Andora, Lupo: “Campionato da affrontare con lo spirito andorese. Da direttore sono diventato più riflessivo”

  • Postato il 17 luglio 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Generico luglio 2025

Andora. Dopo la comunicazione del nuovo organigramma, oggi l’Andora ha reso noto il lungo blocco di riconferme del gruppo della passata stagione. Poi ci sarà spazio per le prime novità in entrata che, secondo quanto conferma Simone Lupo, riguarderanno in primo luogo il centrocampo e l’attacco. Il direttore sportivo biancoblù ha fatto un punto di quelle che saranno le motivazioni per il futuro e a prevalere dovrà essere una componente su tutte: lo spirito andorese.

Direttore, da cosa riparte l’Andora in vista della prossima stagione?

L’anno scorso abbiamo chiuso al quinto posto, senza disputare i playoff per soli due punti di distacco dalla seconda. Abbiamo pagato un brutto girone d’andata, in cui eravamo sotto la metà classifica. Il nostro girone di ritorno è stato ottimo: abbiamo chiuso con gli stessi punti della Baia e solo quattro in meno dell’Ospedaletti, partendo da una sola partita. La squadra si era amalgamata bene e si era formato un bel gruppo. L’obiettivo principale era confermare gran parte dei giocatori dell’anno scorso. Quest’anno il campionato è davvero livellato verso l’alto. Ci saranno tante partite contro squadre forti allo stesso modo. Era importante per noi ripartire da un gruppo solido, che ha già dimostrato di potersela giocare con tutti lo scorso anno, per cercare di fare un buon campionato. Dobbiamo fare di necessità virtù puntando sull’organizzazione, sul gruppo e sulla qualità di tanti ragazzi giovani. Stanno crescendo anno dopo anno: puntiamo anche su di loro per il futuro.

A quale obiettivo punterete per la prossima stagione?

La società vuole fare un campionato ambizioso ma con la consapevolezza che c’è una squadra fuori portata per tutti che è la Virtus Sanremo. Poi c’è il Ventimiglia, molto forte e difficile da avvicinare. C’è anche la nuova Albenga, che rimane sempre una squadra solida, e l’Ospedaletti, anch’essa ottima. Ma tutte le squadre sono competitive. Sarà un campionato di Prima Categoria molto competitivo, come da anni non si vedeva. Abbiamo parlato con il mister e gli abbiamo chiesto di migliorare il risultato dell’anno scorso, con lucidità. Tutti sappiamo quanto sarà difficile lottare per il primo posto. Come società, chiediamo di affrontare il nostro campionato con lo spirito andorese: cercare di vincere più partite possibili e migliorare anno dopo anno. L’anno scorso abbiamo puntato tanto sul settore giovanile: da anni non riuscivamo a coprire tutte le leve, ma quest’anno siamo riusciti a ricostruire tutta la struttura. Abbiamo buone ambizioni, ma da società seria sappiamo che ci sono dei limiti oggettivi. Al di là di quanto si possa pensare in termini di spese, dobbiamo puntare su buoni campionati, sul settore giovanile e sull’obiettivo di diventare una società strutturata. Stiamo lavorando in modo serio.

Come stai sentendo mister Ghigliazza in queste settimane di programmazione?

Molto motivato. Per lui l’anno scorso è stato un anno zero in cui ha ricostruito. Se penso all’Andora di agosto e a quella che ha chiuso il campionato ad aprile, la differenza è abissale. Questo è merito del mister, che ha svolto un lavoro importante come dimostrano i miglioramenti evidenti. Deve proseguire su quella strada. È carico, consapevole che ci aspetta un campionato difficile: tutte le squadre si sono rinforzate, anche le neopromosse. Sarà difficile scendere in campo e vincere facilmente: non mi viene in mente una partita facile. È sempre stato così, ma quest’anno lo sarà ancora di più. Il mister è pronto e lo sarà anche lo staff quando inizieremo.

Come vi state muovendo sul mercato?

Abbiamo perso un giocatore importante, il nostro capitano Tiziano Pollio (promesso sposo dell’Albingaunia). È stata una scelta che rispettiamo e comprendiamo: gli auguriamo il meglio sotto ogni aspetto. Sicuramente ci mancherà, ma siamo vicini alla chiusura per almeno due centrocampisti e un attaccante. Speriamo che nei prossimi giorni arrivino le firme. Il nostro obiettivo primario era confermare il gruppo dell’anno scorso: avendo già 16-17 giocatori confermati, possiamo integrarli con altri profili. Ovviamente non possiamo permetterci i colpi dalla Virtus Sanremo, quindi dobbiamo puntare su ragazzi poco conosciuti o in fase di crescita calcistica, sperando che possano fare uno scatto ulteriore. I giocatori visionati hanno ottime qualità e possono integrarsi bene nel gruppo, colmando quei limiti che conosciamo. Ci mancano un paio di mediani e un attaccante, ma non un semplice finalizzatore: cerchiamo un uomo d’impatto, che dia qualità e presenza in campo.

Per un ex Albenga come te, che sensazioni ti porta rivedere attivo il club bianconero con tante persone ingaune?

Rivedere in campo la nuova Albenga, l’Albingauna, in campo fa un certo effetto. L’anno scorso c’era il timore che non si riuscisse nemmeno a iscrivere la squadra. Personalmente, da dirigente ho vissuto un’esperienza molto breve perché dopo 15 giorni io e Cocito avevamo già capito la situazione e ci siamo dimessi. Quest’anno è stata fatta una scelta giusta, che merita il massimo supporto da parte di tutti gli appassionati ingauni. L’importante è rivedere la maglia bianconera in campo. Due mesi fa, questo non era scontato. Sarebbe stata una mazzata per tutto l’ambiente vedere sparire quei colori. Ho tanti amici coinvolti in questo nuovo progetto: da Feroleto a Licata, da Gabriele Patrucco a Massone. Tutte persone che si sono unite per creare una nuova realtà. È una realtà da ammirare. Non so cosa potrà fare sul campo ma è una squadra già competitiva. I giocatori che c’erano l’anno scorso al Vadino erano validi e si sono ulteriormente rinforzati. Giocare con la maglia bianconera ti dà sempre qualcosa in più. È una squadra da rispettare e che, secondo me, darà soddisfazioni. È ammirevole ciò che hanno fatto, sia i dirigenti dell’ex Vadino che i nuovi dell’Albingauna. In due mesi hanno compiuto uno sforzo enorme e il fatto che i colori bianconeri tornino a dare il calcio d’inizio è solo merito loro. Sono contento perché da ex giocatore dell’Albenga questa squadra non meritava una brutta fine dopo questi anni di gestioni fallimentari. L’anno scorso è stato l’anno terminale. Ora sapere che la società è in mano a persone perbene è fondamentale.

Ormai siamo al tuo terzo anno da direttore sportivo, avventura che hai intrapreso dopo aver appeso gli scarpini al chiodo. In cosa ti senti migliorato?

Rispetto ai primi tempi sono diventato più riflessivo. Il primo anno avevo ancora gli scarpini metaforicamente addosso: ero istintivo, commettevo errori di valutazione, sia tecnici che comportamentali. Ora sto crescendo e ho compreso che c’è una distanza netta tra il calciatore e chi fa il dirigente. Non sono più un compagno di squadra, ma un dirigente. Ovviamente, parliamo sempre di una categoria in cui prendere tutto troppo sul serio sarebbe eccessivo: siamo qui per divertirci, non per guadagnare. Però sto iniziando a divertirmi anche in questo ruolo, perché ho scoperto lati del calcio che non conoscevo. Come dirigente devi avere mille occhi. Ma mi rendo conto che, in tanti anni di calcio, ho seminato rapporti umani importanti che oggi mi aiutano. Il fatto di aver sempre tenuto comportamenti rispettosi, oggi mi premia, soprattutto sul piano umano: posso relazionarmi con tanti dirigenti e allenatori con cui ho rapporti di stima e amicizia.

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Il Vostro Giornale

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