Conto corrente per tutti? Sì, ma attenti alle supercazzole bancarie
- Postato il 2 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Approvata alla Camera la legge che impone alle banche di aprire il conto corrente anche ai protestati. E ora comincia lo show degli alibi per non rispettarla. Avrebbero dovuto esultare. Salutare con rispetto e consapevolezza una norma di civiltà, che finalmente riconosce un diritto essenziale a tutti: quello di poter aprire un conto corrente, anche se si è stati protestati, segnalati in CRIF o in ritardo con i pagamenti. E invece no. I primi a mettersi sulla difensiva sono proprio loro: i bancari. Categoria in grado di mutare pelle a seconda della corrente, ma sempre pronta a usare il latinorum della burocrazia per erigere barriere al posto di ponti.
E così, come spesso accade, già si sentono le prime supercazzole di sportello. Un’arte antica, perfezionata nei decenni, con cui le banche cercano di rimandare, negare, confondere, rinviare, pur di non adeguarsi. Ecco un campionario di frasi che – se non l’avete già sentite – sentirete presto. Preparatevi.
Supercazzola n.1: “Ancora non ci è arrivata la comunicazione dalla direzione centrale”
Classico evergreen. La legge può pure essere passata alla Camera, approvata all’unanimità, discussa ovunque. Ma se la mail interna non è arrivata, per il bancario non esiste. È come se non fosse mai successo nulla. Finché non c’è il file PDF col timbro del dirigente, il diritto resta un’opinione.
Supercazzola n.2: “Ancora non è stato emanato il decreto attuativo”
Peccato che la norma non prevede decreti attuativi. Ma vuoi mettere l’effetto deterrente della frase? Suona seria, suona definitiva, suona importante. E per il malcapitato cittadino che magari non conosce bene il diritto parlamentare, pare pure sensata. Spoiler: è fuffa.
Supercazzola n.3: “La legge non è ancora stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale”
Altro trucco da prestigiatore di sportello. In realtà, anche in attesa di pubblicazione, una banca seria dovrebbe già adeguarsi al nuovo orientamento normativo, soprattutto se già approvato in via definitiva. Ma il bancario ci tiene a sottolineare che la Repubblica è fondata sulla Gazzetta, non sui diritti.
Supercazzola n.4: “Il suo ritardo di pagamento supera le 10 rate”
E quindi? La nuova norma non prevede soglie di “cattiveria” del pagatore. Basta essere cittadini. Ma in banca il metro della colpa è proporzionale al numero di rate saltate. Loro fanno ancora i conti con il manuale Cottarelli dell’affidabilità morale.
Supercazzola n.5: “Il nostro sistema informatico risulta bloccato quando legge il suo codice fiscale”
Ah, i sistemi informatici bancari: entità arcane e sensibili, che pare vadano in crisi esistenziale alla vista di un protestato. Questa scusa è geniale perché sposta la colpa sulla macchina, scaricando il peso dell’illegittimità su un generico “sistema” che, guarda caso, nessuno può interrogare o contraddire. Ma il diritto non si blocca davanti a un software, e se il tuo codice fiscale funziona per pagare le tasse, deve funzionare anche per aprire un conto.
Supercazzola n.6: “Dobbiamo aspettare un parere dall’ufficio legale”
Traduzione: “Non vogliamo assumerci la responsabilità, aspettiamo che qualcuno dica no al posto nostro”. È la variante colta della melina: evocare l’”ufficio legale” conferisce autorità, ma in realtà serve solo a prendere tempo o a scoraggiare il cliente. Peccato che, nel frattempo, il diritto sia già in vigore e che nessun parere possa annullare una legge. Se la banca ha dubbi, deve comunque aprire il conto salvo casi gravi (riciclaggio o terrorismo). Non è una questione interpretativa, ma un obbligo.
Quelle elencate finora sono solo alcune delle fantasie che i bancari tireranno fuori nei prossimi mesi, con l’unico scopo di guadagnare tempo, scoraggiare il cliente e aggirare l’obbligo imposto dalla legge. Cambieranno le parole, i pretesti, i tecnicismi, ma il meccanismo sarà sempre lo stesso: dilazione infinita e confusione calcolata, per provare a far passare il messaggio che il diritto non sia ancora esigibile. Una strategia sottile e sistematica, costruita per stancare il cittadino, farlo desistere e riportarlo nell’angolo
Bisogna innanzitutto richiedere l’apertura del conto per iscritto, tramite PEC o raccomandata. La banca è tenuta a fornire una risposta scritta entro dieci giorni, come stabilito dalla nuova norma. Nel caso in cui dovesse arrivare un rifiuto, è fondamentale pretendere che venga chiaramente indicato il motivo, che può essere soltanto uno dei due previsti dalla legge: un sospetto fondato di riciclaggio oppure un sospetto fondato di finanziamento al terrorismo. Qualora l’istituto continui a opporre resistenza o si trinceri dietro motivazioni vaghe o generiche, sarà opportuno procedere con una segnalazione formale alla Banca d’Italia e, se necessario, attivare un ricorso presso l’ABF, l’Arbitro Bancario Finanziario.
Questa legge rappresenta una conquista di civiltà, e proprio per questo farà gola alle reticenze di sempre. Ma stavolta è diversa: non basta una supercazzola di sportello per negare un diritto. E a chi ci prova, conviene ricordarlo con chiarezza, determinazione… e magari anche con un sorriso amaro.
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