“Da Scampia al Quarticciolo, non bastano gli interventi spot”: associazioni e attivisti protestano contro il modello Caivano
- Postato il 24 aprile 2025
- Diritti
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni
.png)
Il 28 marzo, il governo ha approvato il “Piano straordinario per gli interventi infrastrutturali e di riqualificazione sociale”, destinato a otto aree urbane ad alta vulnerabilità. Con un investimento complessivo di 180 milioni di euro nel triennio 2025-2027, il piano mira a replicare il modello Caivano. Tuttavia, mentre le amministrazioni locali hanno accolto con favore l’iniziativa, dopo le interlocuzioni, le associazioni esprimono preoccupazione. In particolare, a Scampia e al Quarticciolo, epicentri delle proteste contro il cosiddetto “modello Caivano”, si teme che il piano possa tradursi in interventi superficiali.
Scampia – Nella periferia Nord di Napoli, il governo prevede la bonifica di un’area tossica dove sorge il campo rom di Via Cupa Perillo. Al suo posto, un campo da rugby gestito dalle Fiamme Oro. Un intervento che però non convince chi il quartiere lo vive ogni giorno. Giuseppe Mancini, cofondatore del Coordinamento Periferie Unite, interpellato da ilfattoquotidiano.it contesta l’impostazione dell’intervento: “Il problema non è solo cosa si fa, ma come e soprattutto cosa si decide di non fare”. Per lui, il vero nodo è l’assenza di un piano strutturale e condiviso: “È vero che territori come Caivano, Quarticciolo, Scampia hanno delle carenze. Ma ognuno ha una storia, una composizione sociale, dei bisogni diversi. Non puoi pensare che quello che serve a Caivano serva anche a Scampia”.
Il timore è che si ripeta quanto già visto altrove. “A Caivano hanno riqualificato il centro sportivo ‘Pino Daniele’ con cifre esorbitanti. Anni fa per farlo bastava la metà. E oggi? La struttura è gestita dalle forze dell’ordine. Su 44 discipline, 41 sono in mano alle Fiamme Oro. I cittadini ne possono usare solo tre. È una struttura di lusso”. Secondo Mancini questi interventi non incidono sulla vita reale dei quartieri: “Quella struttura su Caivano non ha avuto nessun impatto. E ora sarà nelle mani delle Fiamme Oro solo per un anno. Poi? Chissà. Se finirà a un privato, come potrà sopravvivere? Chi investirà in una zona dove nessuno può permettersi di pagare?”.
Lo stesso schema rischia di replicarsi a Scampia. “Bonificare quell’area è giusto: io andavo a scuola lì vicino e non potevamo nemmeno aprire le finestre per i fumi tossici. Ma poi cosa fai? Un campo da rugby, dato in gestione alle forze dell’ordine? Non è questo che cambia un territorio. Il problema è che si parte da un bisogno reale ma non si costruisce nulla attorno”. Eppure Scampia è un quartiere che ha già avviato un proprio percorso di rigenerazione. “Qui la trasformazione è partita dal basso. L’abbattimento delle Vele, l’università costruita su richiesta dei cittadini, le case a misura d’uomo. È stata una lotta dal basso, non un progetto calato dall’alto”. Ora, dice Mancini, il governo dovrebbe partire da qui, non ignorare tutto questo. “Scampia confina con i poli industriali della provincia, che fanno parte della ZES. Noi diciamo: bonifichiamo e trasformiamo Scampia in una Zona Economica Speciale. In un’area con il più alto tasso di disoccupazione, il cambiamento può avvenire solo creando lavoro, opportunità e investimenti”. Perché il vero nodo resta quello: il lavoro. “Se non dai la possibilità di vivere e lavorare alle persone, stai solo costruendo vetrine vuote. Non si può vendere questa come soluzione ai problemi strutturali” spiega Mancini.
E mentre in alcune zone mancano ancora spazi pubblici e servizi essenziali, a Scampia almeno le reti sociali hanno resistito. “Qui i ragazzi sanno già come occupare il tempo: le associazioni hanno ricostruito il tessuto sociale. Spazi abbandonati sono diventati centri culturali, campetti pubblici, biblioteche. E anche la questione abitativa si sta risolvendo, con l’abbattimento delle Vele”. Ma senza lavoro, avverte Mancini, tutto questo rischia di non bastare. “Siamo contenti per il campo di rugby. Ma le persone qui scendono in piazza per il diritto al lavoro. Se il governo vuole davvero cambiare il volto di Scampia, deve investire lì. Per questo rilanciamo: trasformiamo Scampia in ZES. Diamo un futuro a chi ci vive davvero”.
Quarticciolo – Nella periferia Est di Roma, la risposta del governo è stata accolta con altrettanta perplessità. Il quartiere verrà interessato dal piano con una serie di interventi che spaziano dalla riqualificazione di aree verdi e impianti sportivi, al rifacimento delle strade, fino alla ristrutturazione e costruzione di scuole ( in cui è previsto un ridimensionato deciso dalla regione) e asili nido. Ma tra le realtà attive i dubbi restano, soprattutto su metodo, trasparenza e priorità degli interventi
Pietro Vicari, geografo, ricercatore del Politecnico di Milano e attivista di Quarticciolo Ribelle, denuncia l’opacità del processo: “Nonostante siamo arrivati alla definizione degli interventi, manca ancora chiarezza. Uno dei problemi principali è l’opacità del meccanismo, fin dall’individuazione delle aree. E ancora oggi è tutto molto poco trasparente”. Secondo Vicari, il rischio è che il governo abbia agito più per disinnescare le proteste, scaturite dalla decisione di applicare il modello Caivano, che per risolvere i problemi: “La logica è stata chiaramente quella di smorzare le tensioni. Ma non è ancora chiaro se questa sarà un’occasione persa o se ci sarà una fase successiva in cui davvero si affronteranno le questioni che i residenti pongono. Al momento viviamo in una specie di limbo, e non sappiamo quando sapremo quali saranno i prossimi passi.”
Il punto centrale, per Vicari, non sono tanto gli interventi previsti, quanto le urgenze ignorate: “Se piove nelle case, è ovvio che quello è l’intervento prioritario. Tutto il quartiere è edilizia pubblica, e se non affronti il tema dell’edilizia residenziale pubblica, stai eludendo l’elefante nella stanza. Parlano di interventi spot, ma intanto la gente vive in appartamenti fatiscenti, senza ascensori, con infiltrazioni d’acqua. È una questione di priorità”.
Il timore degli attivisti è anche che il momento di apparente apertura sia solo una pausa tattica: “Non credo che l’attacco alle realtà associative sia finito. Hanno provato a disinnescare, ma non sappiamo se stanno solo prendendo la rincorsa per tornare alla carica, se hanno cambiato obiettivo, o se davvero vorranno intervenire sul quartiere in modo diverso. Il rischio, a questo punto, è pure che non intervengano più e lascino tutto com’è” sostiene Vicari. Per questo la mobilitazione continua. Vicari annuncia che il 25 aprile, durante la manifestazione che da anni si tiene nel quadrante est di Roma, il corteo antifascista passerà per la prima volta sotto l’ex caserma: “Per noi quello è un presidio fondamentale. L’idea è mantenere viva la questione contro il modello Caivano, in un giorno di lotta e resistenza, perché non possiamo dire di aver vinto. Dobbiamo restare vigili”.
L'articolo “Da Scampia al Quarticciolo, non bastano gli interventi spot”: associazioni e attivisti protestano contro il modello Caivano proviene da Il Fatto Quotidiano.