A Montecarlo capolavori a colori. Quando il colore diventa un vero criterio critico

mostra che accoglie cento capolavori delle collezioni del museo nella Costa Azzurra amata dai pittori parigini

Senza i colori, non ci sarebbe pittura. I fasti e il potere di questa pratica umana sarebbero impensabili in un mondo in bianco e nero. Newton li definì “sensazioni prodotte dalla luce”, Goethe li vide come “azione e sofferenza della luce”, Nietzsche li ricondusse alla “percezione culturale”, Wittgenstein ne indagò la logica concettuale. I colori danno da pensare perché danno a vedere: i Fauves li usano come martelli, Matisse li libera dal realismo, gli impressionisti li trasformano in impasti atmosferici che sciolgono la durezza del disegno. Ma i colori, anche quelli reali, fanno il contrario: si liberano e ci liberano. Sono frequenze, vibrazioni. Per Yves Klein, che brevettò l’iconico Blu, “sono esseri viventi”.

Le collezioni del Pompidou in Costa Azzurra

Didier Ottinger, vicedirettore del Centre Pompidou (chiuso per ristrutturazione fino al 2030), ha deciso di “far vivere il colore” curando per il Grimaldi Forum una mostra che accoglie cento capolavori delle collezioni parigine in quella Costa Azzurra le cui luci e colori hanno irretito Cézanne e Monet, Picasso e Bonnard, Léger e Cocteau, Renoir e Morlotti, Sutherland e De Staël, Matisse e Bacon. Perché, come sostiene Ottinger: “il colore si sente più di quanto si spieghi”. Il colore, infatti, è un elemento estetico che produce senso senza un significato, sensazione senza un percetto definibile (come descrivere un colore?). Una semantica esaurita in saturazione estetica ed emozionale. Questo appare evidente nelle camere monocrome gialla, blu, rosa, verde, bianca e nera, immerse nei profumi creati da Alexis Dadier, “naso” di Fragonard, e nelle tessiture sonore composte da Roque Rivas. Il percorso disegnato da William Chatelain è circolare, ad anelli concentrici, un labirinto di corrispondenze sensoriali a cui contribuisce Marion Mailaender, curatrice della sezione design del Pompidou, arredando stanze domestiche monocrome con opere d’arte e con mobili vintage. Un dispositivo extra-pittorico che funziona in abbinamento a dipinti e sculture, disposti non secondo criteri cronologici o tematici, ma seguendo il colore dominante

La mostra sui colori in Costa Azzurra

Ne nasce una mostra giocosa e gustosa, termini insoliti per la critica ma adatti qui, dove capolavori del Novecento si rivelano cromaticamente.
Ad aprire Couleurs! è Sonia Delaunay con il suo vortice di forme e toni che ribadisce l’autonomia del colore. Andy Warhol colpisce con i rossi e blu acidi della sua sedia elettrica, Martial Raysse reinterpreta un capolavoro del passato con verdi e rossi industriali (icona della mostra), Francis Bacon riduce, nel 1982, un corpo a sesso e amputazioni dentro un rosa-arancio lacerante. Poi ci sono i carciofi verdi di De Chirico, le figure gialle capovolte di Baselitz, la testa elettrica di Modigliani, il busto grigio azzurro di Magritte e decine di altri capolavori che letti cromaticamente appaiono rivitalizzati. Il percorso si chiude con la Croix noire (1915) di Kasimir Malevich, dove il suprematismo annulla ogni illusione cromatica in un assoluto nero su bianco.

Il colore nei musei

Tra queste polarità, tra il colore come strumento espressivo ed il colore come protagonista assoluto (emancipato da forma e significato), si comprende meglio perché l’enigma cromatico torni periodicamente a irretire alcuni grandi direttori di musei. Basti ricordare L’emozione dei COLORI nell’arte (2017), curata a Torino da Carolyn Christov-Bakargiev per GAM e Castello di Rivoli. Conferma ulteriore che il colore non è un dato, ma un campo di libertà.

Nicola Davide Angerame

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L’articolo "A Montecarlo capolavori a colori. Quando il colore diventa un vero criterio critico" è apparso per la prima volta su Artribune®.

Autore
Artribune

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