“Aspromonte Emiliano”, al via il processo d’appello per i narcos della ‘ndrangheta
- Postato il 28 settembre 2025
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“Aspromonte Emiliano”, al via il processo d’appello per i narcos della ‘ndrangheta
“Aspromonte Emiliano”, fissato a ottobre il processo d’appello per i narcos della ‘ndrangheta tra San Luca e il Crotonese
CROTONE – Approda in Appello per 31 imputati, in primo grado condannati a pene per quasi quattro secoli di reclusione, il processo scaturito dall’inchiesta che portò all’operazione “Aspromonte Emiliano”. Nel maggio 2023 la Guardia di finanza e la Dda di Bologna disarticolarono inedite sinergie criminali nel narcotraffico internazionale strette in Emilia dalla ‘ndrangheta di San Luca e da quella del Crotonese. Il gup di Bologna accolse quasi in toto le richieste del pm antimafia Roberto Ceroni.
Significativo che le pene più alte, a 20 anni di reclusione ciascuno, siano state quelle disposte per il presunto vertice dell’organizzazione, l’ex super latitante Giuseppe Romeo, della nota famiglia mafiosa detta anche “Staccu” di San Luca, e per il petilino Pietro Costanzo, che avrebbe svolto un ruolo importante dopo l’arresto del capo. L’emblema di quelle sinergie criminali sono lingotti d’oro puro. I proventi della droga venivano investiti, infatti, anche in beni rifugio di natura speculativa. Tant’è che al boss sanlucoto e a due imputati ritenuti vicini alle cosche del Crotonese, come il cutrese Francesco Silipo e il melissese Gennaro Lonetti, è contestato anche il riciclaggio.
MILLE CHILI DI DROGA
Dietro la regia di Romeo, i crotonesi emigrati sarebbero stati tra i corrieri più attivi nell’ambito della presunta holding della droga di matrice calabro-emiliana che avrebbe gestito traffici di oltre mille chili di cocaina, centinaia di chili di hashish, decine di chili di marijuana per un giro di affari di svariati milioni di euro.
L’inchiesta, condotta dal Gruppo operativo antidroga della Guardia di finanza di Bologna, avrebbe fatto luce su traffici di droga per svariati milioni di euro, di cui almeno cinque riciclati grazie all’apporto di cinesi dediti al cosiddetto fei ch’ien, il denaro volante. I proventi, infatti, sarebbero stati reinvestiti in società di capitali fittiziamente intestate a prestanome, utilizzate per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti nonché per ottenere il supporto logistico e documentale con cui “mascherare” i trasporti di droga, in pieno lockdown per il Covid, attraverso false bolle di accompagnamento.
CHAT CRIPTATE
Gli imputati, secondo l’accusa, creavano i gruppi sulla chat criptata SKY ECC per condurre indisturbati i loro affari di droga. I broker utilizzavano utenze telefoniche sudamericane per sondare la disponibilità dei prelevatori di denaro e dare loro indicazioni su giorno, ora, coordinate geografiche della consegna e informazioni utili ai corrieri incaricati. Dalle motivazioni della sentenza di primo grado si ricava un precedente che sancisce la genuinità delle prove acquisite nei processi contro i narcos della ‘ndrangheta.
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Secondo il gup di Bologna, «occorre conformarsi» ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno sancito l’utilizzabilità delle chat scambiate tramite criptofonini e acquisite dagli inquirenti francesi. Il servizio digitale Sky Ecc è uno dei meccanismi di comunicazione anonima preferito dai “signori della droga” in tutto il mondo. E sono milioni le conversazioni acquisite tramite criptofonini in oltre 70mila dispositivi ormai utilizzabili. Un patrimonio inestimabile di conoscenze rischiava però di andare sprecato.
UTILIZZABILITÀ PROCESSUALE
Una controversa questione era stata sollevata dai difensori di alcuni imputati dopo che le autorità inquirenti francesi erano riuscite a bucare la piattaforma SKY ECC. In passato la Cassazione aveva escluso l’utilizzabilità processuale in quanto mancherebbe il legittimo consenso del titolare dei dati visto che chat e algoritmo di decriptazione erano stati acquisiti in modo occulto da parte delle autorità inquirenti francesi e, quindi, di fatto, senza il consenso della Sky Global, la società che deteneva i dati.
Essendosi formate varie posizioni giurisprudenziali, la questione è stata rimessa all’esame delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Secondo le Sezioni Unite, ai fini dell’emissione dell’ordine europeo di indagine per l’acquisizione delle chat, «non occorre la preventiva autorizzazione del giudice». Si applica la disciplina del sequestro che prevede la possibilità che questo atto probatorio venga adottato direttamente dall’organo inquirente. Il trasferimento dei dati – cioè dei messaggi su chat di gruppo scambiati con sistema cifrato – rientra nell’acquisizione di atti di un procedimento penale.
GLI IMPUTATI
Ecco gli imputati che compariranno davanti alla Corte d’Appello di Bologna il prossimo 24 ottobre.
- Teresa Alfì, di 33 anni, di Cirò Marina.
- Francesco Barbera (55), di Rizziconi.
- Giuseppe Cardaciotto (36), di Cinquefrondi.
- Giuseppe Condello (55), di Taurianova.
- Niko Costanzo (31), di Petilia Policastro.
- Pietro Costanzo (33), di Petilia Policastro.
- Rosario Costanzo (61), di Petilia Policastro.
- Alessio Drago (32), di Cariati.
- Claudio Fava (43), di Scandiano.
- Vincenzo Ferrinda (43), di Oppido Mamertina.
- Giovanni Generoso (31), di Guastalla (RE) ma originario di Cutro.
- Fortunato Giorgi (60), di San Luca.
- Giuseppe Giorgi (29), di Melito Porto Salvo.
- Giuseppe Giorgi (25), nato in Belgio.
- Nertil Hoxhaj (50), nato in Albania.
- Gennaro Lonetti (38), di Melissa.
- Massimiliano Masi (43), di Roma.
- Domenico Napoli (39), di Locri.
- Daniele Pezzella (46), di Napoli.
- Francesco Procopio (42), di Melissa.
- Ervin Proshka (34), nato in Albania.
- Giuseppe Romeo (39), di San Luca.
- Costanzo Sanna (62), di Sassari.
- Francesca Santoriello (26), di Bagnolo in Piano (RE).
- Michele Saracino (34), di Cerignola (FG).
- Francesco Silipo (37), di Cutro.
- Francesco Sirto (40), di Crotone.
- Ottavio Sirto (64), di Isola Capo Rizzuto.
- Ankeloid Tuci (43), nato in Albania.
- Francesco Ventura (46), di Isola Capo Rizzuto.
- Chunxiong Ye (70), nata in Cina.
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