Confini e barriere, Valerio Nicolosi indaga le ragioni di chi è costretto a migrare: “Sono più forti di qualsiasi muro o manganello”

  • Postato il 17 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’ultimo in ordine di tempo sarà costruito a breve da Israele tra Cisgiordania occupata e Giordania, ma solo in Europa ne esistono almeno 19. Se poi allarghiamo la visuale al mondo intero, se ne contano almeno 70. Di cosa parliamo? Di muri. Volendo restare nel nostro Continente, caduto quello di Berlino, “negli ultimi due decenni il numero di recinzioni alle frontiere UE/Schengen è passato da 0 a 19”, erette da 12 Paesi per un totale di oltre 2000 chilometri. Di alcune di queste barriere, quelle più dimenticate e quelle diventate famigerate, parla Valerio Nicolosi nei suoi due ultimi lavori: il libro “Attraversare i confini” (Utet) e “Almas, le anime della Colombia”, podcast realizzato in collaborazione con Cesvi, che sarà presentato a Milano il 17 giugno. Già autore del documentario “Formiche” e dei podcast “La rotta balcanica” e “Distress”, i suoi lavori sono legati da un unico filo rosso: raccontare le migrazioni attraverso le storie dei suoi protagonisti tenendo sempre a mente che “la disperazione è più forte di un muro, di una rete, ma anche delle botte delle polizie di frontiera. Chi agisce violenza con un manganello, per quanto convinto di una causa, lo fa per lavoro, chi scappa da una guerra o dalla fame lo fa per necessità“.

Israele e il primato dei muri – Il maggior numero di muri è in Asia (56%), poi c’è l’Europa (26%) e l’Africa (16%). Il primato spetta a Israele con 6 muri, uno per ogni confine esterno, più due interni per “proteggersi” da Cisgiordania e Gaza. Nicolosi dedica al “muro della vergogna” l’ultimo capitolo del suo libro: “I muri che dividono Israele da Gaza e dalla Cisgiordania non sono soltanto confini difficilmente valicabili, ma varchi spazio-dimensionali“. A un alieno appena arrivato sulla Terra sembrerebbe di guardare due mondi, “uno occidentale, apparentemente libero ed evoluto e uno arretrato e povero”. Israele – che la notte tra il 13 e il 14 giugno ha aperto il sesto fronte di guerra con l’Iran, è definita “l’unica democrazia del Medio Oriente”, ma ormai anche le classifiche internazionali riconoscono che lo Stato ebraico è una democrazia solo per i cittadini israeliani che vivono all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti del Paese. Nei Territori palestinesi occupati, invece, la democrazia israeliana si trasforma in apartheid: i diritti e le libertà valgono soltanto per gli oltre 800mila coloni israeliani che vivono negli insediamenti illegali, ma non per i suoi 3,5 milioni di abitanti palestinesi.

“Non siamo noi e essere fascisti, siete voi che siete poveri”“In un mondo in cui le merci si muovono con facilità e velocità, le persone trovano, invece, sempre più barriere e polizia”, scrive il giornalista e conduttore della rassegna giornaliera “Scanner” su Storytel, nelle conclusioni del suo libro portando ad esempio lo stabilimento logistico di Amazon inaugurato nel 2021 in Messico, l’unico pensato esclusivamente per il mercato degli Stati Uniti. “Ogni giorno i camion carichi di merci attraversano la frontiera, una delle più militarizzate del mondo per evitare che migliaia di latinos ammassati nel lato messicano possano passare oltre quella linea che li separa dal sogno americano. – scrive Nicolosi – Mentre le guardie di frontiera lasciano passare i tir in quel pezzo di terra semidesertico, sarebbe perfetto se passasse una scritta: “Non siamo noi che siamo fascisti, siete voi che siete poveri”“.

Il salto di qualità nella politica anti-migranti di Trump – Il muro tra Stati Uniti e Messico non è il più lungo o il peggiore che esista al mondo, ma è sicuramente uno dei più esposti mediaticamente: la costruzione del primo tratto, poco più di 22 km, risale a Bush Sr, anno 1993. Da quell’anno in poi ogni presidente americano, democratico e repubblicano, ha fatto costruire il suo pezzo di barriera. Poi Donald Trump, durante il primo mandato, ha acceso i riflettori su uno spettacolo già molto ben collaudato e nel secondo mandato ha fatto un salto di qualità: “L’agenzia federale che si occupa di immigrazione (Ice, ndr) non è un’invenzione di Trump, ma per la prima volta va ad arrestare le persone direttamente nei tribunali un attimo prima che possano rinnovare i permessi, le arresta per le strade in base alle caratteristiche somatiche, le deporta in prigioni extra territoriali senza alcun processo – spiega Nicolosi – Nel medio-lungo periodo gli effetti sugli Stati Uniti di questa politica indiscriminata e basata sul terrore saranno devastanti sia nel campo della ricerca scientifica, perché gli studenti e gli studiosi cercheranno altri Paesi in cui vivere e lavorare, ma anche nel campo dei servizi e delle imprese: chi coltiverà i campi, chi farà da cuoco, cameriere, inserviente, badante, ecc ecc in un ipotetico mondo ‘America first”?”

L’impatto economico dei raid contro gli immigrati – Il 12 giugno Trump ha scritto su Truth: “I nostri agricoltori e la gente del settore alberghiero e del tempo libero hanno dichiarato che la nostra politica molto aggressiva sull’immigrazione sta portando via loro ottimi lavoratori di lunga data, rendendo quei posti di lavoro quasi impossibili da sostituire“. Il giorno dopo l’Ice ha sospeso le retate nelle aziende agricole, negli stabilimenti di confezionamento della carne, in ristoranti e hotel. D’ora in poi gli agenti non potranno arrestare persone senza documenti di cui non sia noto il reato commesso, ma solo persone senza documenti con precedenti penali. “Tra propaganda e business, non solo nell’America di Trump, vincerà sempre il secondo”, conclude il giornalista.

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Il Fatto Quotidiano

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