Non solo Milano e Roma: da Nord a Sud la carica dei Pride di provincia, in piazza contro invisibilità e pregiudizi
- Postato il 20 giugno 2025
- Diritti
- Di Il Fatto Quotidiano
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Com’è bello andare al Pride da Trieste in giù. Sono una cinquantina le città italiane che quest’anno scenderanno in piazza per celebrare i diritti della comunità queer, alcune per la prima volta. Ma se le parate nei grandi centri, ancora indispensabili, attirano folle e visibilità, è nei territori meno battuti che il Pride assume un valore ancora più profondo. Cosa significa marciare per l’orgoglio LGBTQIA+ in quelle regioni dove esiste un solo Pride o in quelle piccole città in cui la resistenza arcobaleno si scontra con mentalità “tradizionali” e pregiudizi radicati? Ilfattoquotidiano.it ha tracciato una “mappa” dei Pride che si fanno largo nelle realtà più difficili, dove la libertà di essere se stessi è ancora un traguardo lontano. Da nord a sud, sono proprio queste parate a portare avanti, passo dopo passo, la battaglia culturale nel belpaese.
I Pride del Nord Italia – Quel che è successo a Crema il 24 maggio “è stato uno spartiacque”, racconta Alessio Maganuco del Comitato Pride a Ilfattoquotidiano.it. “Per la prima volta la comunità LGBTQIA+ del territorio ha fatto sentire la propria presenza”. Erano in più di 2mila alla prima marcia organizzata in città, ma c’è ancora molto da fare se si pensa che alla parata hanno partecipato anche giovani cremaschi che oggi risiedono altrove perché “qui non si trovavano più a loro agio a vivere la propria identità”, prosegue Maganuco. E va segnalato pure il gesto di Veneto Fronte Skinhead, organizzazione neofascista con una cellula proprio a Crema, che ha imbrattato alcune realtà sostenitrici del Pride con volantini che “abbinano l’omosessualità alla pedofilia”.
Un’altra giornata storica per il Nord Italia sarà il 28 giugno, con il primo Alto Adige Pride Südtirol a Bolzano. Tra le Dolomiti l’arcobaleno – quello delle bandiere – fatica a spuntare. “In Alto Adige ancora non si arriva a pensare che le persone queer siano in mezzo a noi”, ci spiega Adele Zambaldi, del direttivo dell’associazione nata per l’occasione. Eppure l’imminente evento sta già facendo intravedere segni di speranza: “Molte persone andate via dall’Alto Adige ci scrivono che sono contentissime che ci sarà un Pride, e che questo le spinge a pensare di tornare a vivere qui” confida l’attivista.
Si prepara al debutto pure il VCO Pride in programma il 6 settembre. Sarà Omegna, comune di 14mila abitanti, a ospitare la prima parata della provincia del Verbano-Cusio-Ossola, “per la sua posizione centrale ma anche perché Domodossola e Verbania hanno un’amministrazione di destra e non ci vogliono” racconta Silvia Clo Di Gregorio. Anche da quelle parti “queer” fa rima con invisibilità: “C’è tanta discriminazione, molti hanno difficoltà a fare coming out”. Ad animare gli organizzatori di questa prima edizione che “nasce dal basso ed è libera da pressioni aziendali” è “uno spirito di rabbia finalizzata alla costruzione di qualcosa di positivo per cambiare le cose anche nei paesi più piccoli” conclude Di Gregorio.
C’è un’altra città che scalpita in attesa della sua “prima volta”: Sondrio, unica provincia lombarda senza un Pride prima d’ora. Il 20 settembre si porrà rimedio con il Valtellina Pride. “È un territorio molto esteso e non così popolato” spiega Beatrice Paini, Vicepresidente Valtellina Arcobaleno APS. “Creare punti di riferimento per la comunità non è facile. In più ci sono ancora tanti pregiudizi e per questo le persone non sono tranquille a rendersi visibili partecipando ai nostri eventi”. Titubanza che riguarda non solo i cittadini: “Non ci aspettiamo un grosso supporto da parte delle istituzioni e dei comuni della provincia” continua Paini. “Chi per volontà contraria, chi perché, pur essendo favorevole a darci il patrocinio, non so quanto voglia esporsi pensando alla risposta che potrebbe arrivare da abitanti che su questi temi sono ancora indietro”.
A chiudere l’Onda Pride nazionale sarà, il 27 settembre, il Brianza Pride che quest’anno arriverà ad Arcore. “Una scelta simbolica. In passato Arcore è stata l’altare del patriarcato, altro che rivendicazione di diritti”, afferma Oscar Innaurato, presidente di Brianza Oltre l’Arcobaleno che promuove l’evento. Malgrado la vicinanza con Milano, anche nell’operosa Brianza essere queer non è semplice: “Qui le comunità vivono ancora intorno agli oratori, la strada da fare è lunga. La grande città porta il vantaggio dell’anonimato, ma in un piccolo paese di provincia è più facile che una persona LGBTQIA+ subisca discriminazione sul posto di lavoro, a scuola o in famiglia. Come urlai qualche anno fa in piazza a Monza: ‘È facile fare i fr**i a Milano, provate a farlo a Varedo (altro comune brianzolo, ndr)’”.
La provincia del Centro Italia – “Noi ci siamo e non ce ne andremo”. È il messaggio che la quarta edizione di Umbria Pride vuole lanciare con il corteo che il 5 luglio attraverserà per la prima volta le strade di Terni. La scelta del luogo è sfidante: “Terni è sempre stata fanalino di coda dell’Umbria in ogni ambito, compresa la visibilità delle tematiche LGBTQIA+” spiega Luca Montali, presidente dell’associazione Esedomani Terni. “In città c’è un clima sociale pesante, la comunità queer esiste ma si nasconde, molti se ne vanno perché è invivibile da questo punto di vista. Ecco perché è importante che il Pride si faccia proprio qui”. “Fuori” è lo slogan scelto per l’edizione 2025: “Stiamo venendo fuori lentamente e con molta fatica. La società non può fare altro che prenderne atto”.
Civitavecchia, invece, ha già portato a casa con successo il suo primo Pride lo scorso 6 giugno. E pensare che tutto è iniziato da feste a sostegno della comunità che da qualche anno Simone Sangiorgi, presidente di Civitavecchia Pride, organizzava con suo marito nel loro ristorante. “Dopo l’exploit dello scorso anno ci siamo detti che era arrivato il momento di dare alla città un Pride degno di questo nome”, racconta. Roma è a un’ora di macchina, ma Sangiorgi è convinto della necessità di una parata anche a Civitavecchia: “La mentalità non è ancora così aperta. In provincia ci sono tanti pregiudizi e alcuni si nascondono. Noi stessi sui social abbiamo ricevuto attacchi. C’era chi diceva di tenere lontani i bambini dalla piazza nel giorno del Pride”. La risposta della cittadinanza è stata positiva, con almeno 1000 partecipanti e una certezza: “Questo è solo l’inizio”.
Il Lazio sarà attraversato anche da altri due Pride organizzati dal Pride Lazio: uno a Ostia, il 12 luglio, dedicato al 50esimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, e un altro a Rieti, il 13 settembre, dove Arcigay Lazio denuncia la mancanza di spazi sicuri per la comunità LGBTQIA+, in una realtà ancora segnata da forte chiusura e invisibilità.
C’è voglia di rompere gli schemi ad Abruzzo Pride, che per la sesta edizione del 21 giugno sceglie Avezzano come sede del corteo. Nel cuore della Marsica la questione della visibilità per le persone queer è ancora molto delicata: “Speriamo ci sia partecipazione affinché quanti hanno paura a fare coming out possano vedere che esiste una collettività che scende in strada anche per loro” fa sapere Fabio Milillo, portavoce dell’evento. Il motto di quest’anno è “RivoltOrse”, un gioco di parole che mette insieme il senso di lotta e l’orso, simbolo del Parco Nazionale della regione: “Anche lui, proprio come le persone queer, resiste in un ambiente a volte ostile”.
I Pride del Sud Italia– l’Irpinia Pride ha animato le vie di Avellino il 15 giugno. “In provincia serve ancora più coraggio. C’è chi resta ai margini per paura, vergogna, isolamento. Il Pride è uno spazio di libertà e visibilità, là dove mancano” racconta Antonio De Padova di Apple Pie Arcigay. Una novità importante arriva proprio da Avellino: per la prima volta quest’anno, il Pride ha coinvolto la pastorale di inclusione, con l’autorizzazione del vescovo. “Don Fabio Mauriello è intervenuto per parlare di una Chiesa più inclusiva e accogliente. Questo per noi è motivo di grande orgoglio: il Pride deve essere sì un momento di festa e visibilità, ma anche un’occasione per aprire spazi di dialogo, rompere i pregiudizi e far riflettere le persone, anche quelle che magari si trovano per caso lungo la marcia” racconta De Padova.
Lo stesso spirito anima il Vesuvio Pride, in programma il 20 settembre a Castellammare di Stabia. “L’Italia è il Paese degli 8.000 campanili, dovrebbe diventare quello degli 8.000 Pride . Non basta sfilare nei centri storici: bisogna essere nei quartieri popolari, nelle città sciolte per mafia, nei luoghi della marginalità” spiega Antonello Sannino di Arcigay Napoli. La data scelta non è casuale: la breccia di Porta Pia, simbolo della nascita dello Stato laico. “Perché senza legalità e giustizia sociale, non c’è piena libertà per nessuno”.
In Molise, il Pride torna il 26 luglio a Termoli. “Prima del 2018 non c’era alcuna rappresentanza queer. C’era molta omertà” racconta Luce Visco, presidente di Arcigay Molise. La svolta arriva nel 2017, con l’invito di Vladimir Luxuria a portare il Pride anche nelle province. “Abbiamo fondato il comitato con fatica e nel 2018 è nato il Molise Pride, una manifestazione che sfonda il muro del silenzio e della discriminazione” continua Visco. La scelta di Termoli è politica: sarà un Pride della memoria, per ricordare i luoghi dove, durante il fascismo, furono confinati gli omosessuali. “Il Molise è terra di emigrazione e discriminazione il Pride dice ai giovani: potete tornare e sentirvi liberi. Non è scontato” conclude Visco.
Il Potenza Basilicata Pride del 22 giugno porterà in piazza la forza della comunità LGBTQ+ lucana. “Vogliamo far sentire la nostra voce in un territorio che troppo spesso ignora le nostre battaglie. L’uguaglianza non è negoziabile. Il Pride non è una vetrina: è comunità che accoglie davvero” spiega Max Caggiano, direttore artistico.
Il 28 giugno, anche Ostuni ospiterà il suo primo Pride. “Ostuni è una città bellissima ma spesso ridotta a vetrina turistica. Noi vogliamo mostrare che qui esiste una comunità viva, pronta ad accogliere davvero” racconta Luca Dell’Atti, tra gli organizzatori. Nel manifesto politico spicca la questione meridionale in un ottica queer: “Il Pride è anche riappropriazione dei luoghi: vogliamo richiamare i figli di questa terra e dare loro uno spazio per vivere liberamente” spiega Dell’Atti.
Nello stesso giorno, il 28 giugno, si terrà la seconda edizione del Villa Castelli Pride, il primo della provincia di Brindisi. Carmela Biondi, presidente di Villa Castelli Online, spiega come il Pride è un ponte: “Diamo visibilità a una comunità che rischia di restare invisibile, specie in un momento in cui i diritti LGBTQ+ sono sotto pressione”. La rete costruita con il Salento Pride ha ampliato il progetto: “Durante l’anno organizziamo momenti di confronto per coinvolgere tutta la cittadinanza. Anche in Puglia non bisogna dare nulla per scontato: bullismo e violenza esistono ancora”. Biondi sottolinea: “Fare Pride in provincia significa creare connessioni, offrendo spazi di partecipazione anche a chi non può spostarsi. È un messaggio di forza: più siamo uniti, più la nostra voce sarà ascoltata”.
Il Salento Pride tornerà il 12 luglio a Lecce. “Il Pride nei territori periferici ha un valore aggiunto: dà voce a chi spesso non può parlare, abbatte stereotipi e costruisce spazi sicuri. È un invito a dire: anche qui puoi vivere liberamente” spiega Luca Parente, presidente del Salento Pride. Parente sottolinea anche la forza culturale e apertura della Puglia: “Questa è una terra che storicamente è stata attraversata da tanti popoli. Credo che l’apertura al diverso faccia parte di un retaggio culturale profondo, che affonda le sue radici lontano nel tempo. È una caratteristica del Sud che porta ad avere un’apertura maggiore verso la comunità LGBTQIA+, come si vede chiaramente in Salento”.
Il 20 luglio torna invece il Cosenza Pride, unico Pride in Calabria. “Organizzare un Pride qui significa opporsi all’idea che al Sud certe lotte non si possano fare. Il Pride nasce dalla necessità di esserci e di dare voce a chi viene oscurato o perseguitato” spiega Alessandra Lucano, presidente di Arcigay Cosenza. La partecipazione cresce, anche dai piccoli comuni. “Alcuni paesi limitrofi, con meno di 10.000 abitanti, ci hanno detto che vorrebbero ospitare il Pride in futuro. Questo conferma quanto sia importante un lavoro costante sul territorio”. Per Lucano, il Pride è anche una risposta al pregiudizio diffuso, non solo a Sud: “Non è una semplice differenza Nord-Sud, ma spesso riguarda la dimensione urbana: Roma e Milano sono più avanti, c’è molta strada da fare”. Un messaggio che parla anche a chi è dovuto partire: “Il Pride dice: qui puoi vivere liberamente e magari tornare. Sapere che nella propria città si costruiscono spazi di libertà è fondamentale”.
I pride nelle isole – In Sicilia, la rete dei Pride è vivacissima: quest’anno sono previsti dieci pride, non solo nei capoluoghi ma anche in città minori. Tra questi, il Paesello Pride, nato nel 2023 a Cammarata e San Giovanni Gemini. “Nei piccoli centri la comunità LGBTQ+ è spesso invisibile. Rompere il silenzio è fondamentale” racconta Alessandro Giambrone, tra gli organizzatori. Il Pride qui non è solo una manifestazione: “È confronto con la comunità e le famiglie, per costruire una cultura inclusiva”. In territori dove la tradizione pesa, il Pride è una denuncia e un’opportunità: “Riappropriarsi degli spazi pubblici crea reti di solidarietà che trasformano la provincia in un luogo più accogliente”.
Sulle isole Egadi a Favignana, torna Egadi pride il 6 luglio. Anna Patti, tra le organizzatrici, ci spiega: “Volevamo coinvolgere le persone e costruire una comunità più attiva. Il nostro è un Pride intersezionale: affronta discriminazioni di genere, bullismo, inclusione e sostenibilità ambientale”. Il tema scelto per il 2025, “Il viaggio di Nessuno”, è ispirato all’Odissea di Cristopher Nolan girata proprio a Favignana. “Nessuno è la persona invisibile che non deve essere cancellata, ma riconosciuta. È un invito all’empatia”. Patti rivendica il forte carattere politico della manifestazione: “Un Pride piccolo, ma denso di contenuti, che vuole educare alle differenze e costruire una comunità accogliente anche in questi luoghi remoti”. Il fermento siciliano è evidente: “La Sicilia è una terra di lotte, dalla nascita di Arcigay alle mobilitazioni contro le ingiustizie sociali. Qui i Pride sono spazi di battaglie trasversali e unitarie: la Sicilia vuole far sentire forte la sua voce” spiega Patti.
Anche in Sardegna il Sardegna Pride continua a crescere. È l’unico Pride regionale e ha una natura itinerante: ogni anno cambia città per abbracciare tutta l’isola. Quest’anno la manifestazione si terrà a Sassari il 28 giugno. “Il Pride nasce da una rete tra Sassari e Cagliari. Prima c’erano manifestazioni contro l’omolesbotransfobia in entrambe le città, ma abbiamo deciso di unirci per organizzare qualcosa di più grande, un vero Pride regionale, per dare un segnale di unità e forza alle realtà queer dell’isola” spiega Simone Sanna Venerdini, presidente del MOS Sardo. La Sardegna resta una realtà sfaccettata e non sempre prevedibile. “Ci sono aperture sorprendenti in alcuni piccoli centri, dove abbiamo trovato anche sostegno pratico, mentre in altri talvolta c’è più resistenza di quanto ci saremmo aspettati” racconta Venerdini. Nonostante le difficoltà, il Pride continua a muoversi per tutto il territorio: “È importante non fermarsi e portare eventi ovunque, anche nei piccoli comuni, perché sta nascendo una nuova consapevolezza”.
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