“A Gaza il 25% di bimbi e madri è malnutrito. E i piccoli, affamati e stremati, smettono di piangere”

  • Postato il 25 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Bambini che muoiono di fame, intere famiglie malnutrite, madri e padri che non sanno cosa dare da mangiare ai loro bambini. I volti scavati, le costole sporgenti, corpi scheletrici dallo sguardo disperato. Le immagini raccontano la tragedia senza fine della popolazione di Gaza e gli operatori sul posto riescono anche a quantificare la proporzione dell’abisso. Medici senza frontiere ha calcolato che il 25% dei bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni e di donne incinte e che allattano sono malnutriti. I team di Msf, denuncia l’organizzazione in un comunicato, stanno accogliendo un numero crescente di pazienti malnutriti nelle cliniche, mentre loro stessi lottano per trovare cibo a sufficienza. Durante gli screening effettuati la scorsa settimana presso le strutture di Msf su bambini di età compresa tra i sei mesi e i cinque anni e su donne incinte e che allattano, il 25% dei pazienti era malnutrito, si legge. Nella clinica a Gaza City, il numero di persone registrate per malnutrizione è quadruplicato dal 18 maggio, mentre i tassi di malnutrizione grave nei bambini sotto i cinque anni sono triplicati solo nelle ultime due settimane. Msf denuncia che non solo i pazienti, ma anche lo staff sanitario “inizia a soffrire la carenza di cibo. Non si tratta solo di fame, ma di una fame deliberata, provocata dalle autorità israeliane“. Una colpa che il governo Netanyahu continua ad addossare ad Hamas, nonostante le innumerevoli conferme che arrivano dalla cronaca e dal mondo delle ong. E anche per Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati e sotto sanzioni americane, si tratta di “un crimine calcolato scientificamente dal governo israeliano, un obiettivo da raggiungere per convincere i palestinesi che sopravviveranno ad andarsene nel fenomeno che a Tel Aviv chiamano migrazione volontaria”.

“L’uso deliberato della fame come arma da parte delle autorità israeliane a Gaza ha raggiunto livelli senza precedenti, con pazienti e operatori sanitari che ora lottano per la sopravvivenza”. Questa modalità, avverte Medici Senza Frontiere (Msf), “non deve diventare la norma. Le autorità israeliane devono consentire l’ingresso a Gaza di cibo e aiuti umanitari in quantità adeguate”. “Nella nostra clinica vediamo ogni giorno le terribili conseguenze di queste carenze a Gaza – dice Caroline Willemen, coordinatrice del progetto alla clinica Msf di Gaza City – Ogni giorno registriamo 25 nuovi pazienti per malnutrizione. Vediamo la stanchezza e la fame nei nostri colleghi”. “Nel frattempo – prosegue il comunicato – centinaia di persone in cerca di aiuti disperatamente necessari continuano a essere attaccate dalle forze israeliane e da contractor di sicurezza privati nei siti di distribuzione di cibo gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), organizzazione che agisce per conto di Israele“. ”Quello a cui stiamo assistendo è inconcepibile: un’intera popolazione viene deliberatamente privata di cibo e acqua – afferma Amande Bazerolle, responsabile delle emergenze di Msf a Gaza – Le forze israeliane commettono quotidianamente massacri mentre le persone provano ad accaparrarsi brandelli di cibo nei siti di distribuzione. Ogni briciolo di umanità a Gaza è stato spazzato via dal genocidio in corso”.

Negli ultimi due mesi, secondo il ministero della salute della Striscia, più di mille persone sono state uccise e oltre 7.200 ferite mentre cercavano di prendere gli aiuti, in gran parte nei centri di distribuzione della Ghf, sostenuta e finanziata dal governo statunitense. Nonostante questi siti siano stati istituiti per evitare la dispersione degli aiuti, non hanno fatto nulla per ridurre i saccheggi, prosegue il comunicato. “Queste distribuzioni di cibo non sono aiuti umanitari, sono crimini di guerra commessi in pieno giorno e presentati al mondo con il linguaggio della compassione. Chi si reca alle distribuzioni di cibo della Gaza Humanitarian Foundation sa che le probabilità di ricevere un sacco di farina sono le stesse di andarsene con una pallottola in testa”, afferma Mohammed Abu Mughaisib, vicecoordinatore medico di Msf a Gaza. Oltre alle persone ferite nei siti della Ghf, “i nostri team hanno curato decine di pazienti vittime dei ripetuti massacri perpetrati dalle forze israeliane mentre aspettavano la farina dai camion”, aggiunge il comunicato. “Qualche giorno fa, al pronto soccorso della clinica Sheikh Radwan sono arrivati decine di pazienti, sia morti che feriti – racconta Willeman di Msf – Si trattava di persone che si erano avvicinate ai camion per ricevere la farina e sono state uccise senza pietà dalle forze israeliane”.

Quel giorno, le équipe mediche di Msf e del ministero della salute presenti nella clinica Sheikh Radwan, nel nord di Gaza, hanno curato 122 persone con ferite da arma da fuoco mentre aspettavano la farina e altre 46 persone sono arrivate già morte. A peggiorare la situazione, nell’ultima settimana le mense comunitarie che forniscono cibo ai pazienti e al personale medico negli ospedali hanno avuto difficoltà, alcune chiudendo per giorni interi. Anche quando riescono a distribuire cibo, si tratta solo di un pasto al giorno a base di riso bianco, anche per i pazienti che avrebbero bisogno di cibi ricchi di nutrienti per guarire correttamente, e spesso nulla per il personale. Non si tratta più di ciò che le persone possono permettersi. Nella maggior parte della Striscia non c’è quasi più cibo disponibile, denuncia ancora il comunicato. “È così che la fame distrugge il tuo corpo – denuncia Abu Mughaisib – nelle prime 6-24 ore, il livello di zucchero nel sangue cala. Il corpo brucia il glicogeno immagazzinato per sopravvivere. Dopo 1-3 giorni, il glicogeno è esaurito. Il grasso viene trasformato in chetoni per alimentare il cervello e il corpo entra in quello che chiamiamo ‘modalità di sopravvivenza’. Entro 3-5 giorni, i muscoli iniziano a deteriorarsi. Il corpo sacrifica i propri tessuti, persino il cuore, solo per sopravvivere. È a questo punto che i bambini smettono di piangere“.

“Non avrei mai pensato di viverlo in prima persona come sto facendo ora – continua la testimonianza del vicecoordinatore medico di Msf a Gaza – Negli ultimi mesi sono sopravvissuto con un solo pasto al giorno. E negli ultimi giorni ho mangiato solo una volta ogni due giorni, non perché non potessi permettermelo, ma perché non c’è nulla da comprare e i mercati sono completamente vuoti. E non sono l’unico. Ci prendiamo cura di pazienti che stanno morendo di fame mentre noi stessi stiamo iniziando a soffrire la fame. Anche gli autisti delle ambulanze che trasportano i feriti e i pazienti stanno morendo di fame”. “Ci si aspetta che salviamo vite umane mentre le nostre vengono lentamente consumate – conclude – Non si tratta solo di fame, ma della lenta distruzione della vita, della dignità e dell’umanità. Questo deve finire. Usare il cibo, l’acqua, gli aiuti come arma in questa guerra è assolutamente inaccettabile'”.

Una testimonianza drammatica, come quella che arriva dal direttore del Cesvi Stefano Piziali. L’ong, spiega, è presente “a Deir al-Balah come la maggior parte delle organizzazioni umanitarie. Israele l’aveva dichiarata zona umanitaria e quindi era stata relativamente risparmiata. Dall’inizio della settimana, purtroppo, alcune aree della città sono sotto attacco, la nostra per fortuna no”. “Non ho mai visto niente del genere – continua Piziali parlando al Corriere della Sera -. Parlo ogni giorno con il nostro personale a Gaza, sento i palestinesi e gli internazionali. Ogni volta è peggio. Diego Regosa (Senior Emergency Coordinator dell’ong, ndr) che è lì da qualche settimana, resiste, ma gli altri sono già troppo deboli per lavorare a tempo pieno. Non mangiano abbastanza”. “A Gaza – racconta – ci occupiamo soprattutto di acqua. La potabilizziamo, la distribuiamo con cisterne trainate da autocarri quando abbiamo carburante o asini quando manca. Un lavoro umile, ma essenziale. Proprio oggi abbiamo installato un potabilizzatore che serve anche alle dialisi nell’ultimo ospedale pediatrico della Striscia. Depura acqua per tutta la struttura che ha 150 letti e 200 sanitari. Fatichiamo ormai a trovare la materia prima. Non abbiamo pozzi o desalinizzatori e nessuno ci vende più acqua. Mancano i pezzi di ricambio per le pompe. In più, con il sistema fognario distrutto e tanti accampamenti informali, la qualità dell’acqua di falda è drasticamente peggiorata”. Quanto al cibo, aggiunge che ce n’è “sempre meno. La macchina dei rifornimenti è andata in crisi da quando una fondazione privata (la Gaza Humanitarian Foundation, ndr ) ha voluto sostituire l’organizzazione delle Nazioni Unite. Un caso unico: una parte belligerante che pretende di dare assistenza all’altra. È venuto meno il principio della neutralità“.

La Gaza Humanitarian Foundation non funziona, spiega Piziali, “per tre motivi fondamentali. La modalità di distribuzione è stata militarizzata: contano di più le armi che gli aiuti. Secondo, le forniture sono stabilite dall’alto e non in base ai bisogni. Mi ricordo in Afghanistan quando cadevano dal cielo casse appese a paracaduti gialli. I militari dicevano di aver portato cibo, ma nessuno sapeva a chi andassero quei beni. Non si fa così. Bisogna capire le necessità e coordinare l’intervento. Se io do acqua, qualcun altro porta farina, un altro gas e tutti controlliamo che arrivino a chi ne ha bisogno, allora funziona. Solo così le famiglie, non le gang, fanno il pane. Terzo, con l’entrata in servizio della fondazione privata si sono ristretti i valichi di accesso. E adesso non c’è più nulla”.

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