Come l’algoritmo cambia la lingua. In libreria esce “Algospeak” di Adam Aleksic
- Postato il 30 luglio 2025
- Editoria
- Di Artribune
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Quando lo scorso dicembre la Oxford University Press ha rilasciato, come di consueto, la parola dell’anno, non poche persone – soprattutto quelle un po’ fuori dal contesto internettiano angloamericano – sono rimaste perplesse. Sconosciuta soprattutto alle generazioni adulte, la parola del 2024 era infatti “brain rot”, che indica quel presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona dovuto al consumo di una eccessiva quantità (e spesso bassa qualità) di contenuti digitali. Nessuna sorpresa, invece, per i giovani e le persone di ogni età cronicamente online, che non solo conoscevano la parola, ma sarebbero stati in grado, nei mesi trascorsi da allora, di fare una classifica dei propri contenuti brain rot preferiti. Questa familiarità è dovuta al fatto che chi passa molte ore su Internet, ha sviluppato un modo altro, parallelo ma non troppo, di parlare: un fenomeno chiamato algospeak.
Il libro “Algospeak” di Adam Aleksic
La capacità dei social media di incubare la terminologia internettiana e dargli tanta forza da arrivare offline, cioè nella vita fuori da Internet, è al centro del libro di un giovane linguista americano, Adam Aleksic. Il 24enne laureato a Harvard (presso cui ha cofondato la Harvard Undergraduate Linguistics Society) ha infatti pubblicato da poco con Knopf il volume Algospeak: How Social Media Is Transforming the Future of Language, un insta-Best Seller del New York Times. La pubblicazione ha avuto successo anche sull’onda della sua nomea di “influencer linguista” con il nome di Etymology Nerd: Aleksic ha 1,5 milioni di follower su Instagram (dove pubblica anche schede di stampo accademico) e 750mila su TikTok. Qui racconta, per esempio, da dove nasce il brain rot, con parole come “skibidi” e “ohio”, che indicano rispettivamente la webserie Skibidi Toilet di Alexey Gerasimov su YouTube (con teste umane che escono dai water e combattono tra loro) e la ripresa di popolarità di un vecchio meme che ricollega fenomeni surreali allo sperduto stato americano.

Come gli algoritmi cambiano la lingua
Ma, nello specifico, come fanno gli algoritmi a rimodellare la lingua inglese (che è a tutti gli effetti la lingua dei social), e queste variazioni quanto sono significative? Come per le evoluzioni linguistiche offline, il diffondersi di nuovi termini e il loro uso sistematico è tanto più rapido ed efficace quanti più parlanti ne fanno uso: quindi, se all’interno di una comunità – come quella degli streamer di videogiochi o dei sottogruppi culturali come gli incel – una parola viene diffusa al punto da diventare di tendenza sui social media, questa viene segnalata dall’algoritmo di raccomandazione all’interno di una sezione dedicata. A quel punto gli influencer, ma anche gli utenti normali, sono incentivati a usarla per pompare le proprie visualizzazioni: è il caso di “rizz”, parola derivata da “charisma” e resa popolare da uno streamer di Twitch, Kai Cenat, e che oggi è di uso comune sui social. Altri casi sono quelli degli espedienti per discutere online di argomenti delicati (per esempio violenza o sessualità) eludendo la sicurezza dell’algoritmo stesso: è il caso di “segg/s” al posto di sex (sesso), di “unalive” al posto di suicide (suicidio), o di “gyatt” al posto di ass (culo), ma anche delle perifrasi per parlare di questi argomenti (“accountants” al posto di sex worker), di attualità politiche (Gaza) o delle app concorrenti a quella su cui si parla e commenta.
Dalla divulgazione sui social alla ricerca: il caso Etymology Nerd
Algospeak è quindi l’apice della ricerca di Aleksic, che studia questo slang dei social media dal 2023 e che divulga le ricerche (accademiche e personali) in video di circa un minuto (ognuno dei quali gli richiede dalle quattro alle cinque ore di lavoro, ha detto al New York Times) in cui parla molto velocemente e cambia continuamente angolazione per tenere alta l’attenzione.
I suoi approfondimenti – che hanno evidenziato anche la tendenza all’appropriazione del linguaggio delle sottoculture, come la ball e queer culture americane, ma anche il K-pop fandom e gli incel, a cui dobbiamo parole come “sigma”, “looksmaxxing” o “chad” – hanno dimostrato come questa creazione di termini sia da un lato assimilabile alla creazione standard di nuove parole da parte delle giovani generazioni, ma dall’altro si basi su una grande differenza: da semi-sconosciuti, i termini possono diventare famosissimi in poco tempo, e sparire altrettanto in fretta.
Giulia Giaume
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L’articolo "Come l’algoritmo cambia la lingua. In libreria esce “Algospeak” di Adam Aleksic" è apparso per la prima volta su Artribune®.