Ci sei, ti vedo, ti ascolto: il Papa che parla al cuore dei giovani

  • Postato il 26 aprile 2025
  • Attualità
  • Di Paese Italia Press
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di Francesco Mazzarella

In un momento in cui viviamo il lutto della morte del Papa, attraverso le dirette mi piaceva soffermarmi sul rapporto con i giovani….

Nel mondo delle connessioni istantanee e delle emozioni liquide, c’è una figura che resiste come simbolo di autenticità e prossimità: il Papa. E non solo tra i fedeli più praticanti, ma soprattutto tra i giovani, anche quelli che vivono ai margini della fede tradizionale o che si sentono lontani dall’istituzione ecclesiale.

La sorpresa più grande di questi anni è stata proprio questa: il Papa amato dai giovani. Non solo perché sorride, parla semplice o si mostra vicino, ma perché incarna una presenza che sa ascoltare, sa accogliere il dubbio senza giudicare, sa chiedere scusa senza paura.

Questa adesione affettuosa e sincera dei giovani ci insegna qualcosa di profondo, anche oltre il confine religioso: ci parla di gestione transgenerazionale, di rinnovo dei linguaggi, di modi nuovi di costruire appartenenza. Vediamo perché.

1. Il coraggio di essere autentico

Nel mondo contemporaneo, l’autenticità è la prima moneta di scambio nei rapporti umani. I giovani percepiscono immediatamente chi “recita” e chi invece vive davvero ciò che dice.

Il Papa, con la sua semplicità disarmante, il suo linguaggio diretto, i suoi gesti concreti (dal pagare personalmente il conto dell’albergo la sera dell’elezione, al chinarsi per lavare i piedi dei carcerati) incarna una credibilità che nessun discorso istituzionale potrebbe mai costruire artificialmente.

Insegna che:

• L’autenticità vale più della perfezione.

• I giovani non cercano modelli impeccabili, ma testimoni veri.

2. La forza dell’ascolto attivo

Molte delle iniziative papali rivolte ai giovani, dai Sinodi alla Giornata Mondiale della Gioventù, sono nate da una domanda: “Voi, cosa pensate?”

Il Papa ha saputo mettere in ascolto la Chiesa, ribaltando la logica top-down per costruire processi bottom-up. Ha chiesto pareri, ha promosso consultazioni, ha dato spazio ai racconti, alle domande, alle inquietudini.

Insegna che:

• I giovani vogliono partecipare, non essere spettatori.

• Ascoltare non è perdere l’autorità, è costruirla su basi più solide.

3. Il valore del sogno condiviso

Uno dei concetti più forti proposti ai giovani è stato quello del “sognare insieme”. Non il sogno individualista, ma il sogno comunitario, capace di cambiare il mondo.

Quando il Papa parla di “santità della porta accanto” o invita i giovani a “farsi artigiani di futuro”, propone una visione potente: non siete il domani, siete l’adesso di Dio.

Insegna che:

• I giovani non sono “in preparazione”, sono già protagonisti.

• La vera leadership non costruisce sudditi, ma accompagna sognatori

4. Il rispetto delle ferite

Il Papa non nega il dolore, non edulcora la fatica dei giovani. Parla apertamente di crisi, fallimenti, disillusioni. Riconosce la fatica del vivere, la paura di non essere all’altezza, l’angoscia del futuro incerto.

Non propone soluzioni facili: propone di attraversare il dolore insieme.

Insegna che:

• I giovani non cercano soluzioni preconfezionate, cercano compagni di viaggio.

• Chi non sa accogliere la fragilità perde la capacità di generare.

5. Il senso della libertà responsabile

Uno dei messaggi più forti del suo pontificato ai giovani è chiaro: “Siete liberi. Siete chiamati a scegliere. Non vivete come marionette.”

Il Papa invita i giovani ad amare la libertà come dono e come responsabilità. Non impone verità, ma indica cammini. Non obbliga a seguire regole, ma mostra la bellezza di una vita piena.

Insegna che:

• Educare non è dirigere, ma accendere fuochi.

• La libertà vera nasce da una scelta consapevole, non da un’assenza di vincoli.

Oltre l’ambito strettamente religioso, il modo in cui il Papa si è posto verso i giovani offre lezioni preziose anche per ogni organizzazione, comunità o società che voglia costruire futuro:

A. Dare spazio senza paura

Non avere paura di delegare, di affidare ruoli di responsabilità a generazioni più giovani.

Il Papa affida processi, non li controlla.

Sa che il protagonismo giovanile non minaccia la tradizione, la rinnova.

B. Ascoltare senza pregiudizi

Non partire da risposte preconfezionate, ma lasciarsi interrogare.

Il Papa ascolta senza squalificare.

Sa che i giovani hanno bisogno di essere presi sul serio, non trattati da eterni adolescenti.

C. Accompagnare senza dirigere

Essere guida senza essere custode oppressivo.

Il Papa accompagna i processi.

Sa che solo chi cammina accanto può aiutare a trovare la strada.

D. Riconoscere il valore dell’errore

Accettare che il fallimento fa parte della crescita.

Il Papa accetta l’imperfezione.

Sa che la pedagogia dell’amore è più efficace della pedagogia della paura.

“I giovani non sono il futuro. Sono il presente.”

Questa frase, pronunciata più volte dal Papa, è il vero cuore del suo pontificato verso le nuove generazioni.

Non possiamo più permetterci una gestione transgenerazionale che considera i giovani solo come “coloro che un giorno prenderanno il nostro posto.”

Se vogliamo una Chiesa viva, una società vitale, una cultura fertile, dobbiamo costruire oggi spazi reali di corresponsabilità, di ascolto, di sogno comune.

Perché il futuro non arriverà domani: sta già nascendo oggi nelle scelte che facciamo su come trattiamo chi è più giovane, più inquieto, più vulnerabile.

L’adesione dei giovani al Papa non è frutto di marketing. È frutto di una fiducia reale: quella che vede nei giovani non un problema da risolvere, ma una promessa da custodire.

In un mondo che troppo spesso infantilizza o strumentalizza i giovani, il Papa si fa loro compagno, maestro, fratello.

Ci ricorda che chi sa amare i giovani ama il futuro.

E che chi ama il futuro non ha paura di cambiare oggi.

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