Caso Pelicot, la figlia Caroline Darian non parla più alla madre Gisèle: “Per me non è un’icona. Mi ha abbandonata”

  • Postato il 27 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Mia madre mi ha lasciato la mano in quell’aula di tribunale. Mi ha abbandonata”. A rivelarlo è Caroline Darian, figlia di Gisèle Pelicot, intervistata dal Telegraph. In un lungo colloquio con la giornalista Celia Walden, la figlia di colei che è diventata simbolo della lotta contro la violenza sulle donne racconta della vita dopo che il padre Dominique è stato condannato a 20 anni per aver drogato e stuprato la madre insieme a oltre 50 persone. Ora, a meno di un anno di distanza, la figlia ha raccontato di aver smesso di parlare alla madre: “Non è un’icona, non per me”, ha dichiarato.

Quella di Caroline è una vita divisa in due da una telefonata, quella che il 2 novembre 2020 le ha annunciato l’arresto del padre. Quel giorno l’uomo era stato fermato per aver tentato di filmare le gonne di alcune donne in un supermercato, ma nel giro di poco le indagini avevano dimostrato come fosse uno dei più abominevoli predatori sessuali della storia francese. Eppure fino ad allora per Darian non erano che “una famiglia borghese a cui non era mai mancato nulla”, come racconta in “E ho smesso di chiamarti papà“, il suo memoir. Nel cognome con cui si fa conoscere ora, Darian, l’unione del nome dei due fratelli: David e Florian, uno più grande e uno più piccolo.

“Per quattro anni ho accompagnato mia madre ovunque”, ha raccontato al Telegraph, “l’ho sostenuta senza mai giudicarla. E non è stato sempre facile perché non voleva sentire quello che le dicevo su Dominique. Ma in quell’aula di tribunale, avrebbe dovuto aiutarmi“. E invece quando Caroline ha denunciato il padre dopo aver trovato una cartella dal nome esplicito,Mia figlia nuda“, con dentro foto in cui la donna appariva priva di sensi e indossava biancheria intima non sua, Gisèle Pelicot ha rassicurato la figlia con una frase sola: “Tuo padre è incapace di una cosa del genere”. Quella madre personaggio pubblico, simbolo, “non ha niente a che fare con me”, dice ora Darian, aggiungendo che “mia madre non è un’icona, non per me.” Tanto che alla giornalista dice: “Oggi non abbiamo più un padre o una madre“.

Le indagini a carico di Pelicot per la cartella sono ancora in corso. Interrogato in merito, l’uomo disse di non sapere nulla di quelle immagini. Per le violenze sulla moglie l’uomo è stato condannato a 20 anni di carcere, e i 50 coimputati – probabilmente non tutti gli uomini che abusarono di Gisèle – sono stati dichiarati colpevoli di stupro, tentato stupro o violenza sessuale. Ma l’apertura di un secondo caso che vede come vittima la figlia non ha avvicinato le due donne, tanto che, dice Caroline Darian alla giornalista, lei e sua madre non si parlano più.

Una scoperta, quella delle foto, che dava senso a diversi problemi fisici, tra cui una lacerazione vaginale che non riusciva a guarire e che a quel punto assumevano un nuovo valore. Come nuovo era il dolore di quel momento, che ha portato la donna a un ricovero psichiatrico d’urgenza di 72 ore, dal quale è nata la necessità di scrivere, raccontare, “riappropriarsi della storia”. Una “sorta di terapia“, spiega che potesse però servire anche ad altri. “Volevo che la nostra storia fosse utile. Volevo iniettare un po’ di senso in qualcosa che era… insensato”, tanto che la donna è attivista per i diritti delle vittime di violenza sessuale in tutto il mondo e fondatrice del movimento #MendorsPas (letteralmente “non mi addormentare”), per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sottomissione attraverso l’uso di sostanze che inibiscono la libertà della vittima.

“Non si può dire ‘sono tutti uomini’, o che quello che è successo sia un riflesso di tutti gli uomini. Non sarebbe giusto. Ho un bambino che domani sarà un uomo. Ho dei fratelli, e queste discussioni estreme non sono d’aiuto. Quello che dobbiamo chiederci è: cosa sta succedendo qui? Come educheremo i nostri ragazzi e i nostri uomini?”. Tornando al padre, che ha affermato di essere stato violentato da un’infermiera in ospedale quando aveva nove anni, Darian ha aggiunto: “Non si nasce pervertiti, lo si diventa”, spiegando che dei 51 uomini processati per le violenze alla madre “più di 30 erano stati vittime di reati sessuali durante l’infanzia, che fossero stati abusati dai propri padri o parenti, o avessero subito violenze di un tipo o dell’altro. Ed è proprio di questo che stiamo parlando qui, di come la violenza continui a perpetuarsi“.

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