Altro che “Make America Great Again”. Con Trump il peggiore semestre per il dollaro dal 1973: -10%

  • Postato il 1 luglio 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Altro che ‘”Make America Great Again” e “età dell’oro” per gli Usa. Dall’inizio dell’anno che ha visto l’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, il dollaro ha registrato il suo peggiore semestre dal 1973: il dollar index – che misura la forza del biglietto verde contro le sei maggior valute – è calato di oltre il 10% finora nel 2025, il peggior inizio dell’anno dalla fine di Bretton Woods e della convertibilità in oro del biglietto verde. A pesare, ricorda il Financial Times, sono le politiche commerciali ed economiche dell’amministrazione, che hanno spinto gli investitori globali a riconsiderare la loro esposizione alla valuta dominante mondiale. Lo spettro di un sistema monetario dollaro-centrico che vacilla piomba sul forum dei banchieri centrali a Sintra, in Portogallo, da cui la Bce ha annunciato cambiamenti tecnici, ma significativi, alle scelte su tassi d’interesse e futuri acquisti di debito di fronte alle scosse telluriche in atto sui mercati finanziari.

Al centro della crisi innescata da Trump ci sono i ‘dazi reciproci’ annunciati a inizio aprile durante il ‘Liberation Day’. Poi è arrivato il One Big Beautiful Bill’ con un bilancio che aumenterà di 3.200 miliardi di dollari il debito americano. Il resto lo ha hanno fatto l’attacco a suon di insulti del presidente Usa nei confronti del presidente della Fed Jerome Powell, che rappresenta ormai un bastione della separazione dei poteri oltre che dell’indipendenza della politica monetaria dall’esecutivo. E infine l’abbraccio al mondo crypto con, in particolare, le stablecoin.

L’euro, che fino a pochi mesi fa pareva scendere verso alla parità, nel frattempo è stato catapultato oltre 1,18 dollari. E questo nonostante la Bce sia in una fase di taglio dei tassi d’interesse destinata a riprendere probabilmente a settembre, ora che il vicepresidente Luis de Guindos preannuncia un secondo trimestre di Pil “quasi piatto” per l’Eurozona. E nonostante la Fed, invece, abbia le mani legate per l’inflazione da dazi. Gli attacchi di Trump, che da ultimo ha scritto a Powell accusandolo di essere “costato agli americani una fortuna”, sono un elefante nella stanza per le riunioni di Sintra ospitate dalla Bce. Le politiche di Trump, sottolinea de Guindos, hanno creato “dubbi riguardo gli Usa che si riflettono sul dollaro, una situazione in cui “l‘euro, se l’Europa fa le cose giuste, può essere valuta di riserva“. Vede l’opportunità anche la presidente Christine Lagarde: per rafforzare l’euro come valuta di riserva “siamo in una buona posizione, ma abbiamo ancora del lavoro da fare”.

L’idea è consolidare il ruolo dell’euro come “faro di certezze in un mondo dove domina vasta incertezza”, spiega la presidente della Bce. Ma prima di cogliere le opportunità, la Bce dove guardare alla gestione della politica monetaria in un “ambiente più incerto e potenzialmente volatile”. Anzitutto con una “elevata attenzione” agli sviluppi crypto che minacciano di modificare il sistema finanziario, spiega Lagarde, ora che Trump prova a puntellare l’uso del dollaro sposando le stablecoin collegate ai treasury Usa.

Un’altra risposta – contenuta nella ‘strategy review’ – è un cambiamento all’orientamento ‘tollerante’ verso l’alta inflazione dei tempi passati, quando la globalizzazione faceva temere deflazione: d’ora in avanti la Bce risponderà “con misure di politica monetaria particolarmente forti o persistenti” sia quando l’inflazione è troppo bassa rispetto al target del 2%, sia quando è troppo alta. Non solo: Philip Lane, capo economista della Bce, alla domanda se l’attivazione del quantitative easing (Qe) avrà un’asticella più alta che in passato ha risposto che il suo utilizzo in caso di inflazione troppo bassa sarà “più agile” e all’interno di un “pacchetto di strumenti” che includono tassi negativi e rifinanziamenti a lunghissimo termine alle banche senza sovraccaricare” un singolo strumento: timido cenno alle critiche rivolte da alcuni, nel Consiglio Bce che ha votato la ‘strategy review’ all’unanimità, al Qe e ai suoi “effetti collaterali”.

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Il Fatto Quotidiano

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