Amianto: la tutela della salute pubblica non può essere demandata alla buona volontà dei singoli cittadini

  • Postato il 20 settembre 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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di Susanna Stacchini

Scrivo dalla Toscana, terra ricca di storia e bellezze naturali. La Toscana si caratterizza per i suoi borghi medievali, città rinascimentali, mare, montagna e paesaggi collinari. Peccato che così tanta bellezza venga oltraggiata dalla presenza di numerosi tetti di amianto, molti dei quali in evidente stato di usura. Ma evidentemente la questione non è estetica: vedere svettare tetti di amianto è l’oggettiva testimonianza del fallimento di una comunità che non ha ancora capito quanto ognuna di quelle polveri potrà nuocere gravemente alla salute di figli, nipoti e pronipoti.

In Italia, l’amianto è stato ufficialmente bandito con la legge 257 del 1992 che ne ha vietata l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, il commercio, la produzione, compresa la produzione dei prodotti che lo contengono. Con questa legge, si è riconosciuto il valore scientifico della ricerca che già allora aveva dimostrato quanto l’esposizione all’amianto fosse la causa diretta dello sviluppo di patologie molto gravi – la peggiore mortale nella quasi totalità delle persone affette, il mesotelioma polmonare. Legge, questa, ulteriormente perfezionata nel 1994, implementando il divieto di produzione e utilizzo dell’amianto. Da lì sono serviti ben 14 anni per obbligare i datori di lavoro, con il decreto legislativo 81/2008, a effettuare la valutazione del rischio amianto nei luoghi di lavoro e a predisporre un piano per la messa in sicurezza.

In seguito, ne sono trascorsi ulteriori 17, finché il 1° luglio 2025 l’Unione Europea ha messo l’amianto definitivamente al bando, obbligando tutti gli Stati membri a provvedere alla sua rimozione. Così anche in Italia, da quest’anno sono previsti incentivi per le imprese e detrazioni fiscali per i privati che provvedono alla bonifica tramite rimozione, anche se non c’è legge che la imponga. Ad oggi, è vincolante solo provvedere alla corretta manutenzione, ma l’assenza di controlli e di campagne di sensibilizzazione riduce notevolmente le ricadute pratiche della norma.

Insomma, non sembra esistere un reale piano di bonifica, tutto si regge sulla buona volontà dei singoli cittadini, sia di chi deve farsi carico della manutenzione sia di chi reclama il sacrosanto diritto alla salute. Asl, Comuni e Regioni: nessuno sembra poter agire d’ufficio, limitandosi così a mantenere la classica postura attendistica. Un ambito tanto delicato e strategico come la tutela della salute pubblica non può essere demandato all’istanza del singolo cittadino che, agendo in prima persona, si espone peraltro alle ripercussioni di chi, non considerando pericoloso il proprio comportamento, vive come un’intrusione molesta un’eventuale denuncia o segnalazione da parte di terzi.

Siamo di fronte a una gestione tanto miope quanto poco eccezionale, nel panorama generale della governance della prevenzione sanitaria e più in generale della sanità. Occuparsi scientemente di salute pubblica richiede lungimiranza. E’ indispensabile capire che il lavoro di oggi è la garanzia di un futuro possibile e che i costi di oggi sono i crediti di domani. Una prevenzione capillare è l’unica giusta base di partenza per creare salute e ridurre la spesa. Infatti, lasciando per un attimo da parte l’etica e focalizzando l’attenzione esclusivamente sui costi, è di tutta evidenza che investire soldi pubblici per rimuovere in maniera drastica l’amianto dai nostri territori avrebbe un costo nettamente inferiore rispetto a quello necessario per la cura di persone affette da tumori polmonari, in particolare il mesotelioma, o gravi malattie respiratorie croniche.

A questo punto mi chiedo se chi decide le politiche sanitarie – e nello specifico politiche sanitarie in materia di prevenzione e salute pubblica – c’è, ci fa, o entrambe. Ma, come moltissimi altri, pure questo non rimane che un interrogativo puramente retorico.

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Il Fatto Quotidiano

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