25 aprile, anche rom e sinti si batterono per la Resistenza: “Ora istituire una giornata in memoria del loro genicidio”

  • Postato il 25 aprile 2025
  • Diritti
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 3 Visualizzazioni

Il 25 aprile si ricorda l’insurrezione contro i nazifascisti, data simbolo per il movimento di Liberazione. Tra i partigiani c’erano molti perseguitati politici (oggi riuniti nell’Anppia), come rom e sinti. Che questi abbiano partecipato al movimento di Resistenza è assodato da tempo, eppure in Italia poco si conoscono le gesta delle famiglie Satori, Gabrieli e Reinhart, che combatterono sull’Appennino abruzzese nella Brigata Maiella. O quelle di Amilcare “Corsaro” Debar e Giacomo “Gnugo” Debar della Brigata del Brenta Solini, attiva al confine tra l’Emilia e la Lombardia, formata tutta da sinti fuggiti dal campo di Prignano sulla Secchia, in provincia di Modena. Amilcare Debar fu anche premiato con il diploma partigiano dal presidente della Repubblica Sandro Pertini: erano stati compagni d’armi durante la Resistenza. Per ricordarli, il deputato di Avs Devis Dori ha presentato alla Camera una proposta di legge per istituire la Giornata nazionale della memoria del genocidio dei rom e dei sinti durante la Seconda guerra mondiale, chiamato in lingua romanì Samudaripen (“tutti morti”). “Sarebbe un primo passo verso la piena integrazione del popolo rom come italiano ed europeo”, ha dichiarato Dori. “Un ulteriore passo sarà riconoscerli come minoranza linguistica con un’altra proposta di legge”.

Come molti rom furono partigiani, tanti altri furono sterminati. Ritenuti asociali e pericolosi, in Italia il fascismo iniziò il rastrellamento e l’internamento con le circolari del 1940. Tre i campi attivi: Boiano e Agnone, in provincia di Campobasso, e Tossicia, in provincia di Teramo, mentre campi di internamento invece erano sparsi per tutta la penisola, e il loro posizionamento rispetto alla linea Gustav significava vita o morte dopo i 143. È la storia di Gennaro Spinelli, padre di Santino Spinelli (vicepresidente dell’International romani Union), che si salvò perché detenuto a Rapolla, in provincia di Potenza, a sud della Gustav. Altri non furono così fortunati: con Salò iniziarono le deportazioni a Mauthausen e Dachau. È una pagina poco nota della storia, che lo scrittore francese Christian Bernadac definì “L’Olocausto dimenticato” in un testo del 1979. Da allora si è mosso poco, e non perché i rom non ne parlino. Le prime testimonianze risalgono già al 1946, grazie a Matéo Maximoff, intellettuale manouche, e agli storici ebrei Miriam Novitch e Leon Poliakof. Però solo negli anni ’90 il Samudaripen viene riconosciuto come sterminio razziale. Nel 2015 il Parlamento Europeo istituisce la Giornata in ricordo del Samudaripen e due anni prima, a Berlino, la premier Angela Merkel aveva inaugurato un Memoriale alle vittime rom, dove è incisa una poesia proprio di Santino Spinelli, che ha contribuito a diffondere consapevolezza in Italia insieme alla moglie Daniela De Rentiis, al figlio Gennaro e all’associazione Them Romanò, l’Unione delle Comunità Romanès e le 79 associazioni dell’osservatorio Ufficio Nazionale Antidisciminazione Razziale. Studiosi come Luca Bravi, Eva Rizzin, Massimo Aresu, Andrea Vitiello e Paola Trevisan lavorano per colmare questo vuoto di memoria. Anche il CNR è attivo, con una task force guidata da Sandro Turcio, ma molto resta da fare.

Finora solo il 16 dicembre 2009, nel 71° anniversario della promulgazione delle leggi razziali, la Camera ha citato la persecuzione di rom e sinti, poi basta. Il Samudaripen non è nominato nella legge che istituisce la Giornata della memoria, anche se i Comuni possono riconoscerlo: lo hanno già fatto Orsogna e Cagliari. Eppure già nel 1965, Paolo VI incontrò rom e sinti a Pomezia e alcuni di essi gli mostrarono la matricola di Auschwitz tatuata sull’avambraccio. “Lo scopo della proposta non è solo quello di garantire alla comunità rom il diritto alla memoria nel patrimonio civile e culturale dell’Italia”, ha continuato Dori (Avs), “ma anche di contribuire a combattere il pregiudizio e la discriminazione di cui questa popolazione è ancora vittima in Europa”.

La data scelta è il 2 agosto, quel giorno del 1944 vennero sterminate 2.897 persone rinchiuse nella bracca Zigeunerlager B. Avevano reagito a un primo tentativo di sterminio, il 16 maggio. In quell’occasione, armati di quel che trovarono nel campo, spedirono le SS indietro. Ad Auschwitz furono uccisi almeno 23.000 rom mentre, secondo le stime più accreditate furono circa 500.000 i rom sterminati nel Samudaripen. Nel 1984 Leonard Cohen pubblica “Dance me to the end of love”, che inizia: “Dance me to your beauty with a burning violin” (letteralmente “fammi danzare verso la tua bellezza con un violino in fiamme”). Un giornalista gli chiese: “Ha usato “burning violin” perché suona bene, vero?”. Cohen rispose che l’immagine gli era stata suggerita dai quartetti d’archi rom che dovevano accompagnare i prigionieri dei campi all’esecuzione. “In occasione dell’80°anniversario dello sterminio della popolazione rom ad Auschwitz-Birkenau, l’approvazione di questa proposta di legge incentiverebbe la riscoperta di questo genocidio nelle scuole, per mantenere viva la sua memoria storica”, ha concluso Dori.

L'articolo 25 aprile, anche rom e sinti si batterono per la Resistenza: “Ora istituire una giornata in memoria del loro genicidio” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti