Dal boom della spesa italiana alla corsa dei Baltici, dal costo per i cittadini al ruolo Usa: dati e contraddizioni del grande riarmo | le infografiche
- Postato il 30 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Prima la guerra in Ucraina nel 2022, poi il secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca iniziato nel 2024: sono questi i due elementi chiave che porteranno per la prima volta tutti i paesi Nato a superare la soglia del 2% del Pil per la spesa militare nel 2025. I dati, pubblicati senza alcun commento dalla stessa Alleanza, restituiscono con molta chiarezza la direzione politica presa dai Paesi del Trattato atlantico, spinti in parte dal conflitto (come i paesi Baltici e la Polonia) e in parte dalle minacce Usa di disimpegno militare. La spesa per la Difesa nell’anno in corso arriverà quindi a 1.587 miliardi di dollari, con un balzo di 130 miliardi in un solo anno. Numeri a cui vanno aggiunti i dati della Germania che, sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz ha promesso un gigantesco piano di riarmo: decine di miliardi di investimenti, nuovi stabilimenti per equipaggiamento e munizioni, 80mila soldati in più. I dati di Berlino, tuttavia, non sono ricompresi nelle statistiche Nato, chiuse il 3 giugno e pubblicate il 28 agosto.
Lo sono invece quelli italiani: dopo anni di sostanziale stallo, Roma dovrebbe chiudere il 2025 con spese per la Difesa pari a 48,8 miliardi di dollari contro i 35,3 del 2024. Non è chiaro però – e il dato Nato non aiuta a sciogliere il dubbio – se questo balzo sia frutto di un “bluff” contabile figlio di un diverso modo di ripartire spese già previste e persino una parte della spesa per il Ponte sullo Stretto o effettivo incremento della spesa. I dati ufficiali dicono solo che l’Italia spende per il proprio personale quasi il 43% del bilancio complessivo destinato alla difesa, una cifra comunque decisamente più alta di molti degli altri paesi Nato.
Del resto, per quanto la cifra in sé sia enorme – soprattutto se comparata alle proporzioni dell’economia italiana e delle manovre di bilancio dei governi – l’Italia non è certamente il primo Paese né per spesa assoluta, né per aumento percentuale: +97,37% dal 2014. Anzi, si trova abbastanza in basso nella classifica chiusa da Usa, Francia e Regno Unito che in un decennio hanno aumentato la loro spesa militare rispettivamente solo del 13%, 27% e 29%. All’estremo opposto, come è facile vedere dal grafico successivo (le cui colonne sono ordinabili in modo ascendente e discendente) ci sono invece i paesi baltici e il Nord-est dell’Europa il cui riarmo, ben prima della politica americana, deriva dalla percezione della minaccia russa alle porte. Non è un caso quindi che i primi per variazione di spesa e proporzione in rapporto al Pil, guardando ai dati di un decennio fa, siano oggi Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia e Norvegia. Tutti e cinque hanno già ampiamente superato il 3% del Pil in spesa militare. E i primi tre hanno già oltrepassato il 3,5%, step intermedio nella ascesa al 5 per cento varata dal nuovo segretario Mark Rutte e salutata dal plauso di Trump.
Gli Stati Uniti, per parte loro, sono praticamente l’unico paese in controtendenza: la spesa in rapporto al Pil è calata dal 3,71% del 2014 al 3,22% del 2025 e, pur costantemente in vetta con un mega bilancio da 980 miliardi di dollari destinato alla Difesa, vivono ora un sostanziale stallo dopo il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. Di contro, alla ascesa del tycoon corrisponde l’impennata delle spese di chi si era mostrato fin qui cauto verso le politiche di riarmo. L’Italia, come detto, ma anche Belgio, Portogallo e Spagna. Il risultato complessivo è che la spesa dell’intera Nato (esclusi gli Stati Uniti) è passata in tre anni dall’1,6% del Pil del 2022 al 2,27% atteso alla fine di quest’anno.
Come questo si traduca sulla vita di tutti i giorni dei cittadini europei e sulla capacità di spesa dei loro governi in politiche sociali è visibile a occhio guardando il grafico successivo. Fatti costanti i prezzi del 2021, in Italia la spesa militare pro capite è passata dai 392,7 dollari del 2014 ai 793,3 di quest’anno. Il nostro Paese è in buona compagnia: quasi tutti i governi hanno più che raddoppiato l’esborso, con baltici e nordici, neanche a dirlo, a guidare. Complessivamente, la Difesa dei 32 Paesi Nato costava mediamente 1.118 dollari a cittadino nel 2014. Ne costerà 1423 e rotti alla fine del 2025.
Alla spesa non corrisponde tuttavia un incremento evidente del personale militare sul campo. Al contrario. Fatta eccezione per i soliti baltici e per il loro riarmo repentino, i paesi dell’Europa centrale e mediterranea hanno gli stessi eserciti di dieci anni fa. Quello italiano, così come quello francese, spagnolo e britannico – cioè il grosso della Difesa europea – sono calati per numero di effettivi.
Fa eccezione la Germania, cresciuta di poco. Per mantenere costante il numero complessivo bisogna spostarsi ad Ankara: quello turco è il secondo esercito per numeri assoluti dell’Alleanza ed è cresciuto in un decennio di 60mila unità fino a 481mila militari. Ma chi ha fatto un balzo ancora maggiore è la Polonia. I militari sotto il comando di Varsavia sono più che raddoppiati: da 99mila a 216mila. Complessivamente, quindi, l’Alleanza atlantica poteva contare su 3,4 milioni di soldati alla fine del 2024. Di questi, 1,3 sono americani, di gran lunga il maggiore contingente. Poi come detto ci sono Turchia e Polonia. Un domani, stando agli annunci, Berlino dovrebbe superare quota 200mila militari e arrivare almeno a 260mila.
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