C’è un cavallo nel cielo di Padova: la statua del Gattamelata smontata e restaurata. La maxi-operazione sulla prima grande scultura di Donatello

  • Postato il 24 ottobre 2025
  • Cultura
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Ci sono voluti solo 80 minuti per far “scendere” da cavallo Erasmo da Narni, detto Il Gattamelata, e posizionarlo sulla speciale struttura “a sella” che lo sosterrà per i prossimi mesi. E chissà se il capolavoro di Donatello tornerà mai all’aperto, nella posizione che occupa da quasi sei secoli. A Padova, di fronte alla Pontificia Basilica di Sant’Antonio, è iniziata la fase operativa della delicata e complessa operazione di restauro della prima grande scultura in bronzo realizzata tra il 1447 e il 1453 da Donatello, su commissione della famiglia del condottiero, con l’avallo del Senato della Repubblica Veneta.

Un’altezza di 3,40 metri, larghezza di 3,90, con la sola figura umana che pesa quasi mezza tonnellata e il cavallo raggiunge i 1600 chili: è la terza volta che viene smontata. Era già accaduto nel mese di novembre del 1917, quando il monumento venne ricoverato a Palazzo Venezia sino al termine della Grande Guerra; fece poi ritorno sul Sagrato nel luglio del 1919. La seconda avvenne il 1° ottobre del 1940, all’inizio del secondo conflitto mondiale, quando il gruppo scultoreo fu smontato e ricoverato all’Abbazia di Carceri d’Este, in provincia di Padova, dove rimase sino al 6 giugno 1945.

Lo spostamento delle due parti dell’opera di Donatello – un momento davvero storico per questo monumento considerato tra i capolavori della scultura rinascimentale – si è reso necessario per ultimare gli accertamenti preliminari al restauro, una grande operazione per la quale alla fine occorrerà circa un milione e 100mila euro. Le risorse saranno recuperate grazie al sostegno di due organizzazioni americane senza scopo di lucro attive da decenni sul territorio nazionale, ovvero Friends of Florence e Save Venice, che hanno già collaborato in passato.

“Save Venice ha già finanziato il restauro di un’opera di Donatello – dice Melissa Conn, direttrice dell’ufficio italiano di Save Venice -, il San Giovanni Battista alla Chiesa dei Frari. E abbiamo già collaborato con Friends of Florence nel 2016, per commemorare i 50 anni dall’alluvione del 1966. Per cui tra di noi vi era già un rapporto di amicizia e la disponibilità a collaborare. È stata la presidente dei Friends of Florence a chiamarmi e a proporre di lavorare insieme per questa importante operazione, d’altronde noi già lavoriamo in tutto il Veneto e comunque siamo più vicini a Padova rispetto a loro e possiamo quindi seguire più da vicino i lavori”. “Abbiamo deciso di intervenire per questo restauro – dice Simonetta Brandolini d’Adda, presidente dei Friends of Florence – prima di tutto perché è uno dei capolavori di Donatello. E poi, anche se si tratta di un’opera che sta fuori dalla Toscana, l’autore è fiorentino e quindi ha un legame con la nostra azione. Di Donatello in passato ci eravamo già occupati e in più c’è stata la motivazione delle pessime condizioni in cui si trovava l’opera: sono stata sul ponteggio qualche mese fa ed era evidente che occorreva un progetto di intervento sia per l’opera bronzea, sia per la base. E una volta staccato dal cavallo e posato a terra, il Gattamelata ha rivelato dei dettagli che non si riescono ad apprezzare quando si trova sulla base lapidea. Infine voglio sottolineare che è di nuovo un grande onore lavorare insieme a Save Venice, che ancora una volta si conferma un partner ideale per operazioni come queste”. L’intervento delle organizzazioni no profit insomma è stato provvidenziale, come già in altri casi, per la conservazione del patrimonio culturale nazionale, che altrimenti correrebbe seri pericoli.

E se mercoledì 8 ottobre è apparsa veloce, ma spettacolare, la “discesa” da cavallo della statua di Erasmo da Narni, più lento, ma altrettanto suggestivo, è sembrato, il giorno seguente, il sollevamento del cavallo dalla base lapidea e lo spostamento a terra per il breve viaggio fino al luogo di ricovero, dove anche le sue condizioni saranno analizzate, prima di dar via al restauro vero e proprio.

Che problemi ha il celebre monumento padovano? “La prima fase delle indagini, condotte d’intesa con la Soprintendenza e con la collaborazione del centro di studi e ricerche sui beni culturali dell’Ateneo di Padova – spiega l’architetto Ugo Soragni, direttore scientifico per il restauro -, ha permesso di identificare ed approfondire lo stato di alterazione delle superfici bronzee del gruppo equestre e la vulnerabilità strutturale tanto di esso quanto del suo basamento in pietra”. Da qui le indagini sono proseguite e sono stati decisi i primi interventi conservativi in un ambiente controllato e protetto.A occuparsi del restauro del capolavoro donatelliano sarà Nicola Salvioli, esperto restauratore che ha già avuto a che fare con capolavori del calibro della Giuditta proprio di Donatello, il Cosimo I a cavallo e il Cristo della Santissima Annunziata entrambe del Giambologna a Firenze, i bronzi della Fontana del Nettuno e la Testa di cavallo (la Testa Carafa) del Museo Nazionale Archeologico sempre nel capoluogo toscano e le cinque statue bronzee di Niccolò Baroncelli nella Cattedrale di Ferrara, tanto per citare alcuni interventi di rilievo.

“Ora che l’opera è stata rimossa dalla base e trasportata al coperto – afferma Salvioli – approfondiremo la campagna diagnostica e poi faremo il progetto di restauro. Il bronzo è molto corroso e poi nelle movimentazioni precedenti si sono dissestati un po’ gli elementi, perché l’opera è composta da più di 36 parti in bronzo. E poi il basamento, costituito da diversi tipi di pietre, ha tanti problemi di fratture e infiltrazioni, insomma sta molto male. Alla fine del restauro l’opera verrà protetta con le vernici che normalmente usiamo e comunque, se torna fuori, si metteranno tutte le vernici e le cere possibili e immaginabili, e si farà la manutenzione. Se invece resterà al coperto si può pensare a una protezione un po’ più leggera. Ma non sta a me decidere se il Gattamelata tornerà all’aperto o andrà al chiuso. Io comunque raccomanderei di non riportarlo all’aperto“.

Infine i tempi. Risponde sempre Salvioli: “Entro sei mesi speriamo di avere il progetto di restauro e poi di iniziare il lavoro vero e proprio che durerà da 12 a 18 mesi. In definitiva occorreranno da un anno e mezzo a due anni, per poter rivedere Erasmo da Narni davanti alla Basilica di Sant’Antonio”. Sempre che non ne venga decisa la musealizzazione in un luogo da stabilire. Per esempio nel vicino Museo Civico dove è stato allestito il laboratorio per le analisi e il restauro dell’opera. Lì gli spazi ci sono eccome. La conservazione di questo capolavoro sarà in ogni caso la priorità.

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Il Fatto Quotidiano

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