Alessandro Meacci presenta l’opera lirica “Cleopatra”, in prima nazionale a Catanzaro

  • Postato il 11 ottobre 2025
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Alessandro Meacci presenta l’opera lirica “Cleopatra”, in prima nazionale a Catanzaro

Questa sera l’opera lirica “Cleopatra” debutta in prima nazionale al Teatro Politeama di Catanzaro. Per svelare i misteri che avvolgono la regina d’Egitto e scoprire il dietro le quinte dell’opera, abbiamo intervistato il maestro Alessandro Meacci.


CATANZARO – Questa sera (11 ottobre), la sabbia dorata d’Egitto tornerà a muoversi tra piramidi, antichi templi e il lento fluire del Nilo. Tra luci e ombre di potere, Cleopatra torna a vivere, fiera e inafferrabile, pronta a reclamare la propria grandezza. Alle 21, il Teatro Politeama di Catanzaro si trasformerà nella sua reggia con la prima nazionale assoluta dell’attesissima opera composta da Alessandro Meacci su libretto di Marco Maria Tosolini. “Cleopatra” è uno spettacolo che promette di segnare una svolta nella lirica contemporanea.

La regia di Erica Salbego intreccia ricerca e poesia, grazie al contributo della ricostruzione scientifica del volto della regina d’Egitto firmata da Chantal Milani. Una scelta che unisce la verità storica all’incanto teatrale. In scena, non vedremo la Cleopatra delle leggende o dei cliché hollywoodiani. Meacci e Tosolini ne tracciano un ritratto ardente e moderno: una donna che governa con intelligenza e sentimento, che ama senza cedere, che muore senza piegarsi. Un personaggio che attraversa il mito per farsi icona politica e umana del nostro tempo. Una figura che riflette le contraddizioni e la forza delle leadership contemporanee, in un mondo dove il potere femminile non è più suggestione, ma necessità.

La partitura di Meacci racchiude il respiro della grande tradizione operistica, ma lo spinge oltre, verso nuovi orizzonti sonori dove orchestra, elettronica e strumenti ancestrali creati da Enzo Laurenti si fondono in un dialogo innovativo. La direzione musicale è affidata al maestro Massimiliano Caldi. Il soprano Jennifer Ciurez darà corpo e anima alla regina d’Egitto, affiancata dal tenore Charles Isaac Denis nei panni di Marco Antonio. Ad accompagnarli, l’Orchestra Roma Tre. La serata sarà introdotta dal soprano Maria Carfora. Un appuntamento che si impone come fiore all’occhiello della XXII edizione del Festival d’Autunno, la rassegna ideata e diretta da Antonietta Santacroce, che da oltre vent’anni coltiva una visione artistica audace. Per svelare i misteri che avvolgono la figura di Cleopatra e scoprire il dietro le quinte dell’opera, abbiamo intervistato il maestro Alessandro Meacci.

Alessandro Meacci, come nasce l’idea di mettere in musica il personaggio di Cleopatra?

«L’idea nasce da una vera e propria filiera creativa, e ci tengo a sottolineare l’aspetto “artigianale” di questo progetto. Catanzaro diventa il ponte di una prima assoluta che unisce arte e scienza. Marco Maria Tosolini ha scritto un libretto in quattro lingue – greco, latino, egiziano antico e italiano – le lingue di Cleopatra. Il tema di Cleopatra è naturalmente lirico: più di cinquanta opere hanno raccontato la sua figura, ma questa è la prima opera moderna che si concentra esclusivamente su di lei. Spesso la si descrive con un approccio romanzesco: femme fatale, vedova nera, ammaliatrice. Ma Cleopatra era tutt’altro. È stata la più grande regina dell’antichità: una politica acuta, una stratega, una donna di cultura, arte e filosofia. Parlava sei o sette lingue, e tutto questo emerge nel libretto, complesso e innovativo, che vuole restituire l’identità e l’eredità di questa straordinaria sovrana egizia.

Cleopatra non era narcisista; era fedele e innamorata, profondamente attenta ai figli e al suo popolo, con cui manteneva un rapporto diretto. Parlava in egiziano, mentre tutti gli altri sovrani dell’epoca dialogavano in greco, la lingua ufficiale. Con Giulio Cesare, invece, parlava in greco, a testimonianza della sua straordinaria forza e intelligenza».

Da dove è nato il primo impulso creativo?

«Il progetto nasce da un equilibrio tra suggestione artistica e rigore scientifico. Per Cleopatra, siamo partiti non solo dal fascino del personaggio, ma anche da testimonianze scientifiche. Chantal Milani ha ricostruito il volto storico della regina. Attraverso il suo lavoro, abbiamo potuto immaginare tratti ben precisi: carnagione olivastra, capelli scuri, ma anche possibili sfumature biondo cenere. Questo smentisce alcuni stereotipi cinematografici che la vogliono ritratta come donna di colore. Purtroppo, l’incendio della Biblioteca di Alessandria ha cancellato molte fonti dirette, quindi ci siamo basati su monete e altre rappresentazioni dell’epoca. Il risultato è una ricostruzione realistica: Cleopatra, sorprendentemente, ricorda Maria Callas».

In che modo la scienza ha influenzato la musica?

«Abbiamo trasformato dati biometrici e storici in materiale musicale tramite software di composizione moderni. La parte elettronica dell’opera nasce direttamente dal volto di Cleopatra. Questo approccio, pur ispirandosi a esperimenti musicali del ‘900 con dati scientifici, viene applicato probabilmente per la prima volta a un’opera lirica contemporanea».

Com’è avvenuta l’integrazione tra musica, libretto e scenografia?

«La scenografa Annalisa Scarpa ha trasformato i dati scientifici in scenografie digitali, creando un flusso continuo tra musica, libretto e immagini. Non c’è confine: tutto dialoga intimamente. Spesso si dice che l’ispirazione nasce “solo dalla musica”, ma in questo caso c’è un processo meccanico, artigianale e scientifico alla base, che poi diventa lirico».

Alessandro Meacci, in che modo la sua musica contribuisce a liberare Cleopatra dalle etichette?

«Il libretto e la regia sono strumenti fondamentali per cancellare l’eredità della “vedova nera”. Il libretto pone prima l’accento sulla dinastia tolemaica in generale e poi concentra completamente l’attenzione su Cleopatra. La sua promessa davanti alla sorella Arsinoe, ridotta in schiavitù, diventa il fulcro della storia. Una promessa di politica umana e identità legata al culto della dea Iside. Iside ricorre costantemente nell’opera insieme a Osiride, non come citazione dell’Aida, ma come rapporto diretto con uno strumento musicale costruito appositamente da Enzo Laurenti. Un’altra novità è che nell’opera compaiono tre strumenti completamente originali, realizzati appositamente per l’opera: il sistro, la lira e l’aulòs.

Spesso, Iside è rappresentata con il sistro in mano: uno strumento che serviva a stimolare fertilità e protezione sul popolo egizio. Cleopatra, come reincarnazione della dea, deve rispondere a questo principio musicale e vivere le sorti divine attraverso lo strumento. La lira, costruita con legno delle piante lungo il Nilo, era anch’essa simbolo di fertilità. Infine, l’aulòs chiude questa parentesi organologica: il padre di Cleopatra, Tolomeo XII, era detto “Aulete”, cioè suonatore di aulòs, perché trascorreva la vita intrattenendo a palazzo, consegnando di fatto a Roma la più grande dinastia egizia della storia dell’umanità».

Possiamo definire questa Cleopatra non solo una regina, ma anche un manifesto di emancipazione personale? Pensa che possa aprire un dialogo con il pubblico contemporaneo sul tema della libertà identitaria?

«Trovo che Cleopatra, come donna, sia stata al vertice dell’umanità. Poche donne hanno avuto questo fascino e questa forza politica: Cleopatra è una rara eccezione. Creare un’opera è difficile, e l’encomio più grande va al Festival d’Autunno, al Teatro Politeama, al Teatro Palladium e a chi ha investito energie e risorse in un nuovo titolo. È comunque una vittoria: portare un personaggio come Cleopatra nell’opera lirica significa riscattarlo dagli stereotipi e, allo stesso tempo, arricchire il repertorio con un nuovo titolo».

Alessandro Meacci, cosa significa per lei portare la prima di “Cleopatra” in Calabria?

«Sapere che questo teatro riparta con una stagione significativa, con visione e progettualità, mi riempie di felicità. Il percorso è simile a quello di Cleopatra: dal Sud, da Alessandria, giunge a Roma. Noi partiamo da Catanzaro e portiamo questa “Cleopatra” a Roma, sperando poi di raggiungere il mondo intero».

Ha già in mente nuovi progetti che seguano questa linea di ricerca sulle grandi figure storiche reinterpretate?

«Subito dopo Cleopatra sarò a Bolzano, dal 17 al 20 novembre, per un nuovo titolo — questa volta non lirico, ma sinfonico — dedicato a un’altra figura storica: Garibaldi. L’opera racconta gli ultimi giorni della sua vita, quando si pente amaramente dell’Unità d’Italia. È anche un tentativo di recuperare la sua immagine storica. Garibaldi, soprattutto al Sud, è stato spesso percepito come lo “svenditore della patria”. In realtà, forse è stato la vera vittima dell’Unità d’Italia, insieme al Mezzogiorno. È stato usato dai Savoia, dagli inglesi, trasformato in una sorta di “messia” per un’Italia da costruire. Nel 2026 arriveranno due nuovi titoli, ma non posso ancora svelare nulla. L’auspicio è di continuare questa ricerca che unisce scienza e arte, rendendola accessibile a un pubblico sempre più ampio».

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