Bosnia, Ana Babic nuova presidente ad interim dell’entità serba: decaduto il filorusso Dodik. I possibili sviluppi e il ruolo degli Usa

  • Postato il 22 ottobre 2025
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Il Parlamento Republica Srpska, una delle due entità territoriali che formano la Bosnia Erzegovina a maggioranza serba, ha preso atto della decadenza del Capo di Stato Milorak Dodik e ha nominato come Presidente ad interim Ana Trisic Babic, in vista delle elezioni previste per il prossimo 23 novembre. L’entità territoriale è entrata così in una nuova fase politica e gli sviluppi di questa situazione possono influenzare il futuro di Sarajevo e il suo percorso di integrazione con l’Unione Europea. Si tratta infatti di uno sviluppo significativo per diverse ragioni. Dodik ha esercitato per decenni una profonda influenza sulle dinamiche della Republika Srpska ricoprendo le più alte cariche dell’entità territoriale e ostacolando il processo di riconciliazione serbo-bosniaco previsto dagli Accordi di Dayton nel 1995. Per questa ragione è sottoposto a sanzioni da parte di Stati Uniti, Regno Unito e diversi Paesi europei. L’ormai ex Presidente è noto per le posizioni russofile, euroscettiche e separatiste, per la volontà di far tornare la Republika Srpska nell’alveo della Serbia e per il negazionismo nei confronti dei crimini commessi dall’esercito di Belgrado durante la guerra di Bosnia degli anni Novanta.

La decadenza di Dodik è maturata lo scorso agosto, in seguito a una condanna in appello a un anno di carcere e a sei anni di interdizione politica per aver ostacolato le azioni dell’Alto Rappresentante Christian Schmidt, una figura apicale prevista dagli Accordi di Dayton e che deve garantirne l’applicazione. Per mesi Dodik ha rifiutato di accettare la decadenza e ha continuato a ricoprire la carica di Presidente ma la decisione del Parlamento locale segna un cambio di passo. Secondo quanto riportato dal portale Balkan Insight dietro questa svolta politica potrebbe esserci l’influenza degli Stati Uniti. Negli ultimi giorni, infatti, il Dipartimento del Tesoro americano ha cancellato le sanzioni a cui erano sottoposti quattro stretti alleati di Dodik, colpiti dai provvedimenti per aver partecipato ad un’azione giudicata per due volte incostituzionale dalle autorità bosniache.
La rimozione delle sanzioni, che ha ricevuto l’apprezzamento di Dodik, ha avuto luogo dopo mesi di attività di lobby da parte delle autorità serbo-bosniache a Washington in seguito al ritorno alla presidenza di Donald Trump. L’obiettivo finale di Dodik è, ovviamente, la cancellazione delle sanzioni a suo carico e questa prima scelta fatta da Washington potrebbe andare in questa direzione.

La Presidenza Trump, come riportato da Gis Report, sembra voler aver un’influenza pacificatrice sui Balcani Occidentali ed a dimostrarlo c’è stato l’intervento per ridurre le tensioni tra Kosovo e Serbia nei primi mesi di quest’anno. Trump intende promuovere stabilità nei Balcani Occidentali per ragioni di natura economica, per garantire stabilità in Europa eliminando un nucleo di tensioni sul fianco della Nato e per potersi focalizzare sulla principale minaccia strategica della sua presidenza: la Cina. Sullo sfondo restano però, le complesse dinamiche bosniache che difficilmente si prestano ad una risoluzione semplificata.
La nazione, a trent’anni dalla fine del sanguinoso conflitto che ha provocato la morte di centinaia di migliaia di persone e sancito l’indipendenza del Paese, non ha risolto in maniera definitiva i problemi che minano il funzionamento delle istituzioni statali.

Gli Accordi di Dayton del 1995 hanno dato vita a un complesso quadro politico nel quale convivono due entità, la Republika Srpska a maggioranza serba e la Federazione Croato-Musulmana dominata da bosniaci e croati, che hanno aspirazioni diverse. La prima guarda con favore a Belgrado e alla Russia, è contraria alla Nato e non si riconosce nelle istituzioni bosniache mentre la seconda è fortemente europeista, atlantista e non ha buoni rapporti con la Serbia. I parlamenti delle due entità godono di ampi poteri ma devono fare i conti con l’Assemblea legislativa della Bosnia-Erzegovina, i cui seggi sono ripartiti tra le tre etnie e con la Presidenza tripartita, che ha al vertice in serbo, un croato ed un bosniaco. Rivalità e mancanza di dialogo, a cui cerca di sopperire l’Alto Rappresentante, hanno inibito il funzionamento delle istituzioni e la comunità internazionale si è interessata sempre meno delle vicende di Sarajevo ed al momento il quadro politico della Republika Srpska non appare promettente.

L’Alleanza dei Social Democratici Indipendenti, il partito dell’ex Capo di Stato, si è imposto ad ogni elezione parlamentare e presidenziale che si è svolta dal 2006 in poi ed esercita un dominio significativo sulle istituzioni della Republika Srpska. Le opposizioni, poi, non sono necessariamente favorevoli a una pacificazione della Bosnia-Erzegovina. Il Partito Democratico Serbo,
conservatore ed europeista, è sottoposto a sanzioni da parte degli Stati Uniti ed è nato nel solco ideologico ultranazionalista e separatista tracciato dal Generale serbo-bosniaco Radovan Karadzic, condannato per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità dal Tribunale Penale Internazionale per l’Ex-Yugoslavia. La formazione politica è giunta al secondo posto nelle ultime elezioni parlamentari e presidenziali.

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Il Fatto Quotidiano

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