Amanda Knox racconta la sua versione dell’omicidio Meredith Kercher in una serie tv su Disney+
- Postato il 25 agosto 2025
- Cinema & Tv
- Di Artribune
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Era il 2007 quando Meredith Kercher venne brutalmente uccisa nella sua casa a Perugia. Amanda Knox e Raffaele Sollecito vennero condannati e poi assolti. Il processo, soprattutto mediatico, durò anni e la serie The Twisted Tale of Amanda Knox – disponibile su Disney+ dal 20 agosto – scritta da KJ Steinberg (This Is Us), lo racconta dal punto di vista di Amanda.
La serie di e su Amanda Knox su Disney+
Un caso di cronaca che, nella sua tragedia, aveva già in sé tutti gli elementi di “attrazione” per un pubblico assetato di sangue, sesso e moralismo ipocrita. C’è la brava ragazza inglese (l’unica che non ha ancora avuto il racconto che si meritava), la cattiva ragazza americana (dal cui libro è tratta la serie), il ragazzo italiano succube della femme fatale, l’immigrato colpevole per antonomasia, il PM moralista superstizioso e religioso, i carabinieri che ovviamente come fanno sbagliano, “sporcando” la scena del delitto. E poi ci sono lo stereotipo dell’Italia bigotta, il luogo comune dell’America liberale, il rigore apparente dell’etica britannica e naturalmente i mass media con tutta la loro avidità di storie che possano soddisfare l’insaziabile fame del pubblico. Pubblico che non è mai pura somma di individui, ma è una forma distorta di individuo, una sorta di blob a più teste che si nutre della sofferenza altrui e qui di sofferenza ce n’è molta. In primis la sofferenza per la morte di una giovane donna, strappata alla famiglia, agli amici, alla vita e poi quella dei due condannati in seguito assolti in Cassazione, ma mai davvero dalla stampa e dal pubblico che continuerà a guardarli con la lente distorta della mostrificazione.
Amanda Knox: colpevole o innocente?
Documentari, trasmissioni tv, pagine di cronaca, ognuno si è fatto una sua idea, ma la Cassazione l’ha dichiarata innocente, insieme a Sollecito (lo spontaneo Giuseppe De Domenico). E questo è l’assioma da cui partire, la verità che viene raccontata nella serie. In sintesi, Amanda (l’intensa Grace Van Patten) è una studentessa americana che frequenta l’ultimo anno di università a Perugia, qui condivide una casa, protagonista iconografica del delitto stesso, con altre ragazze italiane e con Meredith, studentessa inglese. Inizialmente sono amiche, ma poi si allontanano, Amanda è troppo “libera”, soprattutto in quei primi Anni Duemila dove persino un vibratore e uno spinello destavano scandalo. In questo contesto, Meredith viene uccisa e i primi sulla scena sono proprio Amanda e Raffaele, “fidanzati” da una sola settimana. E da qui si dipana la narrazione tra ricordi, accuse, errori, pregiudizi, gap linguistici e culturali. La coppia è la prima ad essere sospettata dalle forze dell’ordine, capitanate dal Procuratore Mignini (un penetrante Francesco Acquaroli), descritto con il cliché dell’uomo che parla con i santi, che vede omen nei corvi e che è ossessionato dalla morale perbenista. E inizia da qui la rappresentazione dello stereotipo di una Italia ipercattolica, conservatrice, patriarcale con tanto di maschere veneziane che chissà poi cosa c’entrano con Perugia. E ammettiamolo, l’Italia ne esce piuttosto malridotta, non che non ci sia del vero, ma c’è molto luogo comune, di cui gli americani, al cinema e non solo, si nutrono da sempre con avidità. Allo stesso modo, il pubblico del crime si nutre di prime impressioni che si attaccano, come lerci chewing gum del pregiudizio sotto le scarpe, e infatti anche se Amanda viene assolta, continua a non stare simpatica, troppo libera, troppo strana, troppo vanitosa, presuntuosa, stramba, fredda, troppo femmina. E il troppo non piace ed è lei stessa a raccontarsi così in “Waiting to Be Heard: A Memoir”, libro da cui è tratta la serie che si avvale di una struttura narrativa divisa tra flashback e presente. Il passato dipana la vicenda di cronaca, le indagini, gli interrogatori, il carcere. Il presente è quello in cui Amanda torna a Perugia per incontrare la sua nemesi, il Procuratore Mignini che l’ha condannata, inducendola a confessare che a partecipare all’omicidio c’era anche Patrick Lumumba. Solo in seguito, farà la sua entrata in scena Rudy Guede, personaggio poco approfondito nella serie, ma a tutt’oggi unico colpevole per concorso in omicidio.
La versione di Amanda Knox
Il cast straordinario e lo storytelling coinvolgente conduce il pubblico dentro la mente di Amanda Knox. Sin da piccola, la protagonista amava infatti rifugiarsi in un mondo immaginario, per rifuggire da una realtà non sempre accogliente. E questo è un elemento non solo estetico, ma anche narrativo e psicologico fondamentale nella serie. Alcuni passaggi determinanti vengono così mostrati attraverso una lente immaginifica che cita “Il favoloso mondo di Amelie”, film che peraltro Amanda e Raffele stavano davvero guardando la sera dell’omicidio. Realtà e finzione invadono quindi i reciproci spazi, proprio come i media si sostituiscono alla giustizia, e la verità è sempre relativa. E qui è Amanda Knox a raccontarcela, possiamo crederle o no, ma è la sua voce che ascoltiamo e che delimita la linea narrativa e introspettiva di tutti i personaggi che, seppur reali, ne sono una mera rappresentazione.
Amanda Knox e “il suo favoloso mondo”
Siamo infatti nella mente di Amanda, nel suo favoloso mondo e se lei sopravvive alla nefasta realtà è proprio perché si rifugia in un altro universo, fatto appunto di finzione e di verità relativa. Ma per conoscere la sua storia non ci resta che crederle, almeno per le otto puntate prodotte dalla stessa Knox, dal marito e da Monica Lewinski, proprio lei quella dell’impeachment presidenziale, oggi attivista contro le gogne mediatiche. E questa è davvero una riflessione che il sistema giudiziario mondiale, italiano soprattutto è tenuto a fare, cercando di preservare tutte le vittime dalla mostrificazione che creano i mass media con la complicità del pubblico, vera belva a più teste. Ma non scordiamoci che, tra quelle teste, c’è anche la nostra che si erge a giudice, emettendo spesso condanne a vita e senza possibilità di appello.
Barbara Frigerio
L’articolo "Amanda Knox racconta la sua versione dell’omicidio Meredith Kercher in una serie tv su Disney+" è apparso per la prima volta su Artribune®.