Cime che si sbriciolano e località prese d’assalto, la calda estate della montagna tra overtourism e crisi climatica: “Serve più governance”

  • Postato il 16 agosto 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Prima i massi si staccano dalla cima, rotolando a valle; all’improvviso, un nuovo cedimento – l’ultimo di una lunga serie – solleva una nube bianco-grigia. Più a valle c’è un lungo serpentone di persone: attendono da ore il proprio turno per prendere la cabinovia poi, arrivati in cima, il selfie “con vista”. Al rifugio, lì accanto, un gruppo di turisti si indispettisce: il piatto che hanno ordinato non arriva più. Cosa fanno? Aggrediscono il gestore con lo spray al peperoncino. Fuori, a 2mila e passa metri di quota, fa così caldo che ai giovani venuti con le infradito non passa nemmeno per la testa di aver sbagliato calzature. Per intercettare lo zero termico è necessario salire oltre i 5mila metri.

Sono scene realmente accadute, nel giro di poche settimane, tra Alpi e Appennini, e che descrivono la calda estate delle nostre montagne, costrette come sono a fare i conti, da una parte, coi cambiamenti climatici e, dall’altra, col turismo di massa. E se è vero che nel dibattito pubblico, dalla politica ai giornali, non si fa altro che parlare di lettini e ombrelloni lungo le spiagge – saranno aperti o chiusi? Bravo chi l’ha capito – è altrettanto vero che le località di montagna stanno registrando una crescita in termini di presenze. È un trend iniziato col Covid – o subito dopo – e che sembra destinato a consolidarsi. D’altra parte il climatologo Luca Mercalli lo dice da tempo: con le temperature in costante aumento, per scappare da città sempre più invivibili le persone saranno portate a sollevare il naso all’insù. E già lo stanno facendo: i dati del ministero del Turismo ci dicono che sono le aree di montagna a registrare la saturazione Ota (Online Travel Agency) più elevata (47,4%). Assoturismo-Confesercenti parla di record di presenze tra giugno e luglio, mentre per Federalberghi è boom, specialmente nelle località più famose. Le Tre Cime di Lavaredo e il lago di Braies in questi giorni sono di fatto inavvicinabili. Succede lo stesso per altre località delle Dolomiti, dalle Pale di San Martino al Passo Sella fino al Seceda.

Eppure le nostre vette non sono mai state tanto fragili come ora. La tragedia della Marmolada, col distacco di un seracco a circa 3.200, è del 3 luglio del 2022. E quel ghiacciaio, la Marmolada, la Regina delle Dolomiti, scomparirà a breve: secondo gli studi di Cipra, Legambiente e del Comitato Glaciologico italiano, entro il 2040. Domani, in pratica. Ma non è solo una questione di ghiacciai. La fragilità riguarda i boschi (vedere il bostrico), gli ecosistemi, i fiumi, i canaloni e, in definitiva, le comunità che abitano le terre alte. E a proposito: quest’anno, a presentare il conto, è un’area un po’ più a ovest della Marmolada, cioè le Dolomiti di Brenta. La Cima Falkner è il nuovo osservato speciale: da settimane le sue vette si stanno erodendo a una velocità spaventosa. Il permafrost degrada, le fratture si ampliano e avvengono i distacchi. Per il Servizio geologico della Provincia autonoma di Trento “il surriscaldamento climatico intensifica le frane“.

Ma a chi interessa, davvero, la montagna (e la sua gestione)? Forse non alle persone in coda per salire al Seceda, che il presidente del Cai dell’Alto Adige, Carlo Zanella, non esita a definire “l’utente sbagliato nel posto sbagliato“: ore in attesa dell’impianto a fune per poi fare 300 metri per la foto delle Odle. Fine. E forse nemmeno a chi parte da casa impreparato, convinto di fare una passeggiata al fresco, e a metà strada si trova costretto a chiamare l’elisoccorso (i casi, ormai, non si contano più). Eppure alla politica, al Legislatore, dovrebbe importare la montagna. Se non altro perché, in Italia, risiedono quasi nove milioni di persone nei comuni montani: il 15% del totale. E poi perché, parafrasando lo scrittore nativo americano Navarre Scott Momaday, da sempre ghiacci e fiumi placano la sete dell’uomo: cosa pensiamo di fare quando non ci sarà più l’acqua che viene dai monti? In altre parole: tanto per il turismo, quanto per la gestione dei servizi, è necessaria una governance.

Ne è convinta Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia: “Un numero crescente di persone sta scegliendo la montagna e questo è un fenomeno interessante, perché se fosse governato sarebbe molto utile per le stesse comunità che abitano le terre alte. Il problema è che nella maggioranza dei casi ciò non avviene e alla base del problema c’è il disinteresse istituzionale. In questo senso la legge sulla montagna appena approvata è un’occasione persa. La realtà è che abbiamo Comuni retti da sindaci-volontari e strutture tecniche condivise tra Comuni con scarse risorse. Per gestire il turismo, ci vuole una governance che funzioni. E per avere una governance che funzioni, servono risorse”.

Per Bonardo, dunque, si dovrebbe sia puntare su modelli di governance a stretto contatto col territorio (“un esempio? Le Comunità montane, che in larga parte sono state abbandonate”) sia indirizzare gli investimenti verso il turismo dolce che “funge da volano per le comunità, proprio perché è legato alle strutture del territorio, alle produzioni agricole, all’artigianato e alla pastorizia”. Tuttavia, rileva, “il flusso di denaro è rivolto sempre verso la monocultura dello sci, senza tener conto che il turismo va distribuito su 365 giorni all’anno”. E ciò diventa tanto più importante “se si considera che le persone hanno sempre più bisogno e voglio di montagna, poiché le montagne, a causa della crisi climatica, diventano l’unico luogo in cui poter vivere tranquillamente e respirare”. Parallelamente, però, “chi va in montagna deve confrontarsi con un’area che presenta maggiori rischi rispetto al passato. E se è vero che le istituzioni devono fare la propria parte, è vero anche che i fruitori sono responsabili delle proprie azioni. E in questo senso si può agire solo dal punto di vista culturale. L’ambiente montano richiede prudenza, conoscenza e rispetto. Purtroppo, però, assistiamo ogni giorno a comportamenti irrispettosi che fino a qualche anno fa erano più ridotti, sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi”. Le ultime in ordine di tempo? Un signore con un pappagallo tropicale sulla schiena che saliva lungo un sentiero vicino a Solda e un giovane completamente nudo che si aggirava in un parcheggio di Cortina. Poveri animali, poveri noi.

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