Cosenza retrocesso matematicamente in C, il calcio è finito?
- Postato il 5 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Cosenza retrocesso matematicamente in C, il calcio è finito?
Cosenza retrocesso in serie c aritmeticamente: profonda amarezza tra gli appassionati Un crollo annunciato e poca chiarezza, quale futuro per il club? E chi lo guiderà?
IERI sera circolava tanta tanta amarezza dopo la sconfitta a Bolzano con il Sudtirol che ha certificato la matematica retrocessione in serie C del Cosenza. Ma aleggiava anche una domanda inquietante, assolutamente più inquietante: il calcio professionistico nella terza serie sarà ancora possibile a Cosenza? Cioè, tanto per essere chiari: il prossimo anno si riprenderà dalla C? E con chi? La squadra si iscriverà al campionato? Con quale assetto proprietario? Con quale società? Con quale squadra? Con quale allenatore? Direttore sportivo? Giocatori?
La retrocessione dalla B – parliamoci chiaro – era un dato scontato da settimane e la vittoria col Bari era stata solo una fiammella fioca che si è spenta subito ieri pomeriggio.
Un’annata disgraziata, iniziata male con i 4 punti di penalizzazione, poi benino sul campo ma poi andata avanti nel peggiore dei modi, con una squadra obiettivamente non all’altezza del torneo cadetto (i cambi di allenatori e il crollo nel derby a Catanzaro sono stati i momenti più eclatanti) ma soprattutto una critica feroce della gestione societaria da parte di stampa, appassionati e politici di ogni colore, a cominciare dal sindaco Caruso. Poi il crollo nello spettrale stadio di Cosenza-Bari, con tutti i tifosi fuori dal Marulla e gli spalti deserti in tutte e due le curve.
Roba mai vista in una città che ha fatto della passione per i lupi un segno distintivo. Ma quest’anno nei ritrovi dei tifosi e nei salotti cittadini si è solo praticamente discusso se Guarascio vendeva o meno la società, con trattative avvolte nella nebbia, voci e spifferi giorno dopo giorno e la tifoseria inferocita contro il presidente e i suoi dirigenti. Francamente non poteva che finire così.
Gli anni della B, conquistata con fatica dopo decenni di peregrinazioni nei vari campionati inferiori, sono stati anni difficili, per usare un eufemismo e diciamola tutta la verità. Anni in cui si è quasi sempre rischiato il tracollo, con salvezze all’ultimo istante (anche fuori e lontano dal campo) e tante sofferenze. Troppe, per le ambizioni di una tifoseria di una città che sognava la serie A, unica tra le grandi realtà calabresi a non averla giocata e che invece si è dovuta accontentare e gioire – tanto per dirne una – del gol di Meroni a Brescia all’ultimo secondo che salvava una stagione intera.
Quest’anno il fondo del barile si è intuito subito ma quello che più oggi preoccupa è il distacco che si è creato con la città, il solco profondo, non tanto e non solo con i tifosi che hanno seguito in maniera commovente la squadra in ogni trasferta (ieri pomeriggio nella lontanissima Bolzano, quasi in Austria, un altro spicchio di curva colmo dei colori rossoblù) ma anche con quella che si chiama la tifoseria media, la pancia a volte silenziosa che riempie le tribune e non solo le curve, che magari non va in trasferta ma che segue giorno dopo giorno le sorti della propria squadra. A Cosenza accadeva, ma quest’anno è via via crollato tutto, come se città e squadra fossero due mondi diversi e persino divisi, lontani.
È questo forse il dato più preoccupante per il futuro. Che una squadra di una piccola-media città possa infatti retrocedere non è il punto: grandi squadre di grandi città del nord e del sud dell’Italia hanno conosciuto questi passaggi. Alcune anche nello stesso campionato di B di quest’anno – e che hanno persino vinto lo Scudetto in anni passati, come la Sampdoria – lottano per evitare la C.
Non è dunque questo lo sconcerto, la rabbia persino, che anima la tifoseria e tutta la città di Cosenza: è il modo praticamente annunciato con cui è arrivato il crollo, la distanza che si è creata, la mancanza di dialogo, la mancata chiarezza nelle scelte.
Gli anni della D e della C, i campi impolverati della Sicilia, della Puglia, della Campania chi se li scorda? E chi se li scorda gli anni meravigliosi della B in cui si è davvero sfiorata la serie A? I tifosi di tutte le età e le classi sociali che il sabato sera andavano sotto l’albergo del ritiro della squadra per incitarla? E il palo di Lombardo al Marulla (allora si chiamava solo San Vito)? E il gol di Gigi a Pescara? E lo stadio pieno che ribolliva di amori e di umori nelle partite che contavano per la salvezza in questi anni più recenti? E Bergamini e Catena? E Padre Fedele? E Uccello? E potremmo scrivere un altro libro!
Si può cancellare così una storia? Si può cancellare così una lunga storia d’amore che è poi anche un pezzo di storia di una città? Qualcuno, per cortesia, da oggi, anzi da ieri sera, pensi al futuro.
Il Quotidiano del Sud.
Cosenza retrocesso matematicamente in C, il calcio è finito?