Virtuale, fisico e concettuale. Tre artisti a Roma e la loro riflessione sul movimento
- Postato il 23 aprile 2025
- Arti Visive
- Di Artribune
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Letizia Calori, Ornella Cardillo e Axel Gouala. Questi i tre artisti che, nella mostra Materials and Motions, alla Galleria Eugenia Delfini di Roma, indagano la centralità del movimento come agente trasformante e attivante.
Il movimento interpretato in chiave virtuale da Axel Gouala
Al centro della sala, Lingua (2025), evoca una sorta di moto ondulatorio che uniforma il pavimento sottostante alla propria condizione, come se stesse inciampando su se stessa, in un riverbero di parole. L’opera in cemento dell’artista Axel Gouala (Parigi, 1987), esprime la dicotomia tra pesantezza e leggerezza. Allo stesso modo, Clic (2023), mano in ceramica smaltata su un tappetino per il mouse, il cui indice esegue, vibrante, il gesto suggerito dal titolo, riflette sulle possibili conseguenze negative insite nel rapporto tra essere umano e mondo digitale. Conseguenze dovute alla connessione con una realtà non più concreta e sostanziale ma parzialmente inafferrabile; un “non luogo” in cui, sebbene lo scollamento non sia totale per la possibilità di creare interconnessioni, l’identità assume un aspetto decentrato rispetto allo spazio fisico. Spazio che ritorna nelle due opereBanana Gloves (2022-2025) e L’Ogre (2023), in cui il corpo diviene centrale, in quanto strumento di autenticità e riconoscibilità, anche mediante pareidolia, vale a dire la ricerca e l’assegnazione di immagini e figure umane agli oggetti che fanno parte della nostra quotidianità.



Il movimento delle forme in Ornella Cardillo alla galleria Eugenia Delfini di Roma
Non è un caso che il filo conduttore di questa collettiva sia, in un qual modo, il concetto di artigianalità, che fa da sfondo alle opere esposte. Un tema evidente nei due burattini Pennacchio e Indovinello (2025) di Ornella Cardillo (Modena, 1993) che prendono forma e si animano anche attraverso l’utilizzo di materiali e tessuti legati ad intuizioni che trascendono l’esposizione in sé. L’artista, in questo caso, ha lasciato dei piccoli indizi attorno ai due personaggi, protagonisti di una storia che si svolge in parallelo, al di fuori dell’esposizione, e il cui finale rimane un enigma. Proseguendo, emerge la concezione della forma come performance teatrale figurativa, riconoscibile nelle linee geometriche di Le Luci della Città (2024) e di Noia Monumentale (2022); una scultura antropomorfa, le cui forme richiamano i contorni del cerchio, sotto al quale la possibilità di inserire un lumino diventa metafora dell’illuminazione, ovvero di nascita di nuove idee, che possono scaturire da stati di noia e staticità. Viene quasi da aspettarsi che da un momento all’altro queste sagome prendano vita, lanciandosi in movimenti sinuosi e sibillini, in una sorta di rituale simbolico.




Il movimento come elaborazione concettuale di Letizia Calori
Infine, in una specie di liturgia, questa volta più dissacrante, Letizia Calori (Bologna, 1986) espone P. (2019) il calco in cera di una camicia da lavoro appartenuta al padre, che si consuma lentamente grazie a degli stoppini inseriti al suo interno. Se il ruolo, simbolicamente ereditato attraverso l’indumento, assume in questo caso un valore catartico di distruzione e rimodulazione dei termini e delle intenzioni, con Hard Work (2022), formata da due sculture in gomma siliconica, la Calori ribadisce la perdita dello stesso, inteso come funzione originaria degli oggetti esposti: il martello e la chiave inglese che, attraverso la sua rielaborazione, diventano opere d’arte.



Dal lavoro dei tre artisti emerge quindi un rapporto col movimento, la forma e lo spazio totalmente personale, nonché una riflessione sul significato che l’elemento “corpo” assume al di fuori dei contesti ordinari e riconoscibili in quanto definibili e collocabili in sistemi predefiniti.
Beatrice Andreani
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L’articolo "Virtuale, fisico e concettuale. Tre artisti a Roma e la loro riflessione sul movimento" è apparso per la prima volta su Artribune®.