Adultizzata, social saccheggiati, uccisa per ‘dolore’: così si racconta (male) il femminicidio di Martina Carbonaro
- Postato il 29 maggio 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
Perché è ancora così difficile saper scrivere di femminicidio? Alessio Tucci, ad Afragola, uccide Martina Carbonaro a colpi di pietra, ed è l’ennesimo femminicidio che ha ispirato narrazioni inadeguate. Questa ragazza di Afragola, quattordicenne, poco più che bambina, è stata adultizzata. Su molte testate, la frequentazione che aveva con Alessio Tucci, è stata definita come “fidanzamento”. Lui, l’assassino, chiamato il “fidanzato” o ‘l’ex fidanzato’. Una cotta adolescenziale può essere definita con una parola che indica una promessa di matrimonio o un legame stabile, finalizzato ad un progetto di vita insieme?
A quattordici anni si comincia a sperimentare lo stare in una relazione con i tempi dell’ adolescenza. Gli innamoramenti si consumano in poche settimane e un pugno di mesi sono già un’eternità. E quando una frequentazione finisce è già una ‘storia’ , qualcosa che appartiene al passato remoto.
È inappropriato scrivere di fidanzamento, attribuendo spessore ad un flirt tra un ragazzo non ancora ventenne e una ragazza che aveva appena superato l’infanzia, come se l’impegno della relazione, fornisse la chiave di lettura del femminicidio. La spiegazione per la morte di una ragazza così giovane, come di una donna adulta, resta vincolata agli stessi schemi: il crimine è la conseguenza del dolore provocato nell’assassino che amava profondamente la vittima e confidava in un legame eterno.
Invece è solo un atto di dominio.
Le foto di Martina Carbonaro (era minorenne) ieri mattina erano pubblicate ovunque. Saccheggiate senza scrupolo dai suoi profili social, senza nemmeno oscurarne il volto o avere l’accortezza di evitare la pubblicazione delle immagini che la ritraevano in un autoscatto davanti allo specchio mentre indossava un body di pizzo nero. Le immagini della vittima bella e giovane hanno accompagnano ogni articolo, a volte più di una. Non è mancato il riferimento alle scelte di Martina che ‘ha accettato di incontrarlo’, che ‘lo ha seguito’ in quello stabile abbandonato, ‘che lo ha lasciato’.
L’autore di violenza, il soggetto che ha deciso di uccidere, diventa ancora una volta, colui che ha subito le scelte della vittima. La giornalista Emanuela Valente ha fatto una ricerca interessante sui testi e le foto che i media usano per raccontate i crimini contro e donne. Sul blog In quanto donna, ha rilevato che nell’80% dei femminicidi, i quotidiani pubblicano le foto delle donne. La percentuale sale se le vittime hanno un’età compresa tra i 14 e i 35 anni (97% dei casi), ma scende al 74% quando le vittime hanno più di 36 anni e diminuisce ancora al 39% se ne hanno più di 65. La foto di una donna anziana uccisa per mano del marito, tradisce la logica della narrazione stereotipata che attribuisce la causa della morte alla giovinezza e alla bellezza delle vittime e al loro potere di seduzione o erotico.
Poche testate hanno parlato di potere e controllo, di rabbia, di giovani uomini che non sanno riconoscere la libertà dell’altra. Sono state realizzate molte inchieste tra giovanissimi che rilevano un dato preoccupante: molti pensano che sia normale chiedere il controllo del cellulare o avere la password di accesso ai social come una prova di fiducia.
Dal 2024 i femminicidi di donne sotto i 25 anni sono triplicati. Un’escalation che desta preoccupazione. Nel novembre del 2024, un ragazzo di 15 anni ha scaraventato giù da un balcone, una bambina di 13 anni; Mark
Samson uccide, in casa propria, Ilaria Sula di 22 anni; qualche giorno prima, Stefano Argentino aveva assassinato Sara Campanella, dopo averla perseguitata per mesi. Quando lei gli aveva ripetuto il suo categorico ‘no!’ , le aveva risposto: ‘Cosa credi di dimostrare, non funziona così’.
La relazione che aveva proposto a Sara, era qualcosa di unilaterale, un’offerta che non poteva essere rifiutata. Ciò che ha mosso l’atto violento di Stefano Argentino, un estraneo per Sara Campanella, non è molto distante da ciò che muove tutti gli autori di femminicidio che avevano una relazione con le vittime. Le donne o quelle che sono poco più che bambine, come Martina Carbonaro, non possono dire di no, non possono rifiutare avances, non possono chiudere una relazione.
Sui loro ‘no’, una volta ogni tre giorni, viene messa una pietra tombale. Alessio Tucci la pietra l’ha materialmente fatta calare sulla vita di Martina Carbonaro. C’è una questione politica da affrontare, quella del controllo sulle scelte delle donne, dell’attacco alla loro libertà. Solo che sta a cuore solo alle attiviste per i diritti delle donne, una minoranza in questo Paese.
L'articolo Adultizzata, social saccheggiati, uccisa per ‘dolore’: così si racconta (male) il femminicidio di Martina Carbonaro proviene da Il Fatto Quotidiano.