondo. Jack è Jack Draper, che arriva allo US Open 2025 come chi si trova a un bivio. O esplode o continua a galleggiare. È nella metà di tabellone di Jannik Sinner, con un possibile incrocio ai quarti con l’azzurro: il sorteggio ha detto che il suo torneo “passa” da lì. E potrebbe passare, prima ancora, pure per Lorenzo Musetti, certo: possibile incrocio ai quarti di finale, la statistica dice che Musetti contro Draper non ha mai vinto. E se la statistica conta qualcosa è perché incide, indirettamente, anche sulla psicologia.

È un dettaglio tecnico e, insieme, una perfetta cornice narrativa per il giocatore che negli ultimi dodici mesi è diventato il nuovo standard-bearer del tennis britannico. New York, per Jack, rappresenta è quel bivio lì: consolidarsi tra i pochissimi o tornare a inseguire. E con buona pace per Draper, l’amico Jannik anche stavolta è uno spartiacque.

Draper è l’erede di Murray?

La pressione è reale e documentata: a Wimbledon 2025 Draper ha giocato coi fari in faccia (“leader” della pattuglia inglese), protagonista assoluto di un dibattito che nel Regno Unito torna ogni tanto a farsi vivo – chi sarà l’erede di Murray? – e che oggi, volente o nolente, ha il suo volto.

Ma all’All England club le cose non sono andate così bene: fuori al secondo turno contro Cilic, dopo che le aspettative su Draper erano aumentate al termine di un 2024 che lo aveva visto arrivare fino alle semifinali degli US Open, vincere il titolo più importante della carriera a Indian Wells e raggiungere la finale a Madrid. Tutto frutto di una notevole evoluzione fisica che gli ha consentito di confrontarsi anche con i migliori.

Eppure la differenza più profonda è un’altra: nel 2024-25 ha smesso di chiedersi se dentro l’élite della racchetta può starci con agio e ha cominciato a pensare che sì, Jack li dentro ci può stare benissimo. “Mi sento sempre come se dovessi dimostrare qualcosa… a tutti, e a me stesso”, ha raccontato in primavera. È una frase che ne dettaglia l’evoluzione.

Draper e l’età della consapevolezza

Recentemente, Draper ha raccontato al Guardian il suo processo di crescita. Parlando dei primi passi da tennista racconta che “da giovane mi piaceva solo allenarmi un po’, tornare a casa, mangiare patatine e guardare la TV tutto il giorno…”.

“Non avevo la mentalità del lavoro. Entri nel mondo del tennis e il cambiamento è brutale: se vuoi essere bravo, devi maturare e diventare adulto a 20 anni. Non ero ancora pronto; non volevo impegnarmi duramente. Non volevo fare sacrifici. Non volevo essere un professionista. Non volevo fare tutto quello che serve”.

Un infortunio lo ha segnato: “Ho capito che dovevo davvero cambiare. Sono orgoglioso: ho deciso di essere diverso e da lì i risultati sono arrivati. Molte cose positive sono figlie della volontà: imparare a crescere, diventare una persona migliore, indipendente. Più uomo”.

L’età della consapevolezza di Jack Draper:Ora che sento di avere un obiettivo e uno scopo più grandi, voglio impegnarmi e progredire. È tutto ciò a cui penso. Quando ho giorni liberi o periodi in cui sono infortunato e non posso né giocare né allenarmi, trovo tutto più difficile”.

Oggi Jack è il professionista che si è assunto responsabilità: casa, cucina, lavatrici, viaggi organizzati. Giornate minimaliste, sane abitudini (musica, centratura, respiro) e poco rumore. Draper non spreca più energie ad abbozzare cornici e decantare il backstage. Ha scoperto la vita da atleta.

Murray e Nadal: le ispirazioni di Draper

Se gli chiedi di farti due nomi, solo due, sono gli stessi da sempre: Murray e Nadal. Di Andy ha recepito lo spessore morale e professionale — l’emblema di chi non si è mai arreso — fino a creare un filo diretto: “Guardando Andy, penso a ciò che ha ottenuto nello sport mentre primeggiavano i Big Three: l’ho visto giocare nel corso degli anni, tra miriadi di vicissitudini e sempre riemerso, che fosse per vincere Wimbledon o per spazzare via ogni alibi, anche quando gli infortuni sono diventati serissimi. Murray, peraltro, è diventato un estimatore di Jack: da tempo va dicendo che Draper può arrivare “in cima al mondo”. Parola di chi, quella cima, l’ha scalata.

Nadal, invece, è perché, tra tutti, ha traslato il linguaggio del corpo in scrittura incisiva, la feroce continuità – punto su punto – in grammatica competitiva che Draper ha provato sulla pelle il giorno del debutto all’Australian Open. 2023: Nadal definì il sorteggio “uno dei primi turni più duri possibili” e gli riconobbe “un grande futuro”.

“Penso che Rafa abbia uno stile iconico: il modo in cui ha lottato su ogni punto, il modo in cui ha vissuto il tennis in campo e fuori. Penso che sì, quei due… Rafa, iconico; Andy mi ha ispirato per cosa è riuscito a fare”, ha raccontato Draper.

Sul piano tecnico e comportamentale — colpi, geometrie, abitudini — adesso l’influenza è evidente. Il servizio mancino, la disponibilità a forzare col dritto in topspin pesante, il lavoro di peso di palla – ti mette addosso, ti spinge indietro -, la cura maniacale nella costruzione del punto: un lessico che sta tra il vocabolario di Rafa e quello di Andy.

Jack Draper e Jannik Sinner concludono la semifinale US Open del 2024 con un abbraccio dopo la vittoria dell’azzurro

Jack Draper e la Nigeria

Le basi della scuola di Draper stanno anche fuori dai palazzi del tour. A Lagos, da ragazzino, muovendo i primi passi nel circuito professionistico in un torneo da 15.000 dollari dell’ITF World Tennis Tour, scopre un tennis essenziale: “C’era così tanta umidità che avevo l’impugnatura della racchetta bagnata. La mettevo in un contenitore e i ragazzi litigavano per averla. C’era l’energia della gente del posto, tanta passione per il tennis “.

Venire dal Regno Unito e finire in Nigeria. Dice Draper: “Ha aiutato il mio modo di vedere la vita”. Un primo step per Jack: lontano da casa, dal benessere, dalla bambagia. La Nigeria per Draper è stata una botta di vitalità.

Draper, la Polo usata del 2013 e nonna Brenda

Lontano dai campi Draper non è più attratto dai cliché. Gli eccessi sono diventati ingombranti: guida ancora una Polo del 2013 di seconda mano, riempie il frigo da solo, ha pure imparato a cucinare. Il glamour e lo star sistem è attratto da Jack ma è una corte che ha iniziato a declinare: “Dicono che ho un contratto da modello, in realtà ho fatto solo un paio di servizi fotografici”.

Poi c’è la trama più intima e la sfera privata: l’impegno con l’Alzheimer’s Society nasce dal rapporto con nonna Brenda e la malattia. Ne ha parlato senza retorica — “Ricordo quanto le fossi vicino” — trasformando il dolore in opportunità. “Guardi la persona che ami, ti rendi conto che non capisce più chi sei o cosa le sta succedendo. L’Alzheimer ha diverse fasi. Prima non pensi più correttamente, perdi la memoria. Poi, la fase peggiore: fisicamente pronto ma non riesci più a fare le cose”, ha raccontato Jack al Telegraph.

Jack & Jannik (e la pasta)

Con Sinner c’è un legame profondo che non ha nulla di costruito e di artefatto: coetanei, le sessioni a Monaco, le confidenze di spogliatoio. I due vanno d’accordissimo. Nel 2025, piena bufera Clostebol, Draper ha preso posizione in tre minuti: “Non merita odio, è un ragazzo molto gentile e una brava persona”, sottolineandone l’integrità morale prima che sportiva. “Quando la gente mi chiede di lui, o di chiunque altro, dico la verità. E di Jannik penso sia una persona davvero genuina”.

Fa curriculum anche questo, nei trascorsi di Draper: è un curriculum valoriale, umano perché quando il numero 1 al mondo finisce coinvolto in una narrazione tossica, schierarsi da una parte o dall’altra è difficile. E schierarsi con Sinner quella volta, senza se e senza ma, lo era anche di più.

Il tono è quello di un’amicizia di lunga data: “Ci mandiamo messaggi nei momenti belli e in quelli brutti. Il tennis uno sport difficile da praticare quando sei giovane. Sei in viaggio, hai ritmi intensi e frenetici fisicamente ed emotivamente: è difficile, non abbiamo molti amici”.

Al Guardian ha raccontato anche un curioso aneddoto. Jack ha chiesto consiglio a Jannik ma il tennis non c’entrava nulla. No era per capire come migliorare il servizio o qualche colpo in slice: si è rivolto a Sinner per chiedergli come cucinare la pasta: “Non sapevo cucinare niente. Lui è italiano, quindi pensavo sapesse fare la pasta. Avrei dovuto chiedere a mia madre, ma non l’ho fatto. Jannik l’ha cucinata, era molto buona e poi e mi ha insegnato a farla”.

Dai fornelli allo US Open, da un piatto di pasta condiviso a un possibile quarto di finale, uno contro l’altro. La svolta di Jack passa anche per Sinner.

Jack Draper e la resilienza

New York 2024: in semifinale contro Sinner Jack sta male, vomita più volte a bordo campo. Non si ritira (“Non mi è mai passato per la testa di farlo”), gioca finché è possibile. Quella partita l’ha persa, ma ha vinto un’etichetta: resilienza. Da lì in avanti ha infilato upgrade tecnici e organizzativi: gestione di sé, dei propri limiti, del contesto.

Un altro episodio è di quest’anno, al Queen’s: perde in semifinale con Lehecka e durante l’incontro spacca la racchetta contro uno dei tabelloni elettronici. Si scuserà per spiegarla così: “non giustifico il mio comportamento, stavo cercando di tirare fuori tutto quello che avevo, di competere su ogni palla ma non sono riuscito a controllare la mia rabbia. Non vorrei comportarmi così”. Era frustrazione e c’era di mezzo anche una tonsillite che gli causava fastidio da giorni. “La semifinale è stato il momento in cui mi sono sentito peggio”, ma ancora una volta “non ho mai pensato di ritirarmi. Semifinale al Queen’s: anche se mi fossi rotto una gamba non mi sarei mai ritirato”. Uno che non molla a cuor leggero, Draper.

Jack Draper, un destroso mancino

Mentre muoveva i suoi primi passi da tennista, Jack era più basso di molti suoi coetanei e l’unica via per la vittoria era forgiare tecnica e carattere. L’adolescenza: gli ha restituito tutto con gli interessi. Oggi misura 1 metro e 93.

Radicale cambiamento fisico: gli ha permesso di avere uno dei giochi più completi del circuito. Sebbene ora sia più offensivo, ha mantenuto eccellenti capacità di difesa. Il servizio mancino, potente e vario, di Draper è tra i punti di forza più evidenti, sulla costanza ci sta ancora lavorando.

Draper è destrorso “naturale” ma gioca mancino. Fa tutto con la mano destra, ma fin da bambino la racchetta l’ha presa in mano con la sinistra: “Scrivo con la destra… ma ho sempre tenuto la racchetta con la sinistra, non so da dove venga”, ha spiegato. Sul braccio sinistro, a 19 anni, ha deciso di tatuarsi la sagoma di un fulmine. Per essere audace: “bold”, in inglese, che suona simile a “bolt”, il fulmine.

Che sia Jack Draper il terzo dei New Big Three?

Draper entra allo US Open da top seed di seconda fascia, con un 1000 in bacheca e una semifinale a New York l’anno scorso. Tradotto: l’asticella si è alzata. Sinner veleggia in testa alle classifiche, Alcaraz sul pezzo e in rincorsa, Djokovic per una delle ultime zampate del vecchio leone, gli americani in ascesa. Draper non può più rimandare il confronto con i migliori: ogni Slam, da qui in poi, è un esame.

L’assenza dai campi degli ultimi mesi lo rende un’incognita, sebbene sia nel pieno della miglior stagione della carriera e arrivi a New York da semifinalista in carica. Le ultime notizie dicono che Draper in allenamento sta facendo molto bene, ma è tutto un se. Tutto un boh.

Intanto, nel Regno Unito e non solo, le aspettative crescono: gli appassionati di tennis attendono da tempo un terzo incomodo che renda ancora più avvincente il dualismo Sinner-Alcaraz. Serve uno che fracassi la monotonia. Che sia Draper il terzo dei “New Big Three”? Il momento dell’attesa è finito. Il primo step si chiama Flushing Meadows. E lo Slam sta per iniziare.

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Virgilio.it

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