A Colturano continua l’inquinamento delle acque nel disinteresse delle istituzioni
- Postato il 3 maggio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Negli ultimi anni, la crescente attenzione verso i temi ambientali ha portato alla luce numerosi casi di inquinamento industriale che hanno minacciato e ridotto la salute dei cittadini e la sostenibilità degli ecosistemi. Tuttavia, nonostante le denunce delle associazioni ambientaliste e l’indignazione della società civile, molte volte le risposte delle istituzioni sono lente, inadeguate o, in alcuni casi, del tutto assenti.
Un esempio emblematico di questa dinamica è rappresentato dal caso denunciato agli enti preposti il 17 febbraio 2022 a Colturano, piccolo abitato a sud dell’area metropolitana milanese. Nel comune lombardo, questo ennesimo episodio, ha sollevato preoccupazioni tra i residenti e le organizzazioni ambientaliste locali. Tant’è che alcune associazioni ambientaliste (Associazione del Parco Agricolo Sud Milano, WWF Martesana Sud Milano e Legambiente) hanno denunciato lo sversamento illecito di sostanze tossiche in un corso d’acqua nei pressi del paese, che ha provocato gravi danni all’ambiente circostante. L’inquinamento, seppur denunciato tempestivamente, è stato sottovalutato dalle autorità competenti.
I risultati degli accertamenti analitici prodotti fin da subito da Arpa Lombardia e alcuni mesi dopo prodotti anche da Arc e Lab Analysis hanno rilevato valori nelle acque, nei fanghi e nei terreni in verifica di nichel e cromo ampiamente superiori ai limiti consentiti dalla normativa vigente. Gli scarichi domestici non possono avere queste caratteristiche di inquinamento, che invece è inequivocabilmente legato alle produzioni artigianali o industriali. La stessa Arpa aveva accertato: “A fronte di quanto rilevato in sede di sopralluogo si ipotizza che gli scarichi di una o più utenze della zona industriale di via delle industrie possano essere collegati al cavo tombinato invece che alla pubblica fognatura…”.
Il dott. Oscar Ghizzoni, specializzato in consulenze di carattere forense, grazie all’ampia esperienza maturata nei Reparti Scientifici dei Carabinieri (RIS) di Roma e di Parma, a questo proposito ha affermato: “Incredibile risulta il fatto che gli enti preposti ai controlli non abbiano verificato quale delle attività produttive presenti in zona sia direttamente ricollegabile all’impiego di questi metalli dispersi in ambiente. a tale fine si ritiene inevitabile richiedere a tali enti spiegazioni nel merito”. In assenza di tempestivo intervento, potranno verificarsi danni per quanto riguarda lo stato di salute, dell’ambiente, delle culture e degli abitanti delle zone vicinali. Inutile sottolineare come una assenza di risposta in tal senso rileverebbe una condotta gravemente omissiva…“. Vengono così sollevate accuse di inefficienza nella gestione delle problematiche ambientali.
Nonostante le prove raccolte e prodotte dalle associazioni, le quali avevano documentato l’accaduto con fotografie, analisi e testimonianze, le istituzioni locali non sembrano (non sembrano o non hanno – non hanno ma è meglio usare il condizionale) aver preso provvedimenti adeguati a risolvere la questione. Questo atteggiamento ha fatto emergere quella che viene comunemente definita la “strategia del silenzio”, un comportamento tipico delle istituzioni che, invece di affrontare concretamente il problema, preferiscono minimizzare o rinviare i necessari provvedimenti in attesa di ulteriori verifiche e magari giustificare ogni attività economica “che produce posti di lavoro e fa economia”.
Anche sotto il profilo giudiziario il caso non è stato seguito tempestivamente nonostante le denunce delle associazioni e l’evidente gravità della situazione. Tra rinvii e indagini preliminari la mancanza di un’azione decisa da parte delle istituzioni non ha dato alcun risultato sia riguardo le responsabilità di quanto accaduto che per una semplice caratterizzazione ed analisi del terreno. In questo contesto, il “silenzio” diventa una strategia di difesa che tiene lontano il rischio di compromettere gli interessi economici legati al settore industriale interessato.
Lo sversamento a Colturano non è solo una questione di danni immediati, ma anche di danni a lungo termine per l’ecosistema locale e la salute dei cittadini. I fiumi e i corsi d’acqua sono linfa vitale per il territorio, e l’inquinamento industriale ha effetti gravi su flora, fauna e sulla qualità dell’acqua potabile. Le associazioni ambientaliste hanno sottolineato che il disinteresse delle istituzioni che potrebbe peggiorare la situazione, rendendo più difficile la bonifica e la prevenzione di ulteriori disastri. Inoltre, l’assenza di una risposta adeguata genera un effetto negativo sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni, che dimostrano di essere incapaci di proteggere la salute pubblica e l’ambiente.
Il caso di Colturano mette in evidenza l’urgenza di una revisione legislativa per la gestione dei casi di inquinamento e dei crimini ambientali. Occorre, inoltre, una maggiore efficacia nelle indagini e trasparenza nelle risposte ufficiali. Le istituzioni devono agire rapidamente, senza lasciare spazio a incertezze o dilazioni, soprattutto quando sono coinvolti fattori così gravi per l’ambiente e la salute pubblica.
In secondo luogo, è fondamentale che la politica e il sistema giudiziario siano autonomi da qualsiasi forma di condizionamento degli interessi economici. La salvaguardia del bene comune deve essere al centro delle attività di prevenzione e di repressione dei delitti ambientali. In questo scenario, le associazioni ambientaliste svolgono un ruolo cruciale, come sentinelle di una società che non può permettersi di ignorare la tutela dell’ambiente.
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