Boschi malati, paesaggi stravolti: Alpi devastate dal bostrico, l’insetto che distrugge gli abeti rossi. “E’ una guerra, la politica vada oltre l’emergenza” | Videoreportage

  • Postato il 11 agosto 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Abeti marci e schiantati a terra, montagne “bucate”, e un’epidemia che non si vede, se non nei suoi effetti nefasti. Il bostrico sta devastando le Alpi, dalla Lombardia orientale fino al Friuli-Venezia Giulia. In Valle di Fiemme, in Trentino-Alto Adige, ha colpito duro, mettendo in ginocchio una comunità – già provata dalla tempesta Vaia del 2018 – che per secoli si è sviluppata intorno allo sfruttamento del legname e alla gestione forestale. Ora il bostrico (nome scientifico ips typographus) ha fatto più danni di Vaia: circa 38mila ettari di boschi distrutti (l’estensione del Lago di Garda). La Magnifica Comunità di Fiemme sta coordinando una ventina di cantieri di esbosco: dal 2021 vengono tagliati solo abeti rossi infestati. Ora, al di là del monitoraggio e della rimozione degli alberi malati, si stanno occupando anche del rimboschimento. Un lavoro lento, faticoso – i risultati si vedranno tra 70-80 anni – e molto costoso: per rimboschire 200 ettari sono stati necessari circa 850mila euro. Come spiega il direttore forestale Andrea Bertagnolli, un’azione che si rende necessaria “sia sotto il punto di vista economico, per il legname, sia soprattutto perché serve che i boschi tornino a garantire i propri servizi ecosistemici: dalla protezione del suolo, in ottica dissesto idrogeologico, al ciclo dell’acqua fino al valore culturale e paesaggistico”. In questo senso, rispetto al passato, la strategia selvicolturale è cambiata radicalmente: non più boschi di soli abeti rossi, ma boschi misti, con diverse specie, e disetanei. Ciò per renderli più resistenti in caso di nuove infestazioni e, più in generale, per attutire al meglio le conseguenze dei cambiamenti climatici. Anche perché, come rivela l’entomologo Massimo Faccoli dell’Università di Padova, proprio “a causa della crisi climatica, le peccete, sotto i 1.100-1000 metri di quota, alle nostre latitudini, sono destinate a scomparire“. Da qui diventa fondamentale il supporto – e, in teoria, la lungimiranza – della politica: “Il rischio è che, passata l’emergenza – dice Bertagnolli – ci sia un disimpegno. Al contrario, è necessario che venga riconosciuto il valore dei boschi, al di là di quello economico”.

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