“A 8 anni sono stata molestata da un maniaco, a 20 avevo l’autista e guadagnavo 10mila euro al mese. La mia carriera è un bluff, mi è andata di c**o”: parla Camila Raznovich
- Postato il 12 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“Noi uterine viaggiamo su più livelli di pensiero contemporaneamente: creiamo casino, ma nel casino poi troviamo l’ordine”. Una conversazione che è un arabesco di pensieri, un flusso di coscienza che apre parentesi, le chiude e torna al punto con ironia tagliente. A più di vent’anni da “Loveline“, il programma cult che ha segnato un’epoca, Camila Raznovich torna a parlare di sesso, ma questa volta in teatro, con lo spettacolo-evento “Lovelive” (il 25 ottobre al Lirico di Milano), al fianco del sessuologo Maurizio Bini. E ora si racconta a cuore aperto in una lunga intervista al Corriere della Sera.
Quali sono i tabù più radicati, oggi, in Italia? Per Raznovich, il primo è senza dubbio la masturbazione femminile: “Quando la mamma di un maschio trova la porta chiusa ne va tutta fiera. La femmina che si masturba oscilla tra la malata di mente e la maniaca”. Il secondo, l’omosessualità maschile: “La penetrazione non viene accettata facilmente. Quella femminile invece è liquidata con una frase: è una fase”. E il terzo, “un’attitudine punitiva all’orgasmo” in generale. “L’idea del fare l’amore, in questa cultura così fortemente cattolica, si giustifica con l’atto di procreare. A 16 anni bisognerebbe fare altri discorsi: fai l’amore per godere”.
Il racconto si sposta poi sul privato, un tumulto di contraddizioni che affonda le radici in un’infanzia nomade, tra Milano, Londra e l’India, al seguito dei genitori seguaci di Osho. Una vita “senza regole” che inizialmente le sembrava un “parco giochi”, ma che con il tempo ha imparato a vedere sotto un’altra luce: “Sono stata molestata a otto anni, fuori da scuola c’era sempre il maniaco che ce lo faceva vedere, sul tram quelli che si strusciavano: forse è cambiata l’attitudine e la protezione dei genitori. Quando cresci capisci che c’era una dose di irresponsabilità e di immaturità da parte di adulti che hanno messo a rischio la vita di tanti ragazzini. Più che fastidio è arrivato un totale rifiuto”. Quando l’ha capito? “Quando sono diventata mamma. Pensavo: ma cosa diavolo avevano in testa i miei genitori?”. Oggi, si definisce “hippie e borghese” e, soprattutto, “la mamma più severa di tutto il quartiere”. Per le sue figlie non esistono paghette né premi per i buoni voti. “Io lavoro e guadagno per mantenervi, il vostro lavoro è lo studio”. E se le amiche hanno il motorino? “Alle mie figlie dico: e sticazzi?”.
Questa insofferenza alle regole si riflette anche nella sua vita sentimentale. Sposata, vive una relazione a distanza con il marito, che abita a Parigi: “Così il desiderio rimane sempre alto e sembra di vivere in una relazione tra amanti“. Si vedono una settimana sì e una no. La routine, dice, “mi fa una paura bestia. Non potrei convivere con un uomo e le sue piccole manie”. E poi c’è il problema del cuscino: “La mattina non sopporto di vedere il cuscino con la forma della sua testa“. Una patologia? “Ho dichiarato subito che vado in terapia”, ride. Dietro l’ironia, c’è un’esigenza profonda: “Anche dopo otto anni mi aspetto che tu sia ancora innamorato perso di me. Nella mia testa esisto solo io, quindi mi devi dire che mi ami, mi devi portare i fiori”. Un egocentrismo che, ammette, da 1 a 10 vale “un bel 12”.
Infine, una riflessione sul suo lavoro, iniziato a 19 anni con un “bluff” a MTV che dura da trent’anni: “Chiunque faccia il mio mestiere è un po’ un saltimbanco. C’è una dose di cialtroneria, totalmente. A tutti noi è andata molto bene. A Roma dicono: “Ma magari ci cascano”. Ecco, ci sono cascati. Non ho la laurea, mi è andata un po’ di culo e io questo non me lo devo mai dimenticare. Mi aspetto che le mie figlie prendano come minimo due lauree e abbiano dei mestieri veri”: E ancora, è un fiume in piena: “Ho sempre avuto la faccia come il culo, sono sempre stata il tipo che pensa: guardatemi. All’inizio mi sono montata la testa, guadagnavo tanto, 90mila sterline all’anno nel 1995. Un botto. Avevamo l’autista. Difficile mantenere i piedi per terra. Mi sono regalata un Rolex pagato tremila sterline. E poi la casa a Londra. Per l’orologio mi batteva il cuore, ero emozionata, un po’ anche mi vergognavo. Non avevo mai avuto un oggetto mio neanche all’epoca dei paninari quando sognavo la borsa Naj Oleari e le Timberland ma figurarsi mia madre. Cercavo disperatamente di entrare nella borghesia milanese dopo dieci anni da hippy: soffrivo di non appartenere a un branco, di non omologarmi, anche se poi è stata la mia grande ricchezza”.
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