Da 34 a 60 siamo nell'”età adulta”, dai 60 ai 70 nella “maturità tardiva” e dopo i 78 nella “vecchiaia”: lo studio che parla di vecchiaia ‘a fasi’. Ecco cosa accade

  • Postato il 12 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Una sera fuori con gli amici che la mattina si è l’impressione di essere tenuti in ostaggio da una tenaglia meccanica capace di schiacciare la testa e lo stomaco? Un’arrampicata domestica su una scala per recuperare qualcosa che sta in uno scaffale in alto e la discesa diventa rocambolesca e pericolosa manco fosse l’Everest, con successivi dolori? Segnali, in questo caso banali, che la vecchiaia sta avanzando. Ma come si invecchia? Il tema torna sempre, e i giornali tirano fuori studi sulla materia: secondo Tony Wyss-Coray e la sua ricerca condotta alla Stanford University e pubblicata su Nature Medicine, le proteine sono un indicatore affidabile per capire in che momenti invecchiamo e come. L’analisi è stata condotta sul plasma di 4.263 donatori di età compresa tra 18 e 95 anni: state identificate 1.379 con variabilità in base all’età e attraverso 373 di queste proteine si può individuare l’età. Cosa si è capito? Che esistono tre fasi e che i primi segni di deterioramento fisico arrivano, attenzione, a 34 anni. Siete svenuti per lo choc? Niente paura, perché, sempre secondo Tony Wyss-Coray, questa prima fase va dai 34 ai 60 anni e si chiama età adulta, poi ce n’è una seconda che va dai 60 ai 78 e si parla di maturità tardiva e infine la vecchiaia, oltre i 78. Non male no? “Maturi” fino a 78 anni. E ci sono delle caratteristiche ricorrenti e abbastanza note: il metabolismo rallenta struttura ossea si indebolisce; la struttura ossea si indebolisce; a poco a poco, ricordare più complicato; i modelli del sonno vengono modificati: la vista e l’udito diminuiscono; inizia la perdita di massa muscolare; sulla pelle compaiono le prime macchie e rughe; la mobilità diventa più lenta.

Ma questa non è l’unica teoria su come si invecchia, anzi, ne esistono diverse. Secondo Steve Norvath c’è una curva ripida dell’invecchiamento dall’infanzia e fino alla pubertà, poi il ritmo diventa lineare, a partire dai 20 anni. Quello che preme, tenendo conto dei risultati dei tanti studi che però, spiega il professor Luigi Ferrucci (direttore scientifico del National Institute on Aging) al New York Times, “sfiorano solo la superficie”, è capire come i cambiamenti molecolari siano legati all’invecchiamento in modo da aiutare a vivere più a lungo e meglio: “Invece di iniziare il declino a 70 anni, potremmo spostarlo a 75, guadagnando cinque anni di vita in buona salute”.

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