Chi è causa del suo mal pianga se stesso: dietro alle truffe finanziarie online c’è anche l’avidità

  • Postato il 28 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. È un vecchio adagio che calza a pennello per raccontare il dramma di settanta milioni di euro evaporati in appena due anni nei meandri delle truffe finanziarie online, come segnalato da una analisi condotta dalla Guardia di Finanza. Non bastano la scaltrezza dei truffatori, la tecnologia sempre più raffinata, i messaggi costruiti al millimetro per sedurre le vittime. Il vero detonatore di questo disastro economico è l’avidità. La stessa che sei anni fa denunciavo su queste pagine, quando scrivevo che gli Alex Fodde (ve lo ricordate il giovane svizzero che si fingeva broker e che prometteva ai risparmiatori grandi guadagni a “rischio zero”? ) non sono l’unico male e che spesso la fragilità dei risparmiatori è il vero carburante del sistema delle illusioni. E oggi quella fragilità, unita alla smania di facili guadagni, diventa il terreno fertile su cui prosperano queste nuove truffe digitali.

I dati elaborati dalla Guardia di Finanza parlano chiaro. Tra il 2022 e il 2024 sono stati bruciati quasi 70 milioni di euro in truffe online legate a investimenti fasulli, in un contesto nel quale le Fiamme Gialle hanno avviato oltre 90 indagini e denunciato 246 persone per truffa e abusivismo finanziario tra il 2024 e i primi cinque mesi del 2025. Si tratta di cifre impressionanti che testimoniano un salto esponenziale non soltanto nel numero delle vittime, ma soprattutto nei capitali sottratti ai risparmiatori. E ciò che è ancor più drammatico è che i dati sui recuperi delle somme perse restano estremamente bassi. Nella maggior parte dei casi i soldi finiscono su conti esteri o transitano su piattaforme difficili da intercettare e da bloccare.

Per tentare un recupero servono tempestività e tanta professionalità, perché più si lascia passare il tempo più le tracce si disperdono e le possibilità di successo si riducono drasticamente. Questo rende ancora più evidente quanto sia fondamentale non solo prevenire, ma anche muoversi subito con esperti qualificati quando si cade in queste reti criminali.

Il fenomeno delle truffe via social, tramite email e telefonate, si è trasformato in un business colossale proprio grazie alla disponibilità dei risparmiatori a credere in rendimenti fuori mercato senza nemmeno porsi le domande più basilari. Nell’analisi si sottolinea come questi raggiri sfruttino promesse di profitti garantiti, piattaforme di trading “miracolose” e sistemi automatizzati che farebbero guadagnare anche mentre si dorme. E tutto questo, come emerge dai dati ufficiali, avviene mentre il livello di vigilanza personale dei risparmiatori resta disarmante.

Ma attenzione: non si tratta di un problema di scolarizzazione e di educazione finanziaria. Nella mia esperienza di consulente, ho assistito personalmente a casi in cui sono caduti nella trappola anche professori universitari, docenti abituati a pensare in modo analitico, con titoli accademici e carriere consolidate. Questo dimostra che non è l’ignoranza a rendere vulnerabili, ma l’emotività. Quando entra in gioco la promessa di un guadagno facile, anche le menti più brillanti possono sospendere il senso critico e farsi abbagliare dalla prospettiva di moltiplicare i risparmi. L’avidità, quando prende il sopravvento, non fa distinzioni di ceto, cultura o curriculum.

C’è un’equazione in finanza, una formula semplicissima, comprensibile anche a un bambino, che tutti dovrebbero conoscere per evitare spiacevoli sorprese. Alto rischio uguale alto rendimento. Basso rischio uguale basso rendimento. Tenetela a mente, tenetela a mente come chiunque si avvicini agli investimenti dovrebbe fare. Perché chi vi promette l’alto rendimento senza rischio vi sta solo vendendo un’illusione e, quasi sempre, una fregatura.

La storia si ripete: un messaggio accattivante, una telefonata suadente, un link che promette rendimenti miracolosi, e il gioco è fatto. Il risparmiatore, convinto di aver scovato l’occasione della vita, versa denaro a pioggia senza porsi nemmeno la domanda più semplice. Perché proprio io? Perché proprio adesso? Perché un perfetto sconosciuto dovrebbe offrirmi quello che nemmeno i migliori gestori possono garantire? E invece si sceglie di ignorare i segnali d’allarme, di consegnare dati sensibili, di affidare soldi e speranze a mani ignote. Esattamente come scrivevo anni fa, la trappola funziona non solo perché c’è chi la costruisce con maestria, ma perché troppi sono pronti a caderci, accecati dalla voglia di facili guadagni.

Non esiste tecnologia abbastanza avanzata da proteggere chi non vuole proteggersi da solo. Non ci sono codici, norme o controlli capaci di salvare chi abdica al dovere della cautela. Come spiegavo allora, e come torna evidente oggi, la responsabilità individuale è l’unico vero scudo. L’avidità trasforma la vittima in complice inconsapevole e permette ai truffatori di prosperare. È proprio nei dati della Guardia di Finanza che leggiamo come siano aumentati non solo i casi, ma soprattutto gli importi persi in media dalle vittime, segno che i risparmiatori sono disposti a rischiare somme sempre più ingenti pur di inseguire il miraggio dell’arricchimento veloce.

E allora, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Perché il vero antidoto alle truffe non si trova nei regolamenti, né nelle leggi, né nei software di sicurezza. Sta nella capacità di ogni risparmiatore di dire no alle scorciatoie, di scegliere la prudenza, di tornare a chiedersi se valga davvero la pena credere a chi promette l’impossibile. Perché dietro ogni promessa di guadagni miracolosi si cela, sempre, la stessa vecchia fregatura.

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