Autunno all’italiana: la sinistra ritrova le piazze ma le piazze non ritrovano la sinistra
- Postato il 12 ottobre 2025
- Agenzie
- Di Blitz
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Autunno all’italiana: la sinistra ritrova le piazze ma le piazze non ritrovano la sinistra. Mentre la destra, che si sente accerchiata, gioca a fare la vittima e a delegittimare chi manifesta.
All’improvviso tutto è cambiato. La società civile si è risvegliata dal torpore tecnologico ed è scesa in piazza. Il genocidio di Gaza ha toccato le coscienze di molti. Un movimento autonomo quello che ha manifestato. E forse è un bene che lo sia stato. Di certo la sinistra, ma anche la destra, non si aspettava tutto questo, o meglio, se lo auspicava, ma con la stessa consapevolezza di chi compra un gratta e vinci per tentare la fortuna.
Ma tant’è, le piazze si sono riempite ed adesso la sinistra si domanda, che fare?
Perché effettivamente, il moto popolare per Gaza, potrà non essere “la fiamma che incendia la rivoluzione”, ma sicuramente porta in dote un potenziale ed un significato da non sottovalutare, almeno dal punto di vista politico; e non sono di certo le elezioni regionali di questo autunno l’indicatore con il quale misurare la spinta propulsiva, – si sarebbe detto in un’altra epoca -, che questo movimento può generare.
È certo però, che la sinistra ne ha bisogno come il pane, perché se vorrà competere con la Meloni alle prossime elezioni politiche, dovrà smuovere le coscienze e convincere i propri elettori a tornare alle urne. In questa prospettiva, occorrerebbe non oggi ma ieri, una sinistra pronta, con un vero leader autorevole, capace di cogliere questi passaggi.
La sinistra arranca

Ed invece, la sinistra arranca, fatica a trovare le parole adatte per agganciare il malessere. Emerge l’assenza di connessione, nessun canale che possa metterla in contatto con il movimento che sta crescendo in tutto il Paese. Tuttavia, il momento è di quelli che lasciano qualche speranza alla sinistra, perché se l’energia delle piazze diventasse strumento di opposizione politica, anche per le questioni interne al Paese, allora la partita sarebbe riaperta per ovvi ed evidenti motivi.
La Meloni, il Governo che presiede e la maggioranza politica che l’appoggia in Parlamento ne sono coscienti. Hanno capito che questo movimento per Gaza potrebbe diventare altro e magari durare fino al 2027, quando si terranno le elezioni politiche. Ed allora sarebbe un guaio, perché la forza trascinatrice di un siffatto movimento avrebbe buone possibilità di riportare al voto in molti, e si sa, l’astensionismo è prevalentemente a sinistra. Per non parlare del clima infuocato nel quale Meloni dovrebbe governare il Paese nei suoi ultimi due anni di mandato.
Dal 2022 ad oggi, cioè da quando è salita a Palazzo Chigi, questo è il momento per lei più difficile. L’eccessivo suo nervosismo, poco istituzionale, lo dimostra. Sente che nel Paese qualcosa comincia a muoversi. La propaganda trionfalista che la caratterizza si trova adesso a dover fare i conti con la cruda realtà dei numeri e dei fatti. E lei che fa? Alza i toni, prova a divide il Paese, diventa aggressiva, delegittima chi manifesta, fa la vittima, si scompone. C’è poco da fare però, questa partita l’ha persa, sia sul piano dei contenuti che su quello della comunicazione, e se a sinistra ci fosse stata una valida alternativa, si sarebbe trovata in guai più seri.
A questo punto, con la pace in divenire, si tratterà di capire che direzione prenderà l’energia prodotta dal movimento per Gaza. Si dissolverà? Spingerà la sinistra verso qualcosa di nuovo? Oppure si metterà in attesa, pronta a sprigionarsi nelle piazze per altre battaglie?
Lev Trotsky, ricostruendo la storia della Rivoluzione Russa, ci dice che il 21 giugnodel 1917, sulla Pravda, Lenin invitava gli operai e i soldati di Pietroburgo ad attendere: «Comprendiamo l’amarezza, comprendiamo l’effervescenza degli operai di Pietroburgo. Ma noi diciamo loro: compagni, un’azione diretta, per il momento, non sarebbe ragionevole». Chissà cosa s’inventeranno Schlein, Conte e gli altri, e chissà quali saranno le reazioni di questa destra rudimentale e novecentesca. Di certo c’è che l’autunno all’italiana ha evidenziato ancora una volta l’inadeguatezza della classe politica, da una parte e dall’altra, ormai diventata agente stimolatrice dei peggiori difetti nazionali.
Alessandro Baricco scrive che “adesso è difficile individuarlo, ma c’è stato un giorno, recente, in cui Gaza ha smesso di essere il nome di una terra per diventare la definizione di un limite: la linea rossa che molti di noi hanno scelto come confine invalicabile. Da quel giorno, lottare al fianco di Gaza non è più stata una scelta politica, da legittimare o da porre in discussione. È diventata una mossa mentale in cui una certa umanità ha preso distanza da un’altra, rivendicando una propria idea della Storia e richiedendo indietro il mondo a chi glielo stava scippando”.
Le piazze hanno fatto invecchiare i partiti di altri cent’anni. Non ci rimane che sperare, in cosa e in chi ancora non lo sappiamo. Ma su questo Monicelli era chiaro, “la speranza è una trappola inventata dai padroni”.
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